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ArtVerona punta sulle relazioni internazionali, e non solo… | Intervista con Stefano Raimondi

Mancano poche settimana all’apertura della 17° edizione di ArtVerona – dal 14 al 16 ottobre, con l’opening giovedì 13 –  capitanata da Stefano Raimondi che, in questa lunga intervista ci racconta le novità di quest’anno: Visiting Curator, il progetto pluriennale che coinvolge direttori e curatori di istituzioni internazionali, le due sezioni Habitat e Curated by, […]

Ugo La Pietra, Immersione nella luce, 1969, 2016 – Museo MAGA. Gallarate, Courtesy Museo MAGA Gallarate e Ugo La Pietra – Foto Mauro Ranzani

Mancano poche settimana all’apertura della 17° edizione di ArtVerona – dal 14 al 16 ottobre, con l’opening giovedì 13 –  capitanata da Stefano Raimondi che, in questa lunga intervista ci racconta le novità di quest’anno: Visiting Curator, il progetto pluriennale che coinvolge direttori e curatori di istituzioni internazionali, le due sezioni Habitat e Curated by, la mostra CAMERA dedicata alle collezioni video italiane e internazionali e il premio ArteMuseo. 
Dopo l’invito a Paola Pivi, quest’anno è sul turno di Stefano Arienti, invitato a pensare al Red Carpet: il tappeto di 500 mq che accoglierà i visitatori all’ingresso della fiera.

Segue l’intervista con Stefano Raimondi —

Elena Bordignon: ArtVerona segue la costante ‘sistema italiano’ – #Italiansystem è l’hashtag che racchiude la manifestazione – ma con una novità: si apre quest’anno a mirate contaminazioni internazionali. Ritieni proficue e utili queste nuove aperture? Perchè?

Stefano Raimondi: Credo che queste aperture siano molto importanti e coerenti con l’Italian System che ArtVerona rappresenta. Abbiamo deciso di costruire dei progetti di senso che possono estendere le relazioni internazionali. Penso al nuovo Visiting Curator dove quattro importanti curatori internazionali come Chrissie Iles del Whitney Museum di New York, Nadim Samman del KW Institute di Berlino, Michal Novotny Direttore della Collezione della Galleria Nazionale di Praga e Christian Malycha, Direttore della Friedrichs Foundation di Bonn sono invitati a esplorare le proposte delle gallerie presenti in fiera.  Oppure al progetto Pages, a cura di Ginevra Bria, dove sei case editrici europee (Backbonebooks, Berlino; Blood Becomes Water, Sofia; It’s Freezing in LA, Londra; Onomatopee, Eindhoven; Sorry Press, Monaco; Sub-Zero, Parigi; realizzano un progetto in collaborazione con altrettanti artisti italiani che possono così ampliare la loro rete di collaborazioni. Oppure penso a interventi specifici in alcune sezioni come Introduction dove a fianco a storiche gallerie italiane come Massimo Minini, De Foscherari, De Cardenas, Continua due gallerie straniere come Peres Project, che ha aperto recentemente una sede a Milano, o Christine König invitano una giovane galleria a partecipare.

EB: Tra le novità anche HABITAT e Curated by. Entrambi i progetti hanno sicuramente degli aspetti positivi che potenziano il prestigio della fiera. Me li racconti?

SR: Habitat vede la collaborazione con archivi e artisti per la realizzazione di quattro grandi installazioni ambientali di altrettanti maestri dell’arte italiana, ossia Marina Apollonio, Luciano Fabro, Ugo La Pietra e Nanda Vigo. È il primo anno di un progetto pluriennale che dimostra una specifica ricerca che si è sviluppata in Italia a partire dagli anni Cinquanta e che ha attraversato diverse correnti, tra arte cinetica, spazialismo, arte povera, design. Sono opere di grande importanza accumunate dal fatto di rompere la tradizionale visione frontale dell’opera, invitando il visitatore a immergersi in una nuova dimensione. In Curated by a sei gallerie è stato chiesto di confrontarsi con un curatore di loro scelta per la realizzazione del booth. In questo modo la sezione presenta in modo organico le diverse tipologie di collaborazione che sempre più spesso si hanno tra gallerie e curatori, anche qui aprendo un dialogo tra operatori italiani che internazionali, con curatori non solo del Belpaese ma anche del Medioriente e dell’Africa. 

