Nella mia pittura spesso esploro la raffigurazione figurata di un’idea, di una frase o di una parola, spesso partendo da quello che vedo e vivo, creo un’interferenza poetica.
Cosa vuol dire per me spiegare un quadro, o il proprio lavoro tutto?
E’ abbastanza complicato, arzigogolato e un po’ straniante, è come andare indietro nel tempo e allo stesso tempo proiettarsi in avanti perché nel momento in cui ci penso o ne parlo si creano nuovi significati di cui però non ho bisogno, credo.
Dovrei ripercorrere tutte le associazioni mentali che si sono create nella mia testa, si aprirebbero altri mondi, altre connessioni, questo è sicuramente stimolante ma parlare nel mio lavoro mi sembra quasi qualcosa di dissacrante perché le parole hanno un suono, le immagini ne hanno un altro.
Nella mia pittura spesso esploro la raffigurazione figurata di un’idea, di una frase o di una parola, spesso partendo da quello che vedo e vivo, creo un’interferenza poetica.
Mi sento un pò come una carta assorbente che crea giochi di parole.
Di solito non mi interessa lo stile (anche se poi inevitabilmente si crea), mi piace raccontare storie, un po’ ermetiche, è importante cosa scelgo di rappresentare, più del come.
Il lavoro che ho scelto è un dipinto su carta, della mia lunga serie di pittura a guazzo, dal titolo Will to purify, a way to die.
L’immagine è nata partendo da una foto appesa in un bar, una di quelle che sono lì per dirti “igienizzati le mani qui”. Mi è piaciuta per la sua banalità descrittiva e l’aspetto un po’ trash e soprattutto perché è un’immagine che ormai vediamo spesso e anche perchè ha funzionato e mi ha ricordato di usare l’igienizzante.
Quindi l’ho fotografata e ho deciso di dipingerla, e guardandola mi ha fatto pensare ad una persona che muore lentamente pulendo la sua memoria, purificandosi dai ricordi, dalla storia, perché se cancelli tutto non rimane niente.
C’è qualcuno che dorme su dei libri, sulle mani, sotto l’igienizzante.
Intanto in un tavolino sospeso, un cannone sanguinoso, un pesce e una baguette sono lì per dire che le cose non cambiano quasi mai, anzi si ripetono e si moltiplicano, i riti segnano lo scandire del tempo e a volte cancellano il pensiero o lo consolidano.
Sembrerebbe un quadro triste, ma io non lo ero mentre lo dipingevo, perchè per me la pittura è una cronaca di visioni esterne che giocano con quelle interne, puoi risolvere problemi e raccontare le parole e le cose.
Ha collaborato Simona Squadrito*
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I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.
Hanno contribuito alla rubrica Zoe De Luca, Simona Squadrito e Irene Sofia Comi