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Sposare la notte Ep. I – Lucciole a Sacca San Mattia, Venezia

English text below — Testo di Eva Andreato & Greta Mullaj — Nella serata di sabato 7 maggio 2022, a Venezia, si è tenuto l’ Episodio I, il primo dei quattro ecowalk del progetto performativo Sposare la Notte di g. olmo stuppia.Coerente con se stesso e con la sensibilità ibrida che unisce Meridione e Settentrione, […]

g.olmo stuppia, Sposare la Notte, episodio I (Public Program 59. Padiglione Italia della Biennale di Venezia), 2022, ph. E. Andreato

English text below —

Testo di Eva Andreato & Greta Mullaj

Nella serata di sabato 7 maggio 2022, a Venezia, si è tenuto l’ Episodio I, il primo dei quattro ecowalk del progetto performativo Sposare la Notte di g. olmo stuppia.
Coerente con se stesso e con la sensibilità ibrida che unisce Meridione e Settentrione, l’artista ci porta ad esplorare, camminando e navigando, il fondale, le zone proibite della Laguna, trasmettendo alcuni luoghi della provincia diffusa: le periferie dell’ anfibia Venezia, la sua base attuale, e quelle di Palermo, città dei suoi avi.
Il ciclo di quattro appuntamenti nasce fondendo personale biografia e metodologia della deriva situazionista.
g. olmo stuppia sceglie i luoghi ispirato da lunghi momenti di solitudine, da atmosfere tarkowskyiane e dal lavoro del collettivo romano Stalker, mantenendo l’attenzione sull’abuso di potere della cultura industriale verso lo spazio; un abuso che produce forme, immagini, distopie, e che si fonde col reale della società dei giovani gamers psicotici che popolano l’oggi.

La prima performance si è tenuta a Venezia, a piedi e in barca. La partenza del primo Episodio avviene ritrovandosi al famoso Bar Fifo in Fondamenta dei Ormesini. Aiutato dai suoi amici, l’artista sequestra gli smartphone a tutti i presenti ed espleta un’ archiviazione poetica di tutte le impronte digitali dei presenti con firma annessa.

L’ ecowalk inizia nel tardo pomeriggio con una deriva a piedi nel Sestiere di Cannaregio, in Baia del Re (Sacca San Girolamo), che con le sue case popolari anni ‘50 costituisce uno dei primi e più simbolici abitati moderni di Venezia. Propaggine artificiale di una barena e costruzione del 1959 che si unisce ai corpi e ai volumi progettati dal Ventennio fascista. Il cammino approda ad un appartamento operaio in Calle Ferau (Baia del Re). Sopra, all’ultimo piano,  g. olmo stuppia fa trovare (dopo quattro piani di scale e dividendo le persone cinque alla volta) un’installazione realizzata con il consueto accostamento di oggetti significativi, attraverso i quali egli costruisce uno spaccato di vita quotidiana di un possibile inquilino: l’aroma di caffè in ebollizione avvolge lo spazio del divano, sul quale si raccolgono ciabatte, giornali e libri consumati, specchi sporchi di lubrificante anale, sigari iniziati e mai finiti. 

Su una sedia – sformata ancora dalla presenza di un incallito lettore – spunta un catalogo orizzontale dal quale emerge un testo spedito da Gian Maria Tosatti a g. olmo stuppia in occasione dell’happening di quest’ultimo a Bologna: Atomic Blondie: festival della Divina Casa. E’ un testo sulla casa in cui abitare, di cui un estratto:

