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Dineo Seshee Bopape — Born in the first light of the morning [moswara’marapo] | Pirelli HangarBicocca

Testo di Sofia Cisotto — Born in the first light of the morning [moswara’marapo] è il titolo della prima mostra antologica dedicata a Dineo Sesheee Bopape (ospitata al Pirelli HangarBicocca fino al 29/01/23, a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli).Già dal titolo l’artista ci anticipa alcuni dei temi principali affrontati durante il progetto espositivo […]

Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Testo di Sofia Cisotto —

Born in the first light of the morning [moswara’marapo] è il titolo della prima mostra antologica dedicata a Dineo Sesheee Bopape (ospitata al Pirelli HangarBicocca fino al 29/01/23, a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli).
Già dal titolo l’artista ci anticipa alcuni dei temi principali affrontati durante il progetto espositivo I termini born e morning rimandano, infatti, ad uno stato di rinascita, di risveglio, di transizione: passaggio tra la notte e il giorno, tra la morte e la vita. E poi, light: luce, chiarore, ma anche leggerezza. Il concetto di luce [light] viene qui utilizzato dall’artista non solo come principio teorico, bensì funge anche da elemento costitutivo della mostra: entrando nell’ambiente espositivo, infatti, siamo accolti inizialmente da uno stato di quasi totale oscurità, l’unica fonte luminosa è costituita da una serie di installazioni digitali che caratterizzano questa prima parte della mostra. Solo dalla seconda metà in poi, le vetrate ai lati della stanza illuminano l’ambiente, irradiando di luce naturale le installazioni che si trovano di fronte; questa volta si tratta di opere materiche, fragili, realizzate tramite l’uso di terre, polveri e materiali organici. Ecco che il valore semantico del titolo si fa valore sensibile: il passaggio dalle tenebre al chiarore, dal crepuscolo all’aurora diventa esperienza fisica all’interno dello spazio espositivo.
Ancora un altro indizio, poi, ci viene dato dal titolo: l’artista, infatti, sceglie di adottare sia l’inglese che il SePedi, uno degli idiomi parlati in Sudafrica, nonché sua lingua madre. Questa scelta è emblematica del valore universale e collettivo che la mostra si propone di assumere.

Come già accennato, la prima parte della mostra è caratterizzata da una serie di opere digitali. Varcando l’ingresso, sulla destra, il visitatore si imbatte in un monitor che riproduce un video in bianco e nero, a bassa qualità, in cui la telecamera riprende il volto di un uomo sdraiato su un prato da diverse angolazioni. Superando il monitor, si nota sulla parete di destra una decorazione che ne occupa l’intera superficie. Si tratta di un disegno realizzato con acqua e terra. L’opera è stata prodotta dall’artista ad hoc per la mostra in HangarBicocca, insieme con un altro disegno, dai caratteri simili, situato dalla parte opposta della stanza. Sulla superficie di questa raffigurazione vengono proiettate tre diapositive, incise a mano dall’artista e raffiguranti fiumi e mari in movimento. 

