Sono due artiste, diverse per generazione e ricerca, le protagoniste rispettivamente di una grande mostra e un premio che avrà come esito una mostra nel 2024. Il Museo Nivola di Orani (Nuoro), ospita fino al 5 febbraio 2024 la prima retrospettiva dedicata a Bona de Mandiargues (Roma1926-Parigi 2000), dal titolo Rifare il Mondo, a cura di Giuliana Altea, Antonella Camarda, Luca Cheri e Caterina Ghisu. La mostra di Bona de Mandiargues raccoglie 71 opere realizzate tra il 1950 e il 1997 provenienti dal fondo degli eredi e da raccolte pubbliche e private.
Nella giornata dell’opening è stato assegnato il Premio Nivola 2023 a uno dei grandi nomi della scultura contemporanea internazionale: Nairy Baghramian (1971, Isfahan, Iran). L’artista realizzerà una mostra personale al Museo Nivola nel 2024.
In occasione di questi due appuntamenti, abbiamo posto alcune domande al team curatoriale —
Elena Bordignon: Scoperte, approfondimenti e chiarimenti sono, a mio parare, le azioni che più arricchiscono la fitta trama della storia dell’arte. Al Museo Nivola, con la mostra dedicata a Bona de Mandiargues, avete compiuto proprio questo: portare luce a quella che è stata una delle voci tra le più originali del secondo Surrealismo. Mi piacerebbe che mi raccontaste l’importanza di questa proposta al Museo Nivola.
Giuliana Altea: Avvicinarsi all’opera di Bona de Mandiargues è stata un’avventura emozionante: non capita spesso di imbattersi in un’artista di questo valore sfuggita per così lungo tempo all’attenzione della critica e degli studiosi. Quando, grazie alla figlia Sibylle, abbiamo potuto per la prima volta vedere le opere di Bona dal vero, ne siamo rimasti profondamente colpiti. La mostra nasce come un risarcimento per una figura nei cui confronti è stata operata una sorta di rimozione storica: dopo la sua morte, nel 2000, non le era mai stata dedicata una retrospettiva, e solo raramente e in posizione marginale le sue opere avevano figurato in mostre collettive. La rassegna di Orani ne presenta in sintesi l’intero percorso, con tutte le sue contraddizioni e tutta la sua straordinaria vitalità creativa. Di proposito evita di focalizzarsi sulla biografia, suggestiva ed emozionante, di Bona: abbiamo preferito che fossero le sue opere a parlare. La mostra non pretende di essere esaustiva, ma è un invito ad avvicinarsi al lavoro di un’artista affascinante, che dovrà essere ulteriormente approfondito ed esplorato, perché davvero ha molte cose da dirci.
EB: La mostra Rifare il Mondo di Bona de Mandiargues si presenta come l’occasione per colmare un prolungato periodo di silenzio attorno al lavoro dell’artista. Altea spiega che l’oblio che avvolge la pittura di Bona per il suo sottrarsi alle definizioni univoche. Vorrei che mi spiegaste in cosa consiste questa eterogeneità che contraddistingue la ricerca dell’artista.
Antonella Camarda: Bona è una di quelle artiste irrequiete la cui vicenda è un susseguirsi di sperimentazioni. Muove i primi passi all’ombra dello zio, Filippo de Pisis, ma subito se ne stacca per immergersi nell’immaginario onirico del Surrealismo, che abbandona poi per dedicarsi all’astrazione materica, un filone di ricerca che a metà degli anni Cinquanta non era in contrasto con la visione surrealista (come diceva uno degli scrittori del movimento, “sono delle macchie, ma delle macchie che fanno sognare”). Arriva quindi alla scoperta della tecnica che più la contraddistingue, l’assemblage di materiali tessili, ma non per questo abbandona la pittura, con tele che spaziano da fantasie grafiche di sapore psichedelico a un recupero in chiave personale della metafisica, a dipinti che risentono del clima neofigurativo degli anni Ottanta. Intanto il suo stile si fa sempre più espressionistico, le sue immagini più stravolte, violentemente deformate, irriconoscibili…
EB: Quale è il punto di forza della mostra ospitata al Museo Nivola? Quale fondamentale aspetto aggiunge alla riscoperta del lavoro di Bona?
Luca Cheri: Crediamo che sia proprio l’averne restituito la complessità, la personalità sfaccettata, l’instancabile itinerario di ricerca. Nasce come un atto di attivismo curatoriale, nel senso inteso da Maura Reilly, ma alla fine della giostra, è una mostra visivamente e concettualmente potente, che mette sotto gli occhi di tutti la qualità dell’arte di Bona.
EB: Questa mostra è ospitata nel Museo a Orani nello stesso periodo dell’assegnazione del Premio Nivola per la scultura 2023 all’artista iraniana Nairy Baghramian (1971). Mi raccontate le motivazioni di questa assegnazione e, se ci sono, un filo tematico o stilistico che lega la ricerca di Baghramian e Costantino Nivola?
Luca Cheri: Nairy Baghramian è una delle scultrici più interessanti della sua generazione, che tratta magistralmente tecniche, materiali e formati diversi. È un’artista la cui opera concilia evidenti qualità formali con la capacità di interrogarci e di farci riflettere trattando temi come la corporeità e il rapporto con lo spazio. È anche un’artista che pur praticando l’astrazione riesce a dare un senso politico al proprio lavoro. Sono tutti aspetti che, sebbene nel quadro di una ricerca profondamente diversa da quella di Nivola, sono in consonanza con lo spirito della sua arte.
EB: Nell’estate 2024 il Museo Nivola ospiterà la mostra personale di Nairy Baghramian, che proprio a fine agosto, primi di settembre, è stata impegnata nell’installazione di alcune sue grandi opere di fronte al MET – Metropolitan Museum of Art di New York. Potete già condividere con noi alcuni dettagli della mostra che ospiterete l’anno prossimo?
Giuliana Altea: In accordo con l’artista, preferiamo mantenere il riserbo su tutto il progetto. Sarà sorprendente, come tutte le mostre di Nairy Baghramian, la cui ricerca è in continua evoluzione. Possiamo però anticipare che sarà una mostra basata su processi collaborativi, e con un forte legame con il contesto locale, interpretato in una chiave personale e universale al tempo stesso.