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Che fine faranno i ritratti psicologici di Ron Mueck? | Triennale, Milano

Testo di Serena Correale — È mattina, Il parquet scricchiola, la luce del sole entra piano dalle grandi finestre illuminando una donna gigantesca. Lei, ancora nel letto, si è appena svegliata e sta per alzarsi, però qualcosa la turba, sta pensando alla sua vita.Ci accoglie così l’opera In Bed (2005), nell’intimità di una camera, dove […]

Ron Mueck, In Bed, 2005, mixed media, 162 x 650 x 395 cm, A/P, Collection of the Fondation Cartier pour l’art contemporain (acq. 2006), view of the exhibition Ron Mueck, Fondation Cartier pour l’art contemporain, Paris, 2005 ©Patrick Gries © Ron Mueck
Ron Mueck, Mass, Collection of the Fondation Cartier pour l’art contemporain – Triennale di Milano 2023 – Foto ATPdiary

Testo di Serena Correale

È mattina, Il parquet scricchiola, la luce del sole entra piano dalle grandi finestre illuminando una donna gigantesca. Lei, ancora nel letto, si è appena svegliata e sta per alzarsi, però qualcosa la turba, sta pensando alla sua vita.
Ci accoglie così l’opera In Bed (2005), nell’intimità di una camera, dove una donna di mezza età è stesa nel suo letto, con le ginocchia rannicchiate e una mano sulla faccia, come se fosse preoccupata per qualcosa, pensierosa. 
Potremmo stare ore a guardarla per cercare di capire cos’è che l’affligge, mentre invece lei, con i suoi occhi grandi e vitrei, guarda oltre intensamente. Osservandola noi indaghiamo noi stessi e viviamo con lei questo momento sospeso. La cura dei dettagli è impressionante: i capelli, le sopracciglia, la pelle, le mani, le rughe…tutto si incontra in una perfetta sinergia. La sua stazza, pur essendo di dimensioni colossali, non ci spaventa anzi ci intenerisce poiché la donna sta vivendo un momento di intimità e preoccupazione e noi con lei cerchiamo di capire quali siano i motivi del suo malessere.
Ron Mueck (1958), non manca di stupirci anche stavolta grazie al sorprendente realismo delle sue opere, che vanno da miniature a scale monumentali. “Anche se trascorro molto tempo a curare l’estetica delle mie opere, è la vita interiore quella che voglio catturare e rappresentare” queste le parole dell’artista in merito alla sua ricerca; ha sempre invitato a guardarci dentro osservando le sue opere. Le sculture mirano a stimolare l’introspezione: attraverso mezzi espressivi peculiari della sua pratica artistica Mueck traccia potenti ritratti psicologici. Le pose, l’espressione facciale, il crudo realismo insieme alle proporzioni delle opere, suscitano riflessioni sulla condizione umana.
Nato da genitori tedeschi a Melbourne, Australia, nel 1958, la sua carriera inizia nel mondo cinematografico e televisivo per passare alle belle arti, grazie a una collaborazione con Paola Rego della Hayward Gallery nel 1996. Un anno dopo, la scultura Dead Dad, una rappresentazione di circa 1 m del padre dell’artista, è diventa uno dei pezzi centrali della celebre mostra Sensation presso la Royal Academy of Art di Londra: l’iconica collettiva che incorona Mueck tra gli artisti più importanti della sua generazione. 

Sei è il numero delle opereesposte per la sua prima personale italiana in Triennale Milano: una mostra organizzata in collaborazione con la Fondation Cartier pour l’art contemporain –  visitabile fino al 10 marzo 2024 –  a cura di Hervé Chandès(direttore internazionale della fondazione parigina), Charlie Clarke (curatore associato ) e dalla curatrice e responsabile della mostra Chiara Agradi (Fondation Cartier).
Grandi erano le aspettative, rispettate a pieno dell’artista australiano che vive a lavora a Londra dall’86.
Molta l’attesa e la curiosità per questa esposizione, proseguo della sua ultima mostra inaugurata l’estate scorsa a Parigi, che ha riscosso un enorme successo. Variegato è il percorso, che passa da opere più datate a lavori più recenti, portandoci a fare delle considerazioni e dei confronti in merito alle tecniche utilizzate dall’artista come argilla e stampa 3D.

