In occasione della 55a Biennale Internazionale d’Arti Visive di Venezia, Associazione E, AmC Collezione Coppola e Nuova Icona sono lieti di presentare The Unconnected – III Padiglione Internet, un progetto di Miltos Manetas a cura di Francesco Urbano Ragazzi.
Dopo aver navigato assieme a ThePirateBay.org nel 2009 e aver conquistato l’isola di S. Servolo in una sera del 2011, per la sua terza edizione il Padiglione Internet trova sede nell’antico Oratorio di San Ludovico, una chiesa ancora consacrata del XVI secolo.
Sulle nude pareti della piccola cappella, Miltos Manetas interviene realizzando un ciclo di oli su tela ispirato alla pittura devozionale del Rinascimento veneziano. Tuttavia, se Vittore Carpaccio – ad esempio – glorifcava nella Scuola di San Giorgio le gesta del santo cavaliere che uccise il drago, l’artista greco sceglie tutt’altro genere di patroni per la sua chiesa. Santi protettori del Padiglione Internet sono infatti gli Unconnected: quelle persone cioè che vivono ancora senza alcun account email o di social network, miracolosamente immuni dalla dipendenza dalla rete.
Alcune domande ai curatori Francesco Urbano Ragazzi e a Miltos Manetas F&f&MM
ATP: Il Padiglione Internet è alla sua terza edizione. Quali sono le novità e le differenze rispetto alle edizioni precedenti?
FUR: Abbiamo passato le colonne d’Ercole della connettività e siamo finiti offline: questa sembra essere la prima novità del Padiglione Internet 2013. Assieme a Miltos siamo andati alla ricerca degli Unconnected, quelle persone che ancora oggi non usano email o social network, che sono diffidenti, disinteressate o ignare di quello che succede sul web. Volevamo capire se esiste un internet analogico oltre l’internet digitale che tutti noi conosciamo. Oppure se noi connessi e gli Unconnected siamo come l’homo sapiens e l’homo di neanderthal che per un certo periodo di tempo hanno convissuto nel mondo, ma poi sono diventati l’uno l’antenato dell’altro. Se finora il Padiglione Internet è stato un grande rito collettivo, con l’invasione di PirateBay.org nel 2009 e i proiettori del BYOB nel 2011, questa volta la mostra avrà il tono di una preghiera solitaria. Ci troviamo nella chiesa di S. Ludovico a Dorsoduro e, al di là di ogni contemporaneità, l’artista deve confrontarsi coi Carpaccio, i Tintoretto, i Palma, i Tiziano. Non sappiamo ancora se la saga continuerà, ma siamo di certo alla fine di una trilogia: era necessaria una resa dei conti tra Miltos e il proprio medium.
ATP: Quale significato avete dato agli ‘Unconnected? Ha senso riflettere sugli ‘sconnessi’?
MM: Oggi quella del Collegamento è la religione più dinamica che esiste sulla terra: ne fanno parte gli uomini e le donne più potenti di ogni religione, movimento politico e ideologia. Constatare l’esistenza degli Unconnected (che non sono gli sconnessi loro sarebbero i “disconnected” ma i non-connessi, i non-collegati), ci aiuta a capire questa realtà di cui siamo parte. In che modo esattamente ancora non lo sappiamo ed e’ per questo che l’operazione si evolverà anche dopo la tappa di Venezia. In realtà l’opera fa pur sempre parte della serie PadiglioneInternet- gli Unconnected sono ancora una volta un modo per parlare di tutti noi collegati… Nella stessa maniera in cui l’Iliade non sarebbe l’Iliade senza la presenza degli Dei, in Internet non ci sarebbe poesia senza considerare gli individui che si sono tenuti fuori dalla rete. In altre occasioni ho dichiarato che fuori da Internet non c’e gloria (Outside of the Internet there is No Glory), però se qualcuno decide di rimanerne completamente “fuori”, svolgendo una vita senza email e senza alcun alter-ego mediatico, ottiene in cambio molta meta-metafisica. In un era in cui avere almeno una controfigura digitale e’ obligatorio (ci sono poi i professionisti mediatici che ne hanno anche dieci, di alter-ego), non avere che un’unica vita, limitata alla vecchia “real life”, ha qualcosa di assolutamente eroico.