Dineo Seshee Bopape Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting), 2017 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista, Sfeir-Semler Gallery, Beirut/Amburgo e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Dineo Seshee Bopape Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting), 2017 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista, Sfeir-Semler Gallery, Beirut/Amburgo e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Dineo Seshee Bopape Mabu,mubu,mmu, sa_ _ke lerole, (sa lerole ke_ _), 2022 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Le immagini si mescolano tra loro e, a loro volta, con il disegno sottostante, dando vita a un poetico linguaggio visivo. Ad ogni diapositiva corrisponde un proiettore, ognuno dei quali poggia su una pila di mattoni. Non sono mattoni qualsiasi, bensì provengono dall’edificio dell’HangarBicocca: Bopape crea un legame concreto tra la sua arte e la struttura che la ospita. Le immagini proiettate, tra le altre cose, sono state girate per la maggior parte a Richmond, in Virginia, mentre l’argilla utilizzata proviene dal Senegal, dal Ghana o da Richmond stessa, ovvero da alcuni tra i porti più notoriamente legati alla tratta degli schiavi. 
Dall’altro lato della stanza, sulla sinistra rispetto all’ingresso, è stato eretto, invece, un anfiteatro composto da tre strutture in legno e roccia, sui cui sono proiettate immagini di riprese marine. Ancora una volta, ritorna l’elemento dell’acqua. Gli schermi fittizi, difatti, riproducono tre video, girati dall’artista, in cui Bopape stessa interagisce con l’acqua del mare, la muove con le mani e con il corpo, ci parla, compie gesti votivi nei suoi confronti. Ma perché l’elemento dell’acqua ricorre così frequentemente nella pratica artista di Bopape? Lei spiega: “Rifletto sull’acqua come elemento e su come mi relaziono ad essa: l’acqua dell’oceano, l’acqua del mio corpo, ma anche l’acqua nel nostro corpo collettivo o coscienza collettiva; noi tutti in relazione gli uni con gli altri e con l’acqua, oltre al legame che l’amore ha con tutto ciò, e dove si colloca l’amore in questa relazione.” L’acqua è per Bopape sinonimo di universalità; ogni individuo, al di là del colore della sua pelle o dei privilegi di cui gode, è fatto d’acqua e senza di essa non potrebbe sopravvivere. 
Se nella prima parte della mostra ricorre spesso l’immagine digitale, la seconda parte ospita, invece, una serie di installazioni che possiamo definire “organiche”, realizzate cioè tramite l’assemblage di terra, argilla, foglie, polveri, sabbia, erba, rocce. Questi lavori sono colpiti dalla luce naturale che attraversa le ampie vetrate dell’HangarBicocca, cambiando fisionomia in base all’inclinazione dei raggi solari. 
Al centro dell’ampio salone il visitatore incontra due strutture a cupola, realizzate tramite la compressione di fango, fieno e argilla. Strutture abitative archetipiche, architetture embrionali. È possibile entrarci: all’interno erbe e minerali evocano riti spirituali e curativi. Suoni e profumi sollecitano l’udito e l’olfatto: l’odore dell’argilla si mescola con quello delle piante, mentre il suono registrato dall’artista all’interno di una cava di marmo sugli Appennini toscani, riecheggia in tutto l’ambiente. Bopape esorta il visitatore a ricercare un collegamento nuovo e più profondo con il suolo. 

Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting) è un’opera realizzata da Dineo Seshee Bopape nel 2017. Si contraddistingue per una moltitudine di mattoni in terra cruda, posizionati in cumuli di diverse dimensioni. Ognuno di questi cumuli ospita una serie di elementi: ciotole piene d’acqua, terriccio, polveri colorate, mattonelle in legno, piccole sculture in argilla, giradischi. Tutto sembra piuttosto casuale, ma non è così. Avvicinandosi all’installazione, infatti, si possono notare una serie di incisioni sulle placche di legno: sono testi che commemorano gli scontri avvenuti nel territorio africano con gli invasori europei tra il 1459 e il 1921. Le sculture in argilla, poi, sono state realizzate stringendo il materiale nel palmo di una mano: il rimando è a Robert Sobukwe (1924-1978), sudafricano incarcerato per un lungo periodo nella prigione di Robben Island, durante l’Apartheid. Ogni qualvolta un prigioniero arrivava al carcere, Sobukwe afferrava della terra dal suolo e la alzava verso il cielo in segno di fratellanza. Bopape si appropria di questo gesto e lo rende immortale. I giradischi, infine, riproducono il rumore di uno scrocio d’acqua e il cinguettio del quetzal, uccello simbolo di libertà nella mitologia maya.
Analogamente a questo lavoro, anche Mabu, mubu, mmu, sa_ _ke lerole, (sa lerole ke_ _) è un’installazione presentata dall’artista in quest’occasione, che si contraddistingue per un forte legame con il mondo naturale.
L’opera, infatti, è composta da cinque grandi blocchi rettangolari di terra rialzati. Sebbene siano molto simili tra loro, in realtà ognuna di queste piattaforme assume sembianze eterogenee. Bopape, difatti, crea dei piccoli mucchi di materiali diversi: sassi, pelli, fili d’erba, argilla, terra. Questi cumuli sono per l’artista “elementi di commemorazione” verso la nonna e verso tutti coloro che hanno perso la vita a causa delle “imprese scientifiche razziste dell’Occidente”. La superficie terrosa dell’installazione, inoltre, presenta una serie di crepe, avvallamenti e rilievi: il suolo è sedimento di memorie, trattiene le tracce del nostro passato. 

L’antologica in PirelliHangarBicocca sarà accompagnata dalla prima monografica dedicata a Dineo Seshee Bopape. 

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, is alive, 2022 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Commissionato da TBA21–Academy e co-prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Dineo Seshee Bopape Mabu,mubu,mmu, sa_ _ke lerole, (sa lerole ke_ _), 2022 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Ritratto Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Lorenzo Palmieri