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Michele Gabriele — Tributo per Alberto Garutti 2023

Anche i cani sciolti a volte si sentono parte di qualcosa e soprattutto…Anche i cani sciolti a volte si sentono parte di qualcosa e soprattutto devono dirsi riconoscenti a qualcuno.Io lo sono, da sempre, ad Alberto Garutti.E considero lui ed i suoi insegnamenti come parte della mia identità professionale. Frequentai le sue lezioni a Milano […]

Anche i cani sciolti a volte si sentono parte di qualcosa e soprattutto…
Anche i cani sciolti a volte si sentono parte di qualcosa e soprattutto devono dirsi riconoscenti a qualcuno.
Io lo sono, da sempre, ad Alberto Garutti.
E considero lui ed i suoi insegnamenti come parte della mia identità professionale.

Frequentai le sue lezioni a Milano dal 2003 al 2007: fu mio professore a Brera, mentore e amico in quegli anni meravigliosi.
Il primo anno, per questioni logistiche interne all’Accademia, i corsi erano assegnati casualmente da parte della segreteria e solo l’anno successivo era possibile scegliere e cambiare corso.
Io mi ritrovai così nell’aula di Giuseppe Maraniello, che era un ottimo docente e noto artista, ma prossimo alla pensione.
Che commozione, nel rivederlo al funerale di Alberto poche settimane fa.

Durante una lezione chiese all’aula chi di noi dopo l’Accademia avrebbe voluto fare l’artista.
Alzammo la mano in tre, e non certo perché fossimo stati gli unici a desiderarlo (sai, all’epoca c’era una diffusa ritrosia a utilizzare il termine “artista”). Rivolgendosi a noi disse: “Se volete fare gli artisti dovreste iscrivervi al corso di Alberto Garutti”.
E io, che già da alcune settimane, di soppiatto seguivo alcune sue lezioni da in fondo all’aula, mi decisi finalmente che era quella la scelta più giusta per me.

Sono riconoscente ad Alberto sopratutto perché ha visto in me un talento anche quando in pochissimi riuscivano a vederlo e negli anni direttamente successivi all’Accademia, quando poi ci si ritrova soli, e un po’ sperduti, e sopratutto quando ho iniziato a rendermi conto che la mia ricerca e pratica non erano granché apprezzate e a volte perfino osteggiate da artisti e curatori miei contemporanei dell’epoca; in quei momenti di difficoltà, ho spesso ripensato a quella fiducia che Alberto aveva riposto in me.
Ricordo di una volta, quando una curatrice in visita durante una nostra lezione guardando una mia opera disse: “Ora siamo veramente alla frutta”;
Alberto aveva tuonato serio: “Ti sbagli invece: qui siamo solo all’antipasto!”.

Evvai…

In aula diceva sempre che avevo uno “Sguardo Laterale” sulle cose e questa consapevolezza ha cambiato tutta la mia vita.

Dopo la triste notizia di poche settimane fa, mi sono ritrovato afflitto dal rammarico per non averlo mai cercato dopo quegli anni.
Ci fu solo qualche sporadico incontro casuale a inaugurazioni.
Ero attanagliato da questo e da molti altri pensieri e mi sentivo in lutto, ma come segretamente, perché solo in studio in quei giorni.
E poi, un inatteso e bellissimo scambio di messaggi con l’amico Petrit, mi ha fatto sentire molto meno isolato e dopo poco Roberto mi chiede se avrei voluto fare parte di una chat di gruppo di Whatsapp, che quel giorno aveva 5 membri ex studenti di Alberto (e ora più di 160).
Verso sera anche Patrizio, che non sentivo da qualche anno mi ha sorpreso con una videochiamata dolcissima, e Matteo Rubbi e altri ancora, e così, piano piano, ci siamo come riavvicinati, per istinto.
Non lo so, ho parlato con tanti di noi in questi giorni e molti avevano gli stessi miei rammarichi.
Mi hanno fatto sentire meno sbagliato.

Gli Artisti ex studenti di Alberto Garutti sono molti. Paragonabili per la distanza che li separa.
Non somigliano agli altri e non somigliano ad Alberto.

Ora siamo li, in questo virtuale purgatorio liminale, insieme, come fossimo stati tutti dello stesso anno.
Ci confrontiamo e aggiorniamo, ci conosciamo in un altro modo.
E siamo come in attesa di qualcosa, mentre tramite gli aneddoti di alcuni ci auto-induciamo falsi ricordi collettivi, che tra qualche anno, renderanno probabilmente estremamente complesso ogni nostro racconto.

Una cosa stupenda.

Forse siamo proprio noi quei cani. I suoi.

Michele Gabriele