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La natura impazzita di Alessandro Roma

 Occhi chiusi fissi sul nascondiglio, 2011 – Olio, spray, grafite e collage su tela  Felce, 2012 – Painted terracotta  Salvia, 2012 -Terracotta dipinta, pianta Tutte le immagini Courtesy of the artist and Brand New Gallery, Milano  *** Caleidoscopica, intricata, caotica e ambigua: la natura filtrata dalla sensibilità di Alessandro Roma, la dice lunga su quanto […]

 Occhi chiusi fissi sul nascondiglio, 2011 – Olio, spray, grafite e collage su tela
 Felce, 2012 – Painted terracotta
 Salvia, 2012 -Terracotta dipinta, pianta
Tutte le immagini Courtesy of the artist and Brand New Gallery, Milano 
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Caleidoscopica, intricata, caotica e ambigua: la natura filtrata dalla sensibilità di Alessandro Roma, la dice lunga su quanto sappiamo esteticamente poco della natura. Erba e fogliame, umidità e terra arsa, germogli e torba, arbusti, fusti, qualche roccia, dei tronchi. I grandi quadri che ritmano la sua mostra alla galleria Brand New (Milano) – dove la qualità delle opere è forse stata penalizzata dalla quantità delle stesse – ci portano a scomprire i molteplici strati con cui la natura si rivela e ci rivela i sui affascinanti stilemi. Impossibile da rappresentare se non in forma metaforica – penso a  “La grande Zolla” di Dürer ma anche al breve racconto ‘Il prato infinito’, tratto da ‘Palomar’ di Italo Calvino – la natura che Alessandro tenta, dopo lunghe osservazioni, di restituire è complessa, poetica e difficilmente afferrabile.
Mischiando tecniche e umori, sommando strati su strati, carte, pennellate, fotocopie, immagini trovate e visioni ricordate, l’artista racconta giardini impossibili, piante inesistenti, vegetazioni impazzite. La sua è una natura/cultura che forse ‘pecca’ andando a braccetto con una ben altra e pericolosa immaginazione, quella virtuale dove non ci sono nè profumi, nè profondità, tanto meno riverberi imprevedibili di luce. Se Alessandro realizza queste scenografie senza soggetto umano,   lo fa anche grazie all’assuefatta immaginazione della rete. Noto, infatti (ma forse lo percepisco solo io), un’affascinante e strana freddezza in questa sua natura sincopata. Una sorta di traduzione dell’ ‘estetica web’ al mezzo pittorico. (Un’ipotesi sostenuta un paio di anni fa da Raffaele Gavarro nel testo per la mostra ‘Impresa Pittura’ al CIAC Genazzano).
Già il titolo della mostra ‘Il sole mi costringe ad abbandonare il giardino’, ci introduce al lavoro dell’artista con un taglio sinestetico. Inevitabile, almeno per me, utilizzare la mia esperienza botanica per inoltrami e cercare di capire le opere dell’artista. Non condiviendo appieno il ‘solido’ testo di Barry Schwabsky che accompagna il catalogo in mostra – ‘Il giardino politico’ – preferisco affidarmi al messaggio estetico (‘che concerne la sensazione’) che le opere di Roma mi trasmettono, più che andare a rovistare su un presunto messaggio politico che non trovo.
Le moltiplicazioni dei piani di fuga, il caotico stratificarsi di prospettive, la ‘confusione’ di tecniche e materiali differenti sono state dosate e calibrate da Alessandro per esprimere un particolare – e personalissimo – concetto di visione della natura.
Oltre alle opere pittoriche ed una serie di collage, completano la mostra alcune sculture in terracotta e dipinte con pigmenti naturali.  Somma di ruderi, escrescenze rocciose e piante stilizzate, di queste opere plastiche ho apprezzato soprattutto quelle che contengono-sostengono delle piante vere e proprie. 
 Senza titolo, 2011 –  Olio, spray, grafite e collage su tela
Bozzetto scultura (Verbena officinalis), 2012 –  Collage su carta in
cornice d’artista – Courtesy of the artist and Brand New Gallery, Milano
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