EB: Parlando di aspetti prettamente commerciali, pensi che il periodo di crisi economica danneggerà le vendite della fiera? Hai discusso con i galleristi per proporre delle iniziative per incentivare le vendite? 

SP: Sicuramente usciamo da un periodo complesso legato alla pandemia in cui però c’è stata un’ottima risposta da parte dei collezionisti e un grande sforzo dei galleristi. Adesso c’è una nuova e diversa sfida all’orizzonte ma come sempre a ogni criticità corrispondono anche delle opportunità. ArtVerona sta lavorando molto, attraverso un team di persone dedicate, sia con il VIP Program, da sempre fiore all’occhiello di ArtVerona, ma anche attraverso l’apertura a nuove partnership con interessanti realtà del mondo produttivo italiano.
Ciò da un lato consente di facilitare la partecipazione di collezionisti e di un pubblico d’interesse per gli espositori; dall’altro consente di allargare di più la platea, verso un mondo di potenziali collezionisti.

Nanda Vigo, Exhibition view Palazzo Reale Milano, 2019 – opere Genesis – ph Marco Poma – Courtesy Archivio Nanda Vigo, Milano

EB: Artverona è sempre stata attenta a intercettare nuove gallerie da presentare – e aiutare -. Quest’anno chi proponete come gallerie di ricerca e sperimentazione? 

SR: Si è vero c’è stata molta ricerca in questo senso e siamo molto soddisfatti della qualità raggiunta quest’anno. L’area ricerca e sperimentazione si compone di ben trentaquattro gallerie. Ci sono diverse new entry come, per esempio Société Interludio di Torino, alla sua prima fiera, Acappella di Napoli, ArtNoble e Candy Snake di Milano, The Address di Brescia, PACT di Parigi, Ravnikar di Lubiana, Firetti di Dubai o Voice di Marrakech, gallerie che ritornano dopo alcuni anni ad ArtVerona come Gallleriapiù di Bologna, UNA Galleria di Piacenza e soprattutto lo “zoccolo duro” di gallerie che hanno già partecipato lo scorso anno e conoscono bene il nuovo corso di ArtVerona.

EB: Da sempre Artverona promuove un proficuo dialogo con la città di Verona. Cosa proponete quest’anno? Ci sono dei nuovi progetti o spazi che presenterete?

SR: Penso che chi sia stato assente da Verona negli ultimi anni possa trovare una città davvero cambiata per quanto riguarda il numero e la qualità delle proposte artistiche legate al contemporaneo. Quest’anno apriremo per la prima volta in occasione di ArtVerona la splendida Casa Museo Palazzo Maffei con il prezioso percorso tra antico e contemporaneo creato da Luigi Carlon nel cuore di Verona. Le opere di artisti giovani e affermati del panorama italiano e internazionale di AGIVERONA sono esposte al polo universitario di Santa Marta. Sarà presentata, con importanti novità, la Collezione De Iorio, ospitata nel Centro Diagnostico Tecnomed di ZAI e nell’adiacente spazio espositivo. Dall’altra parte il programma prevede gli appuntamenti con i Musei Civici, con cui ArtVerona ha siglato un protocollo di collaborazione, dalle performance di Annamaria Ajmone e Claudia Pagès Rabal, al Museo di Castelvecchio dove sabato sera sarà anche presentato il progetto “Remoto” di Giorgio Andreotta Calò appositamente ideato per i Musei Civici di Verona e vincitore dell’avviso pubblico PAC2020 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Apriremo il Museo di Storia Naturale dove ci sarà l’inaugurazione dell’installazione di Luca Petti, Premio Rar, Residenza artistica rurale, 2021. Nella cornice di Palazzo Pellegrini sarà inaugurata la mostra con la collezione di Fondazione Cariverona mentre l’installazione di Gianni Pettena sarà allestita al Cortile del Tribunale. Inoltre sarà visitabile lo spazio e le mostre proposte nel nuovo spazio di Eataly.
Infine aprirà proprio durante ArtVerona lo “Spazio Vitale”, nell’omonima via, interamente dedicato all’arte digitale e nato anche grazie alle connessioni che ArtVerona favorisce tra imprenditori del territorio e gallerie.  Insomma, quest’anno c’è davvero un pieno di novità per chi visita la città.

