ATP DIARY

I (never) explain #152 — Aronne Pleuteri

Quando ero piccolo in casa di mio zio Maurizio sopra al grande divano beige si stagliavano, tra gli altri, quattro modesti quadri color pastello: erano i cavalieri dell’apocalisse dipinti a loro volta da un altro mio zio, Alberto Bogani. Normalmente, le opere di questo mio altro zio, erano destinate a muri delle chiese della provincia […]

Aronne Pleuteri, Man vs Wheel 1, 100x150cm, acrilico e olio su tela, 2022

Quando ero piccolo in casa di mio zio Maurizio sopra al grande divano beige si stagliavano, tra gli altri, quattro modesti quadri color pastello: erano i cavalieri dell’apocalisse dipinti a loro volta da un altro mio zio, Alberto Bogani. Normalmente, le opere di questo mio altro zio, erano destinate a muri delle chiese della provincia di Como e di Varese o a qualche marginale galleria. Difatti, penso che all’epoca questo altro mio zio, prima che morisse, non poteva neanche immaginare che il suo quadrittico escatologico era finito appeso lì, tra due contadini lavoratori armati di falce e martello e un grande poster dei Simpson che ritraeva assieme tutti i personaggi della serie. In quel groviglio postmoderno di forme, colori, e  invenzioni incompatibili (più tardi Diego, Pleto e io ci dedicammo alla pratica del collage), i quattro cavalieri si agitavano in un turbinio che, a mio parere, aveva più l’aspetto di una festosa genesi che dell’angoscia di un cataclisma incombente. 

Qualche anno dopo, cioè l’altro giorno, quelle stessa atmosfera sospesa tra l’apparenza di una gioia e il dolore per la fine di una forma conosciuta mi si è ripresentata in un sogno: nella mia casa di campagna, avvolto dalla luce soffusa di un cielo rosa e arancione guardavo delle esplosioni provenire da dietro Cantù che però avevano tutto l’aspetto di fuochi artificiali. Nell’agitazione generale mi recavo in strada e camminavo per la salita che conduce all’ingresso del bosco sulla SP-38.  In strada erano scesi tutti, compresi dei carabinieri che mi guardavano straniti, ma c’era molto silenzio e nessuna automobile in circolazione.

Forse quella grande attesa che caratterizzava il sogno riguardava proprio la sospensione del traffico… eravamo tutti lì, ad aspettare che la venuta rivelatrice di un vessillo  dell’Armageddon infuocasse quelle strade così intorpidite, magari a bordo un bolide arrugginito arrangiato con degli avanzi di metallo, come in qualche film steampunk o nelle Hot Wheels.

In ogni caso la violenza inaudita di un movimento irrefrenabile era sempre pronta ad esplodere.
MAV Vs WHEEL è il ciclo di quattro quadri che incanala questo tipo di visoni e di sentimento dell’apocalisse.

Aronne Pleuteri, Man vs Wheel 2, 100x150cm, acrilico e olio su tela dettaglio, 2022

In questa sede virtuale presento il primo dei quadri, che ha il colore verdiccio petrolio, come uno dei cavalli apocalittici o come un muro di ospedale di provincia. Da tempo riflettevo su una considerazione di un assiduo frequentatore di questi posti, gli ospedali (manicomi), Antonin Artaud, che a un certo punto di un suo delirio scrive di uno stadio d’illuminazione: 
« in cui il pensiero in disordine rifluisce davanti alle scariche invadenti e in cui pensare non è più logorarsi, e semplicemente non è più e in cui non resta che raccogliere corpo, voglio dire AMMUCCHIARE CORPI »

Da qui ho tentato di elaborare un “personaggio plurale”, che fosse nella sua singolarità costituito da una moltitudine di corpi, magari neanche suoi ma corpi alteri che non sa di avere nel di dentro, per esempio come il bruco-mela delle giostre.

Chiaramente però quando si entra a contatto con una singolarità spazio-temporale e si supera la soglia di quel famigerato orizzonte degli eventi, il processo a cui viene sottoposto il corpo-massa di chi si cimenta all’esplorazione spaziale è quello di una spaghettificazione. Questa dinamica rivela tanto una forma fondativa alla base dell’universo quanto un astruso processo della mia pittura. Tramite lo sfondo, che è l’ultima cosa che faccio, cerco di scavare i lunghi arti delle figure (sezionate, decentrate, ma ineliminabili) affinché diventino esili e sottilissimi, unidimensionali quasi come stringhe. In questo quadro per fortuna il corpo è ancora dotato di articolazioni, si vede che era ancora all’inizio del buco nero.

Anche questo tentativo di spaghettificazione delle gambe,  in fondo ha a che vedere con quel desiderio vano di eliminare il protagonismo della figura. Vorrei che invadesse meno spazio e lasciasse posto anche ad altre cose che esistono. La dinamica narrativa che si instaura tra me e i personaggi  che abitano le tele, adesso che ci penso, è quella di una sadica tortura ad un povero innocente solamente per il gusto della distruzione. Qui il personaggio plurale sta cadendo/salendo a tutta velocità, è costretto alla sedia a rotelle e si farà comunque molto male. In altri quadri viene esposto ad elettroshock, bruciato vivo o fatto scivolare.

Ma qual è la vera identità di questo disgraziato capitombolatore incastrato tra i raggi-ragnatela di una ruota, se all’apparenza il protagonista del quadro non è un dominatore in sella a un cavallo, ma un fragile omino pelle-ossa in balia di un movimento circolare?

E’ Il cavaliere amico dell’entropia calato nei panni di un anti-cavaliere? 

E se è davvero lui, spillato del suo altissimo rango, ciò che viene messo in scena è effettivamente il suo definitivo Trionfo, o il suo desiderabile Tonfo?

O magari è solo un ragazzino disabile dopo un incidente in bicicletta. 

tonf

Aronne Pleuteri, autoscatto in bici, 2022, Milano
Aronne Pleuteri, Man vs Wheel 1, dettaglio

Ha collaborato Simona Squadrito*
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I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.

Hanno contribuito alla rubrica Zoe De Luca, Simona Squadrito e Irene Sofia Comi