Testo di Noemi Tumminelli —
«Le cose, quando si nascondono, riescono a essere più libere e a liberarsi più in alto». Le figure che animano le tele di Rita Ackermann, infatti, tendono a celarsi sempre di più nell’astrazione e nel colore, rifuggendo così a ogni possibile rivelazione categorica. L’ultima retrospettiva della pittrice ungherese al Museo d’arte della Svizzera italiana di Lugano (MASI) è una delle mostre più grandi a lei dedicate all’interno di un’istituzione museale. Hiddenripercorre gli ultimi trent’anni della sua carriera, dai primi lavori degli anni Novanta, quando si trasferisce negli Stati Uniti, fino alle più recenti produzioni. Il dipartimento curatoriale del MASI diretto da Tobia Bezzola ha lavorato per due anni in collaborazione con l’Ackermann che ha partecipato all’ideazione e la progettazione dell’esibizione. Per l’occasione è stato pubblicato inoltre un generoso catalogo bilingue, in italiano e inglese, edito da MOUSSE Publishing. Grazie a diversi prestiti internazionali la mostra raccoglie più di cinquanta opere tra dipinti e disegni, una scelta accurata e meticolosa che permette una lettura completa della produzione dell’artista.
L’attività della pittrice viene influenzata costantemente da culture ed estetiche diverse, da una parte l’impronta dell’Est Europa e dall’altra quella del paese d’adozione, l’America.
Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Belgrado l’Ackermann prosegue i suoi studi alla New York Studio School of Drawing, e quando approda nella grande metropoli comprende che «è utile recidere le proprie radici e imparare tutto da capo in una nuova cultura, senza perdere ciò che sei».
A questi primi anni risalgono i cosiddetti “Sketchbook Drawings” e gli “Early Paintings”, in cui l’artista rappresenta la donna come una figura fragile, emarginata e malinconica. I soggetti sono ragazze adolescenti nude, esposte e moltiplicate all’interno della composizione che diventa una sorta di narrazione. Ma c’è anche ansia, frustrazione e dolore nei suoi disegni, come in The Birth of Tragedy (1995) dove la protagonista si dedica alle ordinarie attività casalinghe e una frase scritta in matita recita: “La nascita della tragedia (può succedere anche in cucina)”. In questi lavori, prevalentemente in bianco e nero, spesso delle pennellate di colore rosso irrompono nel foglio, simbolo della violenza fisica e psicologica perpetrata sul corpo delle donne (Sketchbook 1 o Get a Job, entrambi del1993).
Negli stessi anni l’artista adotta la tecnica del collage, realizzando delle composizioni attraverso la sovrapposizione di ritagli di giornale, fotografie e illustrazioni, come ad esempio in Calm Garden Party (1994). La pittrice attinge a modelli e repertori diversi che vanno dalle immagini della storia dell’arte fino alle grafiche dei fumetti o i fotogrammi cinematografi, rielaborandoli un linguaggio sempre personale. Particolare attenzione presta ai film di formazione, le pellicole dei registi Péter Gothár, Uli Edel o Peter Brook, ma anche ai cineasti americani come Woody Allen da cui trae il titolo per il suo Take the Money and Run (1993).
L’Ackermann dialoga con i maestri del passato, a iniziare da Paul Gauguin che sarà una fonte d’ispirazione per Where did we come from? Where are we going? Who are we? (1994). Le stesse domande che avevano tormentato il pittore francese tornano nel dipinto dell’artista ungherese con una forza dirompente. Di quest’opera esiste anche uno studio preparatorio Sketchbook Drawings 3 (1994); infatti, molti dei primi disegni sono dei bozzetti che si riferiscono ai lavori di dimensioni più grandi. La seconda sezione presentata appartiene alla serie Mama iniziata nel 2018. Qui l’artista rompe con i precetti accademici, adottando un linguaggio sempre più astratto. Rispetto alla produzione degli anni Novanta, a livello formale qui possiamo trovare riferimenti a generi e stili diversi, dall’espressionismo tedesco all’Action Painting.
Esemplificative sono Mama, Painting for Mars (2019) e Hidden (2022), dove la rappresentazione sfugge a qualsiasi sforzo interpretativo da parte dello spettatore. Le figure che abitano le tele ora si celano sotto strati di pittura ad olio e vengono occultate da campiture dalle tonalità sgargianti.
Nell’ultima sala vengono esposte tre opere inedite, dalla serie War Drawing. L’Ackermann lavora su delle tele di grandi dimensioni e utilizza olio, matita e acrilico per creare delle immagini evanescenti, delle linee spezzate che rimandano al caos generato dalla guerra, come suggerisce il titolo.
Il percorso espositivo invita lo spettatore a immergersi nella sensibile poetica dell’artista, laddove i disegni prefigurano tutto l’immaginario della pittrice per culminare nella dissolvenza della pittura e nell’esplosione virulenta del colore sulla tela. Come ricorda la critica Pamela Kort nel saggio del catalogo: “Il genio della Ackermann sta nell’abilità di non limitarsi a racchiudere queste storie in pittura, ma di iniettarci un elemento sovversivo. Ora, questo sì che suscita meraviglia nel mondo dell’arte di oggi, dominato com’è da un eccesso di individui desiderosi di compiacere”.