EB: Durante la pandemia avete lavorato moltissimo per promuovere la vendita online. Ora che siamo tornati ad una quasi totale normalità, pensi che non sia più opportuno puntare sull’online? Perchè?

SR: Quello che ha fatto ArtVerona durante la pandemia è stato quello di creare una presenza e un  vero palinsesto di iniziative online che potesse supplire alla mancanza fisica della fiera senza però sostituirsi a essa, come dimostra il fatto che l’anno di presenza online non è stato conteggiato negli anni della manifestazione. Non è stata né per la fiera né per le gallerie una mera questione commerciale, nonostante ci siano state anche alcune vendite. Tuttavia lo scenario è mutato rapidamente, basti per esempio pensare a come una società e un programma come ZOOM, che è stato importante dopo la pandemia ha visto il valore del suo titolo deprezzarsi del 550%. O ancora a tutte le difficoltà che sta incontrando il progetto del metaverso nonostante le infinite risorse disponibili. Significa che il mondo è ritornato ad avere bisogno di una presenza sociale, di una fisicità biologica che non può essere sostituita in alcun modo. Credo che oggi come oggi, per una manifestazione come ArtVerona, sia importante avere una presenza online ma ci siano altri e diversi strumenti digitali a disposizione che potrebbero essere implementati per rendere la fruizione e il coinvolgimento del pubblico ancora più incisivi e attrattivi.

Luciano Fabro, Nord Sud Est Ovest giocano a Shanghai, 1989-94 – Courtesy Archivio Luciano e Carla Fabro -Galleria Christian Stein, Milano – Photo Agostino Osio
Stefano Arienti – Disegno preparatorio Corso Europa da Gian Battista Piranesi (dettaglio)

Stefano Arienti (Asola, MN, 1961), realizzerà per la Galleria dei Signori di ArtVerona un grande tappeto modulare intitolato Corso Europa (da G.B. Piranesi). Ispirata all’opera del celebre architetto e incisore settecentesco veneto, la strada diventa nelle mani di Arienti una riflessione sul continente europeo, comprendendo tutti gli Stati che hanno fatto parte a vario titolo della sua storia.
L’artista è partito da due incisioni presenti nel primo volume di Le antichità romane di Piranesi, pubblicato nel 1756, che portano entrambe la seguente didascalia: frammenti di marmo della pianta di Roma antica, scavati saranno due secoli, nelle rovine del tempio di Romolo, et ora esistenti nel Museo di Campidoglio. Ritagliando, ruotando e giustapponendo le porzioni di queste immagini Arienti ha riorganizzato i frammenti come se fossero il lastricato di una strada, che può ricordare i basolati romani, ma anche le pietre su cui camminare in un giardino roccioso.

“È rimasto un pizzico di eredità romana – afferma Stefano Arienti – nella cultura e geografia dell’Europa contemporanea, continente dagli incerti confini geografici e culturali in particolare a Est. I nomi degli stati che sono presenti nel continente europeo caratterizzano i massi della strada, ma non c’è un criterio preciso con cui sono disposti, e si orientano diritti rovesci e di traverso, un po’ come le scritte romane già presenti nei frammenti. L’estremo ingrandimento delle immagini originali (entrambe mm 465 x 680) trasforma i pezzi di marmo in giganteschi pietroni su cui si può stazionare anche in un piccolo gruppo e ci si può persino divertire a saltare da masso a masso”.