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A Milano apre Diana, un nuovo spazio espositivo con la mostra di Sophie Jung – Intervista con la gallerista

Il primo dicembre Milano si arricchisce di uno nuovo spazio espositivo privato. Il nome, come ci racconta la gallerista Stefania Rosi nell’intervista che segue, è sicuramente promettente. Stiamo parlando di Diana, una galleria che ha trovato sede in Via San Calocero 25, aperto con l’obiettivo di promuovere e supportare il lavoro di giovani artisti italiani […]

Sophie Jung Come Fresh Hell or Fresh High Water, 2018 installation view at Blain Southern, London, Photo Credit Peter Mallet, Courtesy Blain Southern

Il primo dicembre Milano si arricchisce di uno nuovo spazio espositivo privato. Il nome, come ci racconta la gallerista Stefania Rosi nell’intervista che segue, è sicuramente promettente. Stiamo parlando di Diana, una galleria che ha trovato sede in Via San Calocero 25, aperto con l’obiettivo di promuovere e supportare il lavoro di giovani artisti italiani e internazionali. 
La mostra inaugurale ospita la mostra personale Reifiction di Sophie Jung (1982). La ricerca dell’artista abbraccia molteplici discipline e altrettanti compositi linguaggi che vanno dalla fotografia, alla performance alle istallazioni.
“La sua pratica, che ricorda l’Arte Povera o le sperimentazioni surrealiste, mette in scena assemblaggi classici, divertenti e spesso inquietanti di oggetti recuperati – rimanenze di negozi, rifiuti raccolti in strada, resti di magazzini, cantieri, mercati e negozi online. Objets trouvés dei più disparaticon storie, tempi, consistenze e densità differenti, che l’artista compone con cura in una sintassi multidimensionale. I suoi assemblaggi sono innanzitutto insiemi formali di “cose” o più precisamente delle loro storie, delle appartenenze culturali e socioeconomiche, del loro presunto uso o dei valori rappresentativi che interpretano, e, in senso più visivo, delle loro qualità estetiche; la provenienza di questi oggetti è completamente eterogenea e solo qui trovano un’unione formale. Il lavoro di Jung si confronta con quella che lei stessa definisce “solidarietà materiale”, un’unità solidale della differenza materiale e materialista.” Da CS

Seguono alcune domande alla gallerista Stefania Rosi —

Elena Bordignon: – Ho sempre pensato che aprire una galleria, oggi, sia un gesto non dico eroico, ma sicuramente coraggioso per tanti motivi. Cosa ti ha spinto o motivato ad aprire un nuovo spazio a Milano?  Hai già lavorato nel mondo nell’arte?

Stefania Rosi: Aprire una galleria d’arte è stata per lungo tempo la mia aspirazione professionale, sin da prima di terminare gli studi. Per questo motivo ho lavorato per anni in alcuni spazi espositivi a Milano, fino al momento in cui ho maturato la decisione di portare avanti un progetto personale che potesse rispecchiare i miei interessi e le mie scelte rispetto alle proposte di artistə da promuovere. Fare questo passo è stato un gesto ben ponderato, soprattutto considerando quanto sia complesso l’inizio di una simile attività. Ma alla fine, come suggerisci tu, ho preso “coraggio” ed è nata Diana.

Sophie Jung Narghcis, 2020 mixed media sculpture, 100 x 100 x 100 cm Photo Credit Lynn Thysen, Courtesy Casino Luxembourg

EB: -La galleria ha un nome proprio femminile. C’è un motivo particolare per cui hai deciso di chiamala Diana?

SR: Ho chiamato la galleria Diana ispirandomi al libro di Pierre Klossowski “Il bagno di Diana”. Mi intrigava molto l’idea di utilizzare come criterio di scelta del nome, quello di ricollegarmi ad un’opera letteraria; Klossowski ha spesso analizzato sia in arte che in letteratura il mito di Diana e Atteone, riportandone l’iconografia in scultura ed opere su carta, mentre il libro è sostanzialmente, a mio avviso, un bellissimo e continuo succedersi di simbologie. Nella mitologia inoltre la dea della caccia è descritta anche come protettrice delle donne, alle quali si narra garantisse un parto non doloroso. Ho trovato questo dettaglio, tra gli altri, davvero incantevole. Diana appare sostanzialmente come una delle prime rappresentazioni di femminilità intraprendente, forte e allo stesso tempo rassicurante.

EB: La galleria si trova in una zona centrale di Milano, tra corso Genova e Sant’Ambrogio. Perchè hai scelto questa zona? Mi racconti come sarà lo spazio di Diana?

SR: Ho deciso di aprire una galleria d’arte in Porta Genova proprio in quanto quartiere inusuale per questa tipologia di attività. La mia scelta si è basata di proposito sull’allontanamento dal “distretto” nel quale si trovano le altre gallerie, appunto perché mi interessava il concetto di strutturare una realtà specifica in una zona della città nella quale non ci si aspetterebbe di trovarla. Il quartiere è vivace, molto centrale, e lo spazio espositivo si presenta come una vetrina su strada, mentre all’interno si sviluppa uno spazio intimo e di dimensioni raccolte.

EB: Che programma intendi seguire?

SR: Il programma espositivo prevede grande sperimentazione e continua ricerca, tramite un’ampia proposta di media, alternando mostre personali a collettive curate e progetti collaterali. Non è previsto un focus specifico e non esistono limiti di alcun genere rispetto al criterio di selezione di artistə. Un dettaglio importante, una peculiarità a cui tengo particolarmente, è che i testi di accompagnamento per ogni mostra ricopriranno una ruolo fondamentale.

EB: La Galleria inaugura con la personale di Sophie Jung. Mi racconti cosa esporrà l’artista per l’esordio della galleria?

SR: La mostra inaugurale di Sophie Jung presenterà una selezione di objets trouvés, sculture realizzate con oggetti di recupero, insieme a fotografie inedite. Il titolo “Reifiction” – reificazione – è particolarmente esplicativo in quanto riflette il rapporto tra idea e materia proprio dell’artista, ma si ricollega anche, implicitamente, al mito di Diana e Atteone, il quale, dopo aver spiato la dea mentre fa il bagno in una grotta, viene trasformato in cervo e quindi letteralmente “oggettificato”. Questa prima mostra assumerà la duplice funzione di inaugurare il programma espositivo ma anche di svelare e raccontare l’identità della galleria.