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Quarantaine, Georgina Starr | Pinksummer – Genova

Testo di Arianna Maestrale — Une quarantaine è un periodo specifico descritto dalla mitologia celtica. Si dice che corrisponda ai quaranta giorni precedenti al primo plenilunio di primavera, quasi adiacenti alla quaresima che precede la Pasqua nella liturgia cristiana. Per i celti, durante une quarantaine gli spiriti possono popolare la terra e vivere tra i […]

Georgina Starr “Quarantaine”, 2019 Film, 43’ Courtesy l’artista e Pinksummer

Testo di Arianna Maestrale

Une quarantaine è un periodo specifico descritto dalla mitologia celtica. Si dice che corrisponda ai quaranta giorni precedenti al primo plenilunio di primavera, quasi adiacenti alla quaresima che precede la Pasqua nella liturgia cristiana. Per i celti, durante une quarantaine gli spiriti possono popolare la terra e vivere tra i mortali. Da questa suggestione nasce l’idea di Quarantine, film diretto da Georgina Starr e prodotto da Film and Video Umbrella, girato in tempi pre-pandemici, ultimato all’alba del 2020; di cui la galleria genovese Pinksummer ha ospitato la première lo scorso giovedì 5 maggio.

Quarantaine dunque non è un riferimento alla quarantena che abbiamo conosciuto forzatamente nell’ultimo periodo ma è un riferimento al mito e all’alchimia, noti interessi dell’artista. Quarantaine —della durata non casuale di 40 minuti — è come una bolla temporale che ci apre a una dimensione iniziatica, è un percorso non lineare che tracciamo insieme alle due protagoniste e che ci scuote profondamente nella percezione e cognizione profonda che abbiamo a proposito di essere donna. 

Notiamo che le due protagoniste, V e L, sono mosse da interessi differenti e ciascuna di loro segue con fermezza la sua convinzione: V, la ragazza con il giubbotto di pelle, è una ribelle in lotta contro il sistema; L invece, immersa nella lettura di Traité methodique de magie pratique (Papus), è in cerca del miracoloso e lo invoca pronunciando una formula numerica (six six nine nine). Le due donne uniscono così le loro strade, formando metaforicamente quella Y (o meglio ancora, quella V) che torna frequentemente nel lavoro di Starr, inoltrandosi senza possibilità di ritorno all’interno di un tronco d’albero nel parco. Come a dire che che la via è sempre una sola, data dal raccordo di più e differenti strade, purché mosse da una ricerca sincera e dalla volontà di attraversare il portale magico andando incontro a quanto è impossibile prevedere.

Da qui assistiamo a un turbinio di simboli e gesti redivivi nell’evocata dimensione rituale: ciò che vediamo e compartecipiamo nel “grey” cube di Pinksummer, foderato di calda moquette per fruire al meglio della proiezione, è un viaggio iniziatico di matrice onirico-linguistica. È una bolla d’aria nella quale facciamo esperienza di un peso corporeo diverso e scopriamo l’ambivalenza tra la necessità e l’inutilità del linguaggio, dei simboli, delle convinzioni.

Veduta Allestimento: Georgina Starr Watercolours on papers Cm 40 x 31,5 x 1 2013 Photo: Alice Moschin Courtesy l’artista e Pinksummer

Attraversato il portale magico dell’albero nel parco, le due giovani donne vengono a trovarsi nella stanza grigia, una sorta di limbo o purgatorio in cui aspettano il loro turno al cospetto dell’istruttrice Pearl Mama One per farsi leggere i tarocchi (che Pinksummer — nella stanza adiacente — espone nei disegni china e acquarello originali dell’artista e nell’edizione pubblicata ad hoc). La lettura dei tarocchi è muta, infatti siamo nella prima fase del viaggio che è principalmente visiva; successivamente, attraverso la porta nel muro con la rappresentazione del bosco intricato e la porta-orecchio all’interno della quale si inseriscono le due protagoniste, il percorso si dipana tra la stanza della luce, la stanza dell’orecchio e la stanza delle tende, per finire poi espulse da una porta rosso acceso con scritto “women”. 