Email da Gian Maria Tosatti a g. olmo stuppia del 29 nov. 2015: 
[…]
…E’ da quando sono ragazzino che sogno di costruire una casa per metterci dentro le persone che mi piacciono. All’inizio erano i “migliori amici” che si hanno da bambini. Adesso progetto di costruire una specie di Neverland con dentro tutte le mie persone di riferimento, da Maddalena, la fotografa che lavora con me, a Rosa la fornaia dove compro il pane. Forse la ragione è che non ci sono più gli amici da metterci dentro. La realtà è che quando arriveremo a costruire davvero una casa non ci sarà più nessuno. Saremo del tutto soli, come il protagonista di quel pezzo di Leonard Cohen…”Famous Blue Raincoat”. E nemmeno ci ricorderemo di quelli che avremmo voluto mettere nella casa in mezzo al deserto che ci staremo costruendo. Qualcuno che ancora, per caso, o “distrattamente”, come dice un’altra famosa canzone napoletana, penserà a noi, immaginerà di dirci…«I hope you’re keeping some kind of record»…

Con il calare del buio, la sessantina di partecipanti arriva al benzinaio IP di Baia del Re; da lì due imbarcazioni (con tre viaggi diversi) li sbarcheranno, attraversando la Laguna in direzione Aeroporto Marco Polo, virando sopra le secche, sulla spiaggia artificiale di Sacca San Mattia (isola artificiale iper inquinata attaccata a Murano). Il luogo è interdetto al transito e composto da detriti e scarti delle celebri vetrerie muranesi, che producono piombo, vetro e oggetti d’arte dal 1291. 
In quest’area del globo sono stati inventati i primi occhiali da vista e le prime finestre per come oggi le conosciamo. L’isola artificiale di Sacca San Mattia ci spedisce in un futuro prossimo: i cocci metaforici della nostra civiltà si inverano nelle forme aguzze dei vetri sparsi tra le plastiche, i rovi, le bottiglie, una carcassa di uno scafo e centinaia di conigli che saltellano lontano nelle tenebre. 

Sacca San Mattia è dominata da un carroponte abbandonato, destinazione ultima (e imprevista) del primo Ecowalk. 
L’ esplorazione e la raccolta di “archeologie” (ad ogni partecipante è stato donato un kit di raccolta per i vetri e i teschi di coniglio) avviene in spiaggia e lungo tutto il perimetro dell’Isola che i partecipanti esplorano in silenzio e dove, con l’aiuto di piccole torce – che da lontano appaiono come lucciole tra le immondizie – raccolgono scarti ora divenuti tesori. Preziosità che saranno poi catalogate dall’artista in una sorta di liturgia laica. 
Letture poetiche si alternano a momenti di silenzio per ascoltare la Laguna, la fauna dell’isola, ma anche i rombanti decolli dal poco distante aeroporto Marco Polo di Tessera. I fasti di un’epoca narrativa – che abbiamo riempito di cocci e particolato – come segnala la simulazione di ARPAV non sono solo rifiuti visibili quelli che vengono immessi in Laguna, ma anche polveri da taglio e lavorazione del vetro LINK – prima che l’umano venga sommerso per rinascere ancora. 

Lucciole a Sacca San Mattia (Venezia) con g. olmo stuppia 
Progetto: Sposare la notte, ecowalk a Venezia e Palermo
coordinamento: Adriana Rispoli  
artista: g. olmo stuppia
data 7 maggio
altri ecowalks: 10 giugno e 9 settembre (Palermo), 22 ottobre Venezia 
Venezia e Palermo , parte del Public Program del 59° Padiglione Italia
notteecomete.it/public-program/

g.olmo stuppia, Sposare la Notte, episodio I (Public Program 59. Padiglione Italia della Biennale di Venezia), 2022, ph. E. Andreato

Lucciole at Sacca San Mattia, Venice, by g. olmo stuppia 

Text by Eva Andreato & Greta Mullaj

On the evening of Saturday, May 7 2022 in Venice, the first Walkscape took place, the first of the four walkscape events of the performative project called To marry the Night by g. olmo stuppia
Consistent with himself and with the hybrid sensibility uniting Southern and Northern Italy, he guides us to explore, by walk and navigation, the seabed, the forbidden zones of the Lagoon, broadcasting some places of the diffuse province: the peripheries of the amphibious Venice, his current base, and those of Palermo, the city of his ancestors. The project was born by merging the personal biography and the situationist drift. 
g. olmo stuppia chooses the places where the project take place by getting inspired by long moments of solitude, Tarkowskyian atmospheres and the work of the roman collective Stalker, keeping the focus on the abuse of power of the industrial culture towards space; an abuse that produces forms, images, dystopias, and that merges into the reality of the psychotic young gamers’ society  that is common today. 

