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Strata: arte italiana dal 2000 | Intervista con Vincenzo de Bellis e Alessandro Rabottini

“Una struttura aperta e incompleta”, ma allo stesso tempo, frutto di rapporti stretti e personali. Più che un progetto editoriale dedicato all’arte contemporanea, Strata: arte italiana dal 2000 – Le parole degli artisti racconta – mediante lunghe conversazione – una grossa fetta di arte italiana. Vincenzo de Bellis e Alessandro Rabottini hanno incontrato 37 artisti […]

“Una struttura aperta e incompleta”, ma allo stesso tempo, frutto di rapporti stretti e personali. Più che un progetto editoriale dedicato all’arte contemporanea, Strata: arte italiana dal 2000 – Le parole degli artisti racconta – mediante lunghe conversazione – una grossa fetta di arte italiana. Vincenzo de Bellis e Alessandro Rabottini hanno incontrato 37 artisti , il cui lavoro ha dato un contributo significativo alla scena artistica italiana e internazionale a partire dal 2000. Mossi da scelte dichiaratamente personali, i due curatori evidenziano, nella scelta degli artisti, una “diversità espressiva” che testimonia “una grande ricchezza che va comunicata con forza e con orgoglio”. 

Elena Bordignon: Partiamo dal 2000, perché è una data importante che si avvicina a un quarto di secolo di arte italiana. Avete preso in considerazione questo periodo per la pubblicazione di Strata.  Calati nei panni di storici dell’arte, come avete vissuto lo svilupparsi dell’arte in Italia in questi ultimi 20 anni? 

Alessandro Rabottini: Questa sì che è una domanda impegnativa per iniziare! Scherzi a parte, Strata è nata anche dalla difficoltà di dare una risposta univoca a domande di questo tipo, che noi stessi ci siamo posti negli anni. E questa difficoltà, piano piano, abbiamo capito che in realtà era una risorsa, e che qualsiasi progetto interpretativo o storiografico deve assumere la propria incompletezza come propria condizione di partenza. Il formato-libro, come anche il formato-mostra, diventano immediatamente più interessanti, sia per chi li concepisce sia per chi li fruisce, se inizi a guardarli non come compendi esaustivi ma come strutture aperte e incomplete. L’arte italiana è tante cose, a partire da quelle che noi stessi non conosciamo e con cui non siamo entrati in contatto. Sia Vincenzo che io, in questi due decenni, abbiamo ricoperto ciascuno – come è accaduto a molti altri nostri colleghi – ruoli diversi, dal lavoro nelle istituzioni a quello nel mondo delle fiere passando per le iniziative private e quelle indipendenti: questo credo che ci abbia dato un modo frastagliato (e spero complesso) di guardare all’arte e ai sistemi che essa esprime e all’interno dei quali vive. Però c’è una cosa che abbiamo sempre cercato di fare entrambi in ciascun ruolo in cui ci siamo trovati, ovvero partire da un rapporto stretto e personale con gli artisti. Allora tante cose che in più occasioni sono state dette sulla nostra generazione e su quelle successive – dall’assenza di conflitto generazionale fino all’impulso all’internazionalizzazione, dalla messa in discussione di una gerarchia tra i media fino al conflitto tra visibilità mediatica ed esperienza interiore – in Strata sono espressi in molti modi diversi, almeno quanti sono gli artisti. Nel nostro libro, questi argomenti e molti altri non sono trattati come “temi” da svolgere o supportare come tesi quanto, piuttosto, come avventure individuali che sono tanto del linguaggio quanto dell’esistenza, e che si dipanano tra le pagine.

EB: Avete selezionato ben 37 artisti, per formazione e nascita, molto distanti tra loro. Con quali criteri li avete selezionati? 

Vincenzo de Bellis: Certamente ci sono molti altri artisti che avremmo voluto includere ma, come sempre accade nel nostro lavoro, che sia una mostra o una pubblicazione, bisogna fare delle scelte e queste sono dettate da diversi fattori. E nella totale consapevolezza dell’impossibilità di avere un approccio oggettivo, perché’ il nostro mondo non lo permette, abbiamo deciso di selezionare artisti con i quali abbiamo condiviso un percorso professionale e, in alcuni casi, anche personale. Al tempo stesso volevamo mostrare un panorama quanto più variegato possibile e sottolineare le diversità di approccio degli artisti italiani. In passato si e’ sempre cercato di accorpare, raggruppare, incasellare, mentre oggi noi riteniamo che nella diversità espressiva ci sia una grande ricchezza che va comunicata con forza e con orgoglio.

EB: Avete optato per inserire nel libro anche designer, coreografi e altre figure “esterne” al modo strettamente legate al linguaggio dell’arte.  Quali sono i criteri che vi hanno spinto a includere queste figure? Mi riferisco a Alessandro Sciarroni, Martino Gamper e Formafantasma. 

VDB: Come ho dichiarato più volte per me l’interdisciplinarietà è uno degli aspetti più interessanti dell’arte delle ultime generazioni. Certo, molti pensano ancora in termini di media o di discipline e va bene cosi ma, al tempo stesso, il mio modo di operare è sempre stato quello di “seguire gli artisti e il loro modo di lavorare” e per me loro, gli artisti, si considerano sempre di più trans-disciplinari o inter-disciplinari. Per questo per me, per noi, non e’ stato difficile andare in quella direzione. Inoltre con tutti questi artisti sia io sia Alessandro abbiamo lavorato nel corso della nostra vita professionale e quindi, se seguo quello che ho dichiarato prima a riguardo della selezione fatta, ci sembrava gusto andare in questa direzione.