Ron Mueck, This Little Piggy, 2023 Mixed media Courtesy Thaddaeus Ropac Dimensioni variabili Photo © Marc Domage
Ron Mueck, Woman With Sticks, 2009-2010, 170 x 183 x 120 cm, mixed media, edition 1/1, Collection of the Fondation Cartier pour l’art contemporain (acq. 2013), View of the exhibition Ron Mueck, Fondation Cartier pour l’art contemporain, Paris, 2013 ©Patrick Gries © Ron Mueck

Proseguendo nella stanza successiva troviamo di fronte a noi un teschio smisurato poggiato in terra, come se volesse prepararci per quello che andremo a vedere. Si tratta dell’opera Mass (2017), una composizione di 100 teschi umani installata a cascata dalla parete destra della stanza, che scende invadendo il pavimento fino ad arrivare ai nostri piedi. La disposizione dell’opera, apparentemente casuale, segue una logica ben studiata per creare un colpo d’occhio scenografico, generando allo stesso tempo un percorso e una fruizione obbligatoria per lasciarci senza fiato.  I teschi hanno forme simili, ma non sono uguali. Quello che li accomuna è il colore bianco candido, marmoreo, che allontana la nostra mente per un attimo dalla visione cruenta e sanguinosa che abbiamo della morte. Non possiamo più specchiarci negli occhi di qualcuno e capirne i sentimenti, però anche qui ci viene posto nuovamente un invito a riflettere su una tematica che ad oggi sentiamo molto vicina, basti pensare ai numerosi conflitti storici, politici ed economici che stanno affliggendo il nostro pianeta.
“Il teschio umano è un oggetto complesso. Un’icona potente, grafica, che riconosciamo immediatamente. Allo stesso tempo familiare ed esotico, il teschio disgusta e affascina È impossibile da ignorare, richiede la nostra attenzione a un livello subconscio.” Afferma l’artista.
Commissionata dalla National Gallery of Victoria (Melbourne, Australia) quest’opera sancisce un nuovo modo di lavorare dell’artista che sta virando sempre più verso nuove forme e tecniche scultoree, come l’introduzione della stampa 3D.
Non focalizzandosi più sulla riproduzione meticolosa dei dettagli come la pelle, i capelli e vestiti, Mueck vuole aprirsi alla creazione di nuovi soggetti ed esplorare gruppi scultori più ampi, puntando maggiormente alla creazione di pose e movimenti dinamici.
Per riuscire a comprendere meglio le sue tecniche e la sua forte passione in ciò che fa basta entrare nella sala cinema allestita con la collaborazione dello studio formafantasma e perderci nelledue proiezioni: Ron Mueck at Work (2013) e Three Dogs, a Pig and a Crow (2023) due docufilm del fotografo e regista francese Gautier Deblonde, che è riuscito a catturare l’atmosfera dello studio dell’artista e il suo metodo di lavoro degli ultimi venticinque anni. 
L’attenzione maniacale dei dettagli e la loro trasformazione in opere, finite e non, si può osservare in This Little Piggy (2023): una scultura in argilla dalle dimensioni ridotte, ancora work in progress, visibile in mostra.
Ma non è questa l’opera protagonista dell’ultima sala. Chi invece ci attende in allerta è uno spettacolare e minaccioso gruppo di tre cani di quasi tre metri di altezza, neri come la pece e pronti ad attaccare.  Si tratta di En Garde (2023) l’ultima opera prodotta da Mueck, un lavoro carico di tensione. È come se da momento all’altro questi giganti possano correrci incontro per aggredirci.
L’inquietudine svanisce immediatamente quando, rivolgendo lo sguardo sulla parete, ci accorgiamo di BABY (2000) una scultura minuscola di un neonato, fragile e innocente, curata nei minimi dettagli. Il bambino è crocefisso alla parete e ha il naso arricciato come se non volesse vedere cosa realmente stia accadendo di fianco a lui.  Il dialogo tra le due opere vicine riassume perfettamente ciò che l’artista è in grado ogni volta di trasmetterci, una montagna russa di emozioni contrastanti.
Ma riusciremo ad emozionarci ancora con le opere di Ron Mueck?
Prediligendo tecniche di produzione più veloci, come la stampa 3D e andando oltre alla sua fase iperrealista, nasce la preoccupazione sulla mancanza del grado di artigianalità e di cura del dettaglio che ci permettono di creare una connessione empatica con le sue opere.  Seppur vero che cambiando la tecnica non è cambiata la sua indagine, non rischia così di tendere verso una realtà dove l’empatia tra l’opera e chi la guarda viene meno? 

Ron Mueck, This Little Piggy, 2023 Vedute dell’esposizione Ron Mueck alla Fondation Cartier pour l’art contemporain. Mixed media Courtesy Thaddaeus Ropac Dimensioni variabili Photo © Marc Domage
Still Life – Ron Mueck at Work. 2013. © Gautier Deblonde
Still Life – Ron Mueck at Work. 2013. © Gautier Deblonde
Still Life – Ron Mueck at Work. 2013. © Gautier Deblonde
Three Dogs, a Pig, and a Crow 2023 © Gautier Deblonde
Three Dogs, a Pig, and a Crow 2023 © Gautier Deblonde
Three Dogs, a Pig, and a Crow 2023 © Gautier Deblonde