ATP: Nei due mesi precedenti all’apertura della Biennale, è stata lanciata anche una campagna di reclutamento su Facebook. Come avete sfruttato il social network?
FUR: Oggi le campagne di crowdfunding sono molto diffuse per finanziare progetti d’ogni tipo. Noi, invece di chiedere soldi via email e facebook, abbiamo semplicemente utilizzato lo stesso metodo per rintracciare nomi e cognomi di Unconnected ancora viventi. Più che stilare una lista esaustiva delle persone che non usano internet, ci interessava capire che rapporto hanno i connessi con il popolo dei 100% offline. Abbiamo scoperto che una persona digitalmente alfabetizzata tende a ignorare chi non frequenta la rete. Nel corso di questi due mesi abbiamo ricevuto moltissimi “mi dispiace, ma non conosco Unconnected: ormai anche i miei nonni hanno l’IPad”. Eppure noi connessi siamo una minoranza: siamo solo il 41% della popolazione mondiale! Chi rimane fuori dal web lo fa o perché versa in estrema povertà, o perché può permettersi il lusso di pagare degli assistenti. Ci sono poi gli ex-Internet Junkies: informatici o haker che, come degli ex-alcoolisti, hanno deciso di non toccare mai più una tastiera in vita loro. La vera rivelazione ce l’hai data tu però, Elena: com’è possibile che da due Still Unconnected nasca una blogger?
Elena: Me lo chiedo ogni giorno e non riesco a darmi una risposta. Una reazione? Un atto simbolico? La prossima volte che li vedo ne discuterò assieme a loro!
ATP: Quale nesso c’è tra il progetto di Miltos Manetas presso l’Oratorio di San Ludovico e il progetto Unconnected?
MM: Venezia e’ piena di chiese, ma ce n’è una speciale. Si tratta dell’Oratorio di San Ludovico che, pur rimanendo un luogo sacro (la chiesa è ancora consacrata e dentro l’altare è custodito un dito del santo), ha perso il suo status di chiesa attiva. Questo è accaduto anche perché quel San Ludovico è stato finora privo di un ruolo sociale: non e’ cioè protettore di nessuno ed e’ diventato, in qualche maniera, un santo disoccupato… Tutto questo cambierà dopo il nostro progetto. Siamo infatti in trattativa col Vaticano per fare sì che San Ludovico diventi il Santo delle Internets e il suo dito sia per sempre il simbolo religioso del digitale. Gli Unconnected che finora abbiamo trovato diventerebbero così un coro di santi. La gente che non usa il network potrebbe venire nella nostra chiesa e provare la sensazione del collegamento senza dover stare davanti a uno schermo: semplicemente osservando le mie grandi tele o toccando il touch-pad analogico sotto a cui si trova il dito del santo.
ATP: Mi raccontate in cosa consiste la performance che vedremo all’opening che coinvolge una danzatrice e un ingegnere informatico?
MM: L’ingegnere informatico ha inventato un software capace di leggere le nostre onde celebrali e che permette di usare il computer col pensiero. Lui verrà coinvolto verso la chiusura della Biennale. Durante le giornate di opening invece, il 29 Maggio è prevista la cantilena-performance di Marianna Biadene, che reciterà una lista di vocaboli di internet misti al sanscrito; il 30 Maggio assisteremo a una presenza-assenza di Enrico Ghezzi della durata di sette ore. A lui ho chiesto di reinterpretare la mia prima performance, Collegamenti, realizata nel 1992 durante la mostra Invito Italiano curata da Acchile Bonito Oliva a Termoli. In quell’occasione, avevo chiesto a Vanessa Beecroft -che avevo appena conosciuto e di cui non sapevo nulla- di raccontare al pubblico la sua storia personale senza però emettere alcun suono. Parlando al vuoto, Vanessa prima e ora Enrico realizzano quel collegamento “unconnected” che rende l’informazione un dato secondario, mettendo in primo piano il rapporto della persona con lo spazio. Quel vecchio lavoro raccoglie in nuce tutto il mio interesse per la rete: l’internet, il cyber-spazio non sono per me che un grande deserto. Se Internet fosse solo un nuovo medium tra gli altri, avrebbero ragione gli Unconnected a tenersene alla larga.