The first performance was held in Venice, by walking and by boat. The departure of the first episode started from the famous Bar Fifo (Fondamenta Ormesini). Aided by his friends, the artist seizes smartphones from everyone present and performs a poetic archiving of all the fingerprints of those present with signature, actions that occur to consciously raise the participants’ awareness toward the ritual that is about to be performed. 
The ecowalk begins in the late afternoon with a drift walking in the Sestiere of Cannaregio, in Baia del Re, which with its 50th’s houses constitutes one of the earliest and most symbolic working-class dwellings in Venice, as an artificial extension of a sandbar and a 1959 construction that joins the bodies and volumes designed by the twenty years of Fascism. 
The path leads to a working-class apartment at Calle Ferau (Baia del Re). Above, on the top floor, g. olmo stuppia has people find (after four floors of stairs and dividing people five at a time) an installation made with the usual juxtaposition of significant objects, through which he builds a cross-section of a possible tenant’s daily life: the aroma of boiling coffee envelops the space of the sofa, on which slippers, worn newspapers and books, mirrors soiled with anal lubricants, cigars started and never finished are collected. On a chair – unmolded still by the presence of an inveterate reader – sprouts a horizontal catalog from which emerges a text sent by Gian Maria Tosatti to g. olmo stuppia on the occasion of the latter’s exhibition in 2015: Atomic Blondie: festival della divina casa (of the Divine Home). It is a text about the house to live in, of which an excerpt: 

…Ever since I was a kid, I have dreamed of building a house to put people I like inside.
At first it was the ‘best friends’ you have as a child.
Now I plan to build a kind of Neverland with all my reference people in it, from Maddalena, the photographer who works with me, to Rosa the baker where I buy bread.
Maybe the reason is that there are no more friends to put in it. The reality is that when we get to actually build a house, there will be no one left. We will be utterly alone, like the main character in that Leonard Cohen song, “Famous Blue Raincoat.
Nor will we remember those we would have liked to put in the house in the middle of the desert that we are building there.
Someone who still, by chance, or ‘absent-mindedly’, as another famous Neapolitan song says, will think of us, imagine saying to us… “I hope you’re keeping some kind of record”…

As darkness falls, the sixty or so participants arrive at the IP gas station in Baia del Re; from there two boats (with three different journeys) will disembark them, crossing the Lagoon in a northerly direction, on the beach of Sacca San Mattia (Murano’s hyperpolluted artificial island). The place is interdicted to transit and composed of debris and waste from the famous Murano glassworks, which have been producing lead, glass, and art objects since 1291. This area of the globe is where the first eyeglasses and windows as we know them today were invented. The artificial island of Sacca San Mattia sends us into the near future: the metaphorical shards of our civilization are inverted in the sharp shapes of glass scattered among the plastic, brambles, bottles, a hull carcass and hundreds of rabbits hopping far into the darkness.
Sacca San Mattia is dominated by an abandoned crane, the ultimate (and unexpected) destination of the first Ecowalk. Exploration and collection of “archaeologies” (each participant was given a collection kit for glass and rabbit skulls) takes place on the beach and around the perimeter of the Island, which participants explore in silence and where, with the help of small flashlights -which from afar appear like fireflies among the garbage- they collect scraps that have now become treasures. Treasures that will then be catalogued by the artist in a sort of secular liturgy; poetic readings alternate with moments of silence for listening to the Lagoon, the island’s fauna, but also the roaring takeoffs of low-cost flights from the nearby Marco Polo airport in Tessera. The glories of a fictional era, before the human world is submerged altogether to be reborn again.

g.olmo stuppia, Sposare la Notte, episodio I (Public Program 59. Padiglione Italia della Biennale di Venezia), 2022, ph. E Andreato