AR: C’è anche da dire che il dialogo tra le discipline fa parte del DNA della cultura italiana e nei momenti storici in cui è stato intenso – pensiamo solo a quanto dirompente, questo dialogo, ha reso il passaggio tra la fine degli anni Settanta e tutti gli anni Ottanta del secolo scorso – l’Italia è sempre stata più visibile sul piano internazionale. Noi riusciamo al meglio, come Paese, quando le nostre menti creative si guardano reciprocamente, si stimano, collaborano. I tre esempi che citi sono di autori il cui lavoro è stato immediatamente recepito e discusso all’interno del sistema dell’arte, quindi è per rendere giustizia dell’impatto che le loro pratiche hanno avuto sul discorso artistico che abbiamo sentito la necessità di includerli, oltre, naturalmente, all’onesta passione che entrambi nutriamo per il loro lavoro. 

Ph. Giacomo Bianco

EB: Siete partner con importanti musei stranieri, in cui la pubblicazione verrà presentata (Camden Arts Center, Londra; Fridericianum Kassel; Kunstmuseum Liechtenstein Vaduz). Trovo che sia un grande sforzo, concreto e difficile, di veicolare e promuovere l’arte italiana anche fuori dai nostri confini. Come vi aspettate venga accolta la pubblicazione all’estero?

AR: Difficile fare previsioni in questo senso. Strata è certamente un libro sull’arte italiana – anche se credo sia sempre complesso giustificare pienamente le basi esclusivamente geografiche di qualsiasi progetto – ma non è un libro nato dall’intenzione di “risarcire” l’arte italiana di una maggiore o minore visibilità sul piano internazionale. Io penso che questo sia un libro che raccoglie cose – come le opere e le parole – che abbiamo ritenuto belle e importanti e, come tali, da condividere, ponderare, su cui riflettere sopra. È anche per questo che è stato così soddisfacente lavorarci: perché è pieno di cose che è bellissimo che esistano! Poi, per fortuna, i libri spesso hanno qualche chance in più di sopravvivere rispetto alle mostre, per cui se questo sarà un libro su cui varrà la pena tornare lo diranno gli altri, sia in Italia che fuori. 

EB: Il sottotitolo del libro è moto chiaro, “Le parole degli artisti”. Perché avete scelto la forma dell’intervista? Sono emerse questioni importanti dalle conversazioni con gli artisti che esulano dalla loro ricerca strettamente personale?

VDB: Più che interviste sono conversazioni e affrontano, senza una formula precisa, temi legati sia al lavoro di ciascun artista sia questioni più generali che riguardano la loro posizione nel sistema dell’arte e nella società. Il formato della conversazione ci sembrava il più adatto a far emergere il pensiero di ognuno ma anche il più diretto per la conoscenza di aspetti personali, magari legati alla biografia, agli incontri, alle casualità che li hanno portati ad essere quello che sono ora. Alla fine uno degli obiettivi è quello, attraverso la voce dei protagonisti, di ispirare giovani generazioni che, speriamo, vogliano intraprendere lo stesso percorso. L’idea è che leggere, in modo diretto e non filtrato, dell’esperienze di coloro che li hanno preceduti, certi passaggi possano essere meno mitizzati e più umanizzati.

AR: Il dialogo è quello strumento che ti permette di deviare rispetto alla destinazione che ti eri dato. Ci sono momenti in cui l’idea che ti sei fatto delle cose è confermata, altri in cui è contraddetta o sorpresa e io credo che sia Vincenzo che io cercassimo quei momenti di “rottura” delle nostre convinzioni. Di questioni ne sono emerse molte e spaziano dallo specifico del lavoro di ciascuno a qualcosa di più profondo e collettivo – e che non riguarda solo gli artisti ma tutti, in quanto esseri umani – e che credo possa essere sintetizzato nei tentativi che facciamo per negoziare tra un mondo poetico interiore e le condizioni fattuali di esistenza. 


Strata: arte italiana dal 2000 Le parole degli artisti
Strata: Italian Art since 2000 The Words of the Artists 

A cura di Vincenzo de Bellis e Alessandro Rabottini.

Il volume raccoglie estese conversazioni individuali tra gli autori e artisti rappresentativi della scena italiana degli ultimi vent’anni: Yuri Ancarani, Giorgio Andreotta Calò, Francesco Arena, Rosa Barba, Elisabetta Benassi, Luca Bertolo, Rossella Biscotti, Chiara Camoni, Gianni Caravaggio, Giulia Cenci, Danilo Correale, Roberto Cuoghi, Enrico David, Patrizio di Massimo, Lara Favaretto, Formafantasma, Linda Fregni Nagler, Giuseppe Gabellone, Martino Gamper, Francesco Gennari, Massimo Grimaldi, Petrit Halilaj, Adelita Husni Bey, Giovanni Kronenberg, Luisa Lambri, Marcello Maloberti, Diego Marcon, Masbedo, Luca Monterastelli, Adrian Paci, Diego Perrone, Alessandro Pessoli, Paola Pivi, Pietro Roccasalva, Alessandro Sciarroni, Marinella Senatore, Francesco Vezzoli.

Progetto realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito del programma Italian Council (X edizione, 2021) 

Ente proponente Fondazione Arnaldo Pomodoro
con il contributo addizionale di Fondazione In Between Art Film 

Il volume sarà co-pubblicato in due edizioni, italiana e inglese, da Lenz e Les Presses du réel
Da settembre 2023 sarà presentato con un tour internazionale che coinvolgerà le istituzioni partner: Camden Art Centre, Londra; Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano; Museum Fridericianum, Kassel; Kunstmuseum Liechtenstein, Vaduz