Testo di Gaia Grassi —
Entrando nell’ex chiesa delle Zitelle per visitare la mostra Cultura di polvere di Joan Fontcuberta ci troviamo di fronte una serie di immagini luminose che, a un primo sguardo, si presentano come opere astratte. Osservando con più attenzione ci rendiamo conto che queste dodici light boxes non sono il risultato diretto della mano dell’artista, ma una stratificazione di tempi e attori diversi. Alla base delle opere ci sono gli ingrandimenti delle fotografie scattate dal Principe Francesco Chigi Albani della Rovere (1881-1953), instancabile viaggiatore, naturalista e fotografo amatoriale, che raccontano i paesaggi alpini di Svizzera, Francia e Italia, spesso immortalati in maniera innovativa e sperimentale. Su di esse il tempo ha depositato graffi, lacune, batteri e funghi, proliferati nell’ambiente chimicamente accogliente dell’emulsione di gelatina ai sali d’argento, modificandone permanentemente l’aspetto. L’azione dell’artista è stata quella di selezionare e ingrandire dettagli di queste fotografie per realizzare le opere esposte.
I lavori sono il risultato dell’intensa ricerca di Fontcuberta, nell’ambito della residenza all’ICCD, sul tema del “Trauma” inteso come serie di alterazioni psichiche e fisiche risultanti da esperienze negative, applicato alla fotografia. Gli agenti batterici che hanno aggredito le immagini sono interpretati come dei “segni” o delle “cicatrici” delle esperienze passate immagazzinate dalle stesse. Il risultato è la nascita di nuove opere che perdono il loro iniziale significato documentario per trasformarsi in qualcosa di nuovo. Le fotografie del principe sono diventate custodi di una nuova memoria: l’attimo dello scatto è stato sostituito dal lungo tempo in cui gli agenti naturali si sono sedimentati e sviluppati su di esse. La sovrapposizione di queste due temporalità, quella dell’istante e quella del tempo prolungato, attivano in noi delle riflessioni su tematiche più astratte e universali così come le nature morte del ’600, ricche di rimandi celati al tempo e alla vita.
La vera opera di Fontcuberta si svela nella selezione anticonvenzionale di queste immagini d’archivio. La scelta è stata coraggiosamente supportata dall’ICCD, istituto nato a fine ‘800 come Gabinetto Fotografico proprio per documentare il patrimonio culturale con fini di tutela e catalogazione, che ha permesso all’artista di rimuovere la polvere da questi materiali “infetti” per ricollocarli nella contemporaneità donandogli nuovi significati. Come dichiara la curatrice Francesca Fabiani: “il portato di queste re-significazioni investe diversi ambiti e genera nuove consapevolezze, suggerendo cambi di prospettiva anche in chi quotidianamente gestisce il patrimonio”.
La mostra, finanziata grazie al “PAC2021 – Piano per l’Arte Contemporanea” promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, si inserisce nel programma “ICCD Artisti in Residenza” attivo dal 2017 con l’obiettivo di sviluppare nuovi lavori fotografici in piena libertà espressiva e in relazione con l’archivio. Un’iniziativa nata per promuovere l’istituto non solo in ottica conservativa, ma anche in chiave contemporanea.
Cultura di polvere di Joan Fontcuberta
Complesso Monumentale di San Michele a Ripa Grande
ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma
Fino al 29 settembre 2023