Aprire, liberare e creare un dialogo più stretto con l’esterno, con la città. 10 Corso Como, storico concept store milanese, lo scorso febbraio ha dato avvio ai lavori per una nuova veste e atmosfera del suo iconico edificio.
Ridisegnato dall’agenzia 2050+ – secondo la visione di Tiziana Fausti – il rinnovo di 10 Corso Como ha già rivelato l’essenza di ciò che sarà il nuovo spazio, libero dagli elementi non necessari accumulati nei decenni e vivificato grazie a nuove strutture architetturali, nuovi percorsi e materiali. Raccontato come un ‘teatro flessibile’, abile nel cambiare forma e atmosfere a seconda dei progetti ed eventi che ospita, il nuovo spazio sarà caratterizzato da un fluido e armonico percorso che ci consentirà di attraversare tutti i luoghi, dal negozio alla spazio espositivo e alla grande terrazza, che verrà organizzata come un vero e proprio giardino stagionale. Grandi tavoli-pantografo, pareti mobili portanti, percorsi ritmati verso ampi spazi o, meglio ancora, prospettive inedite per un luogo che, dalla sua originaria fondazione, ha ospitato tantissime mostre, progetti ed eventi.
Ora 10 Corso Como ‘torna’ ad essere luminoso ed accogliente, inedito sia negli allestimenti che nelle proposte espositive. Ed è proprio con due progetti illuminanti che inizia questo nuovo percorso culturale dal respiro internazionale che abbraccia arti visive, moda, design e un ricco panorama editoriale. I due appuntamenti che hanno inaugurato lo spazio sono: ‘Happy Birthday Louise Parker’, una mostra personale dell’artista americano Roe Ethridge (Miami, 1969), a cura di Alessandro Rabottini e ‘Pietro Consagra. Ornamenti’ a cura di Alessio de’Navasques, che ricostruisce uno speciale episodio all’interno della pratica scultorea di Pietro Consagra: la collezione di maschere per il viso e ornamenti per il corpo, realizzati nel 1969 in collaborazione con GEM GianCarlo Montebello, laboratorio per la produzione di gioielli d’artista.
Chi è Louise Parker?
In molti ce lo siamo chiesti, mentre osservavamo le bellissime fotografie dell’artista. Louise Parker è una modella americana con cui Ethridge ha collaborato in molti editoriali di moda, a partire dal 2010. Potremmo pensarla come la sua musa, una ragazza perfetta, sana, bellissima. Estrapolata dal fashion system, senza venire meno ai canoni di una surreale perfezione, Louise diventa per Ethridge una sorta di cartina di tornasole, con cui testare la rilevanza del reale, la sua imperfezione, gli imprevisti o gli accidenti. Eccola allora quasi nuda in una posa classica (Renoir?) oppure ripresa sghemba, gestante, con una florida pancia che esce da una maglietta tagliata all’addome. Splendida, senza trucco, Ethridge sembra volere scalfire una bellezza ideale, mettendola a confronto con un’oca, una macchina finita in fondo ad un fiume (evento più che reale, visto che la macchina è dello stesso artista), ma anche vicino a simpatici ritratti del figlio dell’artista (Auggie with Racoon Tall, 2015), davanti a un noto marchio di birra o vicino ad un close up di due dita che sorreggono una sigaretta accesa (Double Latex Glove and American Spirit, 2023).
La forza della visione delle bellissime immagini di Ethridge sta nella sua capacità di mettere in moto dei veri e propri marchingegni visivi: il falso si mischia con il vero – Seefood Towerat the Corner Bar for Gohar World, 2023 e Celine Bracelet for Gentlewoman, 2014 – gli affetti si intrecciano con la sua professione – come abbiamo visto nelle foto del figlio accanto a immagini di moda – ma anche paesaggi naturali a confronto con metropoli caotiche e impossibili come Tokyo 2 (2008). A rimarcare questa dualità affascinate e irrisolta, Light Fixture (2021), una pellicola di vinile che mostra l’immagine in scala 1:1 dei tipici faretti che troviamo nelle gallerie e musei.
Anche dove sperimenta su delle superfici quali l’ottone, Ethridge non si sottrae alla potenza della sua incredibile visione, cimentandosi con uno dei più classici e difficili memento mori, Skull on Brass (2017). Ma come leggere tutte queste immagini disparate, che sembrano non avere né capo né coda? Come disciplinare una selezione del reale immortalato nel più magistrale del modi?
La soluzione è proprio nel virtuosismo tecnico con cui si confronta con le immagini più disparate, ma non solo; all’eterogeneità dei soggetti, l’artista mischia anche sperimentazione tecnica come sovrapposizioni, inquadrature eccentriche, messa a fuoco esasperata. E’ evidente che Ethridge è cresciuto a pane e carta patinata, ma la sua bravura qual’è stata? E’ stata quella di applicare la visione, appunto patinata, ad ogni cosa che il suo sguardo toccava: fosse una semplice oca, un cesto di frutta, una cassa di bibite o il dettaglio della staccionata dei vicini.
Una delle mie passioni è sempre stata la fotografia di moda, posso dire, con un po’ di presunzione, che ne ho digerita tanta, pessima o eccellente: la forza delle carta patinata sta nell’essere sfogliata, in una rivista, dove la ‘coazione a ripetere’ funge da azione di convincimento; dove i tempi velocissimi di visione, lasciano tracce di un’atmosfera, forse anche gli abiti passano in secondo piano: emerge la visione del fotografo. Inutile citare maestri (recenti) come Steven Meisel o Peter Lindbergh.
Ma in cosa si differenzia la ricerca di Roe Ethridge? Anche lui come tanti artisti fotografi ha fatto spola tra arte e moda, ma il distacco da quest’ultima è avvenuto grazie alla sua capacità di instillare in ogni immagine – che dunque non necessita di sequenza (v. moda) – un alone potente, una profondità di spirito (concedetemi questa parola!) che rende ogni singolo scatto bellissimo.