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Mariana Castillo Deball, In a Convex Mirror | Pinksummer, Genova

Testo di Erica Rigato — A Genova, la galleria Pinksummer ospita una mostra dal titolo “In a Convex Mirror” dell’artista messicana Mariana Castillo Deball, che annovera nel suo percorso anche la partecipazione al padiglione omonimo alla Biennale D’Arte di Venezia del 2022 nonché a Documenta 13 del 2012. Si tratta di un’esposizione dall’allestimento senz’altro spiazzante […]

Mariana Castillo Deball, In a Convex Mirror_Exhibition view – Punksummer, Genova – Photo Credits Alice Moschin
Mariana Castillo Deball, In a Convex Mirror – Exhibition view – Punksummer, Genova – Photo Credits Alice Moschin

Testo di Erica Rigato —

A Genova, la galleria Pinksummer ospita una mostra dal titolo “In a Convex Mirror” dell’artista messicana Mariana Castillo Deball, che annovera nel suo percorso anche la partecipazione al padiglione omonimo alla Biennale D’Arte di Venezia del 2022 nonché a Documenta 13 del 2012.

Si tratta di un’esposizione dall’allestimento senz’altro spiazzante ma dal potere magnetico, che rende subito necessario un pieno coinvolgimento di carattere corporale, oltre che mentale, naturalmente. In aggiunta, in questo caso, il visitatore è chiamato, forse in maniera ancora più impellente, ad un approfondimento teorico delle premesse della mostra e del lavoro dell’artista stessa.
Appena oltrepassato l’ingresso della galleria, ci si trova di fronte a un’installazione aerea in cui oggetti simili a dei vasi, che poi capiamo essere in ceramica, dai colori neutri e dalla forma quasi antropomorfa, oltre che essere forati, sono legati da una spessa corda nera e, sarebbe proprio il caso di dire, sono connessi, giacché, come scopriremo, il legame è non solo fisico ma anche concettuale.
Il foglio di sala informa che queste ceramiche, forse di memoria etnografica Zuni, sono state deprivate della funzione ricettiva di contenitore e di conseguenza del valore originario d’uso o di scambio. Queste ceramiche chiamate “kill hole” si usavano nei rituali di sepoltura nell’America Sud Occidentale, e, nelle intenzioni dell’artista, rimandano alla classica piñata messicana, la pentolaccia, che pone fine al Carnevale e precede la Quaresima, usata dai monaci conquistatori per evangelizzare i nativi americani, attraverso i piccoli doni che la piñata riversava a terra.
In questa installazione, pertanto, sono racchiuse alcune delle caratteristiche fondamentali della ricerca poetica dell’artista e, ciò che leggiamo sul suo sito personale, a proposito della sua opera “Uncomfortable Objects” ci sembra estremamente calzante:
“Cosa hanno da dire i non umani (leggi oggetti) sul mondo che abbiamo costruito intorno a loro? Delle nostre definizioni, delle nostre manipolazioni e dei suoi usi? Cosa resta degli oggetti dopo tante manovre storiche, e quali sarebbero le loro testimonianze se potessero raccontarci le loro storie dalle loro stesse prospettive?”.

Mariana Castillo Deball è evidentemente interessata allo studio della cultura materiale, perchè, lei sostiene, gli oggetti informano profondamente le nostre vite. Deball, attraverso le sue opere, ne analizza ogni aspetto, ogni effetto diretto e indiretto. La sua ricerca, quindi, sfocia nell’analisi sullo spreco che si fa degli oggetti, fino ad arrivare a chiedersi a chi appartiene la storia, a chi la scrive a o a ognuno di noi? In questo senso l’artista si appropria degli oggetti e, decontestualizzandoli, narra una storia relativizzata, fino a cercare di mettere in discussione l’eurocentrismo della Storia del mondo stessa.
Questa molteplicità di sensi e di livelli di ricerca è raggiunta, nel caso di questa mostra, proprio grazie alla scelta dell’uso della ceramica la cui fattura stratificata rimanda giusto ai molteplici strati di senso che, sostiene l’artista, possono caratterizzare la storia e la sua narrazione.
E, a questo punto, viene in aiuto l’allestimento. Affrancando questi vasi-non vasi dall’uso per cui sono stati creati, allontanando il più possibile le cose dai posti convenuti, l’artista ridiscute l’ordine – anche sociale – da cui sono venuti, e, in qualche modo, contribuisce a ricreare gli spazi dando adito a geografie mentali e storiche inattese. 

