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Epimeleia – il sentimento olistico di cura di Elena Mazzi

Testo di Serena Correale — È un percorso fatto di sensazioni, di ascolto e di premura quello raccontato da Elena Mazzi (1984, Reggio Emilia) nella sua mostra personale da Artopia Gallery dove la comunità, il rispetto e la connessione con la natura sono le basi fondanti di un complesso di opere ben orchestrate tra loro. […]

Elena Mazzi, Epimeleia, Installation view at Artopia Gallery, ph Matteo Pasin, Courtesy Artopia Gallery and the artist

Testo di Serena Correale

È un percorso fatto di sensazioni, di ascolto e di premura quello raccontato da Elena Mazzi (1984, Reggio Emilia) nella sua mostra personale da Artopia Gallery dove la comunità, il rispetto e la connessione con la natura sono le basi fondanti di un complesso di opere ben orchestrate tra loro. La mostra di Mazzi dal titolo Epimeleia, termine greco che indica propriamente la cura del sé, accompagnata dal testo della curatrice Adriana Rispoli, sarà visitabile fino al 19 aprile presso la galleria milanese.
L’approccio olistico di Elena Mazzi connota l’esposizione nella sua totalità, sottolineando il rapporto tra individuo e comunità, dove entrambi lavorano in sinergia vivendo nel rispetto della natura.
Nelle sue opere Mazzi rivisita il patrimonio culturale e naturale dei luoghi, intrecciando storie, fatti e fantasie trasmesse dalle comunità locali al fine di suggerire possibili soluzioni al conflitto uomo–natura–cultura. La sua metodologia di lavoro, vicina all’antropologia, privilegia un rapporto volto a riparare le fratture della società partendo dall’osservazione e combinando saperi diversi. 

Le opere esposte sono tutte diverse tra loro: pittura, scultura, fotografia e video, ma non perdono mai il focus della ricerca artistica, concorrendo tutte al medesimo concetto dicura”.

All’ingresso della galleria ci accoglie Written and unwritten dance (2023) un’installazione site-specific di tre teli di stoffa che si srotolano lungo il pavimento della galleria. Qui entra in gioco una pittura simbolista dal richiamo rupestre dedicata alla Pizzica Serpentata Cegliese, una danza tradizionale pugliese che vede come protagonista il serpente. Osservando accuratamente tra i segni scorgiamo i principali simboli di questa danza tradizionale quali: il tamburello, il fazzoletto e la coreografia danzante che simula la sinuosità dell’animale; potremmo definire questo lavoro un output pittorico di un’opera performativa.

La sintonia tra individuo e paesaggio viene maggiormente esplorata nel video POÇ (2023), che in dialetto friulano significa “pozzo”. Una riflessione poetica che ruota attorno alla storia di questo piccolo paese che tratta con venerazione e rispetto la propria piscina naturale ricavata dalla roccia. Un progetto partecipativo che Mazzi realizza nelle montagne del Friuli con la comunità di Moggio Udinese.

Elena Mazzi, Epimeleia, Installation view at Artopia Gallery, ph Matteo Pasin, Courtesy Artopia Gallery and the artist

Il video è contraddistinto da un vero e proprio rituale scandito in “atti di cura” che la comunità attua nel rispetto di questo posto prezioso. Ne racconta la storia il sindaco del paese mostrando in camera dei cartelli che raccontano la storia e le origini del luogo. Significative le frasi dichiarate:

“In quest’acqua curativa abbiamo tutti imparato a nuotare, non avendo il mare”
e ancora “Se al POÇ tu verrai, di volergli bene ti ricorderai!”

Il gorgoglio dell’acqua, accompagnato dallo sfregamento delle spazzole, scandisce il tempo che scorre lentamente in questo luogo magico ed eterno. 
Ammirevole è l’attenzione volta alla pulizia della vasca, a mano a mano che si va avanti nel video si capisce come tutta la comunità sia visceralmente legata a questo luogo e quanto tutti contribuiscano per cercare di preservarlo lasciarlo alle generazioni future.
L’elemento dell’acqua svolge un ruolo fondamentale per l’artista, funzionando da trait d’union per tutto il percorso di visita, inteso come simbolo di cura, di guarigione e di purificazione.
Salendo al primo piano ecco che l’acqua ritorna nel fondale di una piscina immaginaria di moquette blu dell’opera Encounters (2021): una narrazione fotografica di un lavoro autobiografico frutto di una storia personale dell’artista. 
È il racconto di un suo pericoloso incidente causato da un tuffo in cui si è lesionata alcune vertebre da cui è iniziato per lei un percorso di riabilitazione in Islanda dove ha avuto modo di esplorare un ambiente naturale e incontaminato. In quei posti ha trovato molte vertebre di cetacei morti che sono diventate per lei fonte d’ispirazione per i suoi lavori. Per cercare di superare il trauma di questa sua condizione di malessere ha creato una serie di sculture Becoming with and unbecoming with (2020), ricavate dai calchi delle vertebre che ha raccolto, sacralizzandole e inglobandole all’interno di cilindretti in vetro di Murano, dando vita a sculture che sembrano solide e liquide allo stesso tempo. 
Alle pareti emergono le fotografie con piccoli appunti scritti a matita. Le foto sono dei frame ricavati dal video girato nel 2021 che vede come protagonista l’artista fare il bagno in una piscina all’aperto in Islanda portando con sé una vertebra di balena trovata nei pressi della struttura di ricovero.
La necessità personale di ritrovare una sintonia tra il corpo e il paesaggio si estende in tutti i lavori di Mazzi come progetto collettivo e sociologico, partendo dalle origini del mondo per trovare nuove modalità di relazionarsi con esso e vivendo sempre nel rispetto reciproco. 

Elena Mazzi, Epimeleia, Installation view at Artopia Gallery, ph Matteo Pasin, Courtesy Artopia Gallery and the artist