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“Tutto influisce e niente può interferire” – Luca Pancrazzi alla Rizzuto Gallery, Palermo

Gli attimi impressi da Pancrazzi nelle sue opere sono come sospesi, infinitesimali stralci di ricordi, la cui presenza è necessaria nonostante si perdano nel moto perpetuo del tempo, che scorre inevitabilmente
Luca Pancrazzi, 150923042024, inchiostro e acrilico su carta, 25,5x20cm, 2024

Testo di Chiara Bucolo

Il moto browniano, chiamato così perchè scoperto agli inizi dell’800 dal botanico Robert Brown, indica il moto disordinato di particelle abbastanza piccole da produrre un movimento continuo e in direzioni ogni volta casuali: piccole come i fori nei dipinti dell’artista Luca Pancrazzi, di cui l’11 Maggio Rizzuto Gallery ha inaugurato la personale “Meditabondi, barcamenanti, fuori registro e buchi bianchi”, in mostra fino al 22 Giugno in via Maletto 5, Palermo.
Nei dipinti dell’artista appare emblematico il suo modo di vivere l’ambiente e di veicolarlo – si incontrano strade periferiche, tunnel autostradali, auto in fila nel traffico, scorci di alberi. Spaccati di città anonimi ed eloquenti insieme, spesso forati e maltrattati con precisione chirurgica, che sembrano integrare quei danneggiamenti in maniera armonica, quasi asettica: conseguenza di una ricerca sulla materia che la appiattisce fino a farla deflagrare tramite i fori della tela, a renderli come degli atomi o come i cerchi di un puntatore laser, sparati in ogni direzione dallo sguardo dello spettatore.
Lo sguardo che “buca” le opere è anche lo sguardo degli esseri umani sul mondo, che come il moto browniano si muovono frenetici e in direzioni sempre diverse attraverso le insidie della vita quotidiana, ripetendo le loro azioni di continuo – “la ruota gira e lo step successivo è uguale al precedente, ma spostato di qualche attimo”: se è possibile qualche slittamento dello spazio in una direzione, la pratica, ripetendo tale attimo, pur evolvendosi si afferma sempre uguale a se stessa, come dichiara l’artista. Gli attimi impressi da Pancrazzi nelle sue opere sono come sospesi, infinitesimali stralci di ricordi, la cui presenza è necessaria nonostante si perdano nel moto perpetuo del tempo, che scorre inevitabilmente: pur non interferendo direttamente, è in essi che l’abitare umano si densifica e si esprime, senza per forza mostrarlo concretamente in maniera manifesta, costringendo lo spettatore a ribellarsi allo sguardo come unica guida e a spostare il focus sul proprio modo di percepire, che inconsapevolmente modifica ciò che sta osservando.

Nella sublimazione attuata dall’artista viene decostruito il rapporto tra uomo e ambiente, uomo e natura: così la fabbrica, l’autostrada o gli scorci di un parco diventano il fulcro della simbiosi tra questi due elementi, così la presenza umana diventa viva e pulsante nei paesaggi di Pancrazzi, quasi un “filtro materico che fora il quadro”, pur non essendo mai presente direttamente nei campionamenti prelevati dall’artista nello spazio urbano e naturale. 

Luca Pancrazzi, 171527042024, acrilico su fotocopia, 20×25,5cm, 2024

Nella sublimazione attuata dall’artista viene decostruito il rapporto tra uomo e ambiente, uomo e natura: così la fabbrica, l’autostrada o gli scorci di un parco diventano il fulcro della simbiosi tra questi due elementi, così la presenza umana diventa viva e pulsante nei paesaggi di Pancrazzi, quasi un “filtro materico che fora il quadro”, pur non essendo mai presente direttamente nei campionamenti prelevati dall’artista nello spazio urbano e naturale. 
Spazi spesso desolati, caratterizzati da questa presenza-assenza impalpabile ma costante, quasi in un sussurro, espressa da colori in acrilico tenui e spesso ovattati, come il velo rosso che copre la scena in 185722042024 o la “nebbia” bianca di Fuori Registro – Sottobosco.
In maniera sottile, la materia diviene cangiante e sfuggente, mentre il tempo si ripete. Nella ripetizione è insito il fulcro della pratica e della ricerca dell’artista, e diviene lecito porsi le domande che si pone Carrera in Filosofia del Minimalismo: “Che cosa si ripete nella ripetizione? Perchè la ripetizione genera piacere? C’è novità nella ripetizione? Che vi sia un nesso strutturale tra musica e ripetizione, non v’è dubbio. Non c’è mai stata musica estranea alla ripetizione: l’evoluzione della musica è anche evoluzione delle forme della ripetizione” – e come nella musica minimalista, in cui l’erosione del materiale musicale mira a far emergere l’essenza del suo linguaggio, negli atti ripetuti costantemente nelle opere di Pancrazzi entra in gioco la dicotomia costruzione/distruzione, ricordandoci che Disciplina e ritmo non sempre fanno una danza, verso che dà il titolo a una delle serie in mostra: un atto reiterato uguale al precedente è pur sempre un atto nuovo, che modifica la materia pur ripetendosi apparentemente uguale a se stesso, ed è modificato e varia in base alla sua collocazione temporale. “Gli obiettivi simultanei e la costituzione del quadro sono il risultato di più incidenti di percorso calcolati e non” – l’errore diviene quindi atto creativo, generatore di un caos programmato, ordinato e insieme cangiante nel suo incedere, fermarsi, riprendere: ci costringe a uno sforzo visivo, a mettere in discussione l’oggettività di ciò che stiamo osservando. 
Rievocando Sol LeWitt, uno dei suoi maestri, Pancrazzi sfida e ribalta le regole tradizionali della prassi artistica, giungendo alla rivelazione che niente è unico e niente è irripetibile – la ripetizione esprime in tal modo il peculiare rapporto dell’artista con il tempo, che in un’intervista per Artex sostiene: “Il tempo è talmente fisico e presente tanto da proiettare ombre, mentre lo spazio si fa impalpabile”, concetto che qui trova corpo ad esempio nel Trittico della Luce e dell’ombra.
Quasi come dei fermo immagine di una vecchia pellicola rovinata di un film underground, le scene scorrono senza un filo conduttore, tra fabbricati industriali e ampi ambienti ridotti all’osso, rivelando scenari spesso macchiati, erosi, in cui ci si disperde e in cui inevitabilmente, muovendoci meditabondi e barcamenanti, ci si ritrova.

Luca Pancrazzi, Fuori Registro (Dittico), acrilico su due tele, 110x150cm, 2024
Luca Pancrazzi, Disciplina e ritmo non sempre fanno una danza, Inchiostro su carta, 30x21cm, 2024