Mariana Castillo Deball, In a Convex Mirror

Mariana Castillo Deball è lei stessa un’artista stratificata, proprio come l’interpretazione della realtà che lei incoraggia ad avere. Deball lavora attingendo all’antropologia così come alle tradizioni popolari, alla storia della scienza e alla cultura in generale, col fine di costruire opere che mettano in moto relazioni inedite tra gli oggetti, prima di tutto, e poi tra visioni del mondo e della storia. A proposito di scienza, infatti, il vaso forato dell’installazione centrale alla Pinksummer, nelle fattezze della tipica piñata messicana, rimanda a un oggetto matematico, la bottiglia di Klein, che di fatto, come recita il foglio di sala, presenta una “superficie non orientabile in cui l’interno si riversa all’esterno, proietta al di là delle tre dimensioni euclidee, in una quarta dimensione che la realtà non ci lascia esperire, ma alla quale con il ragionamento, l’oggettività e la fantasia informata da una diversa narrazione è possibile aspirare”.

In questo modo l’artista, a conferma delle premesse concettuali della sua ricerca, innesca una logica ma inedita relazione, unendo così il concetto della pentola/ piñata-contenitore, che nella tradizione popolare viene rotta per offrire il proprio contenuto, a una forma topologica, il cui interno confluisce nel suo esterno. Deball mette in atto anche un’importante riabilitazione della cultura materiale del passato, con le sue tecnologie di sentimento e di cooperazione.
Questo richiamo a movimenti e dimensioni curvilinei è eloquentemente evocato dal titolo stesso della mostra: “In a Convex Mirror” che, spiega Castillo Deball, muove da un poema di John Ashbery “Self-portrait in a Convex Mirror” del 1974, nel quale Ashbery prende spunto dal dipinto datato 1524 del pittore italiano del tardo Rinascimento, Parmigianino. Si tratta di un autoritratto della sua immagine in uno specchio convesso in cui il pittore usa la superficie semi sferica replicando la distorsione dello specchio convesso.
In questo caso Deball spiega di essere stata attratta dal lavoro del pittore italiano relativamente allo studio della superficie e al valore esistenziale che Parmigianino sembra averle conferito.
La mostra, difatti, si dispiega anche attraverso una rielaborazione di superfici, trasformate e messe in relazione.
L’opera che meglio esprime il concetto della mostra è quella costituita da tre tondi di diversi diametri in forma di tavolette cerate scrittorie, che possiamo apprezzare appesi alle pareti della galleria e che rimandano alla grande installazione a parete di tavole cerate colorate con pigmento nero, nella mostra di Mariana Castillo Deball dal titolo Roman Rubbish allo Spazio Bloomberg a Londra. Il riferimento è alle 400 tavolette scrittorie romane, rinvenute tempo fa nei sotterranei del quartiere finanziario della capitale britannica, e il cui legno non si è decomposto perché conservato dal fango del fiume sotterraneo Walbrook che attraversava il centro di Londinium, fondata dai romani nel 43d.C.
Se in questo caso il tema affrontato dall’artista è l’utilizzo del mezzo comunicativo fatto dagli antichi romani, soprattutto paragonato alle tecnologie di comunicazioni attuali, prima tra tutte quella del telefono, analizzandone quindi le derive riguardanti gli aspetti dello spreco dei materiali, nella mostra alla Pinksummer, alla serie di opere circolari di cera nera è affidato il compito di concretizzare il tema del titolo della mostra genovese, perchè, come afferma Deball,  “esse sono incise con immagini distorte come viste in uno specchio convesso”.
Come chiarisce il foglio di sala, infatti, l’incisione toglie materiale alla superficie dei tondi, rendendo l’immagine visibile solo da alcuni angoli, a seconda di come la luce si riflette su di essa.

In conclusione, anche in quest’ultimo caso, ritroviamo il tema della relatività, oltre che altri concetti cari a Deball, quali la molteplicità di visioni e, non da ultima,  la volontà di liberare il pensiero, per farlo respirare e avere un rapporto più naturale con il mondo che ci circonda e gli oggetti che lo popolano.

Mariana Castillo Deball, In a Convex Mirror
Mariana Castillo Deball, In a Convex Mirror – Exhibition view – Punksummer, Genova – Photo Credits Alice Moschin