Quel che accade all’interno delle stanze, rappresentato dall’azione delle due donne e del resto delle educande, è quanto di più vicino possiamo trovare per la definizione di “esercizio”: ovvero, quella pratica ripetitiva del corpo e della mente che necessita della teoria e del linguaggio per essere codificata e compresa, ma che il suo scopo primario è dar luogo all’inaspettato e dinamico risultato della pratica. Forse, tutto sommato, non è poi così determinante riconoscere nei movimenti delle donne quali siano gli esercizi di benessere e purezza spirituale degli antichi manoscritti cinesi Daoyin Tu, quali i movimenti insegnati da Kodal, Orff e Keetman o da altri luminari di pedagogia, teatro, misticismo ed esoterismo. Non serve neanche più individuare gli scopi o le conseguenze dirette di certe posture o gesti delle mani, delle posizioni, dei colori, dei simboli.

Georgina Starr a proposito di Quarantaine dice che sopra ogni cosa il suo interesse è sondare come l’ascolto e l’osservazione possano trarre segnali indipendentemente dal significato linguistico. I suoni al di là delle parole (aggiungerei anche le immagini al di là delle rappresentazioni) sono la vera magia: i segni al di là dei significati, come nei sogni — non a caso — come nelle estasi mistiche. Ecco perché vediamo fondersi insieme le masse dei corpi nudi delle donne con la massa dell’orecchio-portale, perché parliamo di una sola unica materia che riceve e che dà, che è contemporaneamente attiva e passiva, e se ci riferiamo all’antica filosofia taoista o allo šivaismo induista troviamo conferma di un mondo scevro dalla logica parmenidea su cui è basata ahinoi la cultura occidentale della non-contraddizione. Un mondo di sola vibrazione e energia.

SPLITZING – Georgina Starr – Opera su carta

Il portale è l’accesso da oltrepassare senza timore: si nota bene nel film la sovrapposizione dei due livelli che vedono sempre il portale come la cavità bestiale e spaventosa entro cui addentrarsi: da una parte è la dimensione del viaggio iniziatico dell’essere donna; dall’altra è la donna stessa, la vagina. Con questa sovrapposizione apparentemente contraddittoria sembra che Starr voglia ricordarci la magia dell’ambivalenza, e il mistero della vita di cui il corpo — specialmente quello femminile — è sia causa e risultato materiale che veicolo ed emblema. 

Le uova svuotate e le bolle di chewing gum rappresentano le cavità apparentemente inesplorabili, quel tutto assoluto, che è possibile sondare solo esteriormente. Il Pink Ursula Material invece sembra sia l’esatto opposto, la materia incontrollabile e sacra, disgustosa e indefinibile dell’interno, ciò che in definitiva rappresenta meglio l’auto-consapevolezza interiore che hanno sviluppato le educande nei quaranta minuti del film prima di venire espulse nuovamente nel mondo delle parole e dei significati per tornare ad essere definite “women” ma con un’altra coscienza, forse.

Fotografia e costumi da filmografia anni ’60/’70 rendono l’estetica del film di Starr contemporaneamente attraente dal punto di vista estetico e tricky dal punto di vista concettuale: non capiamo, infatti, se la rappresentazione vuole essere filologica con le pratiche di auto-consapevolezza femminile della seconda ondata o vuole riportarne certe suggestioni adattandole all’oggi. Data la portata fortemente mistica e a-temporale dell’opera viene da pensare che l’estetica retrò (da sempre presente nel lavoro dell’artista) sia l’elemento pop fortemente voluto e attentamente studiato per lavorare sulle immagini più che sui concetti. Va ripetuto, in conclusione, che Quarantine sembra proporsi come un’opera sul femminismo dall’intensa portata spirituale, che per la grandezza dell’afflato mistico rende di minore importanza l’aspetto sociale, politico e storico della condizione femminile, assurgendo a unico protagonista il corpo nell’esperienza della donna e le ricerca ascetica di ogni sua possibilità energetica.

Così afferma Starr: «Alla fine di Quarantine V e L vengono espulse attraverso la porta rossa brillante etichettata “Donne”. Il significato di questa violenta espulsione è sfaccettato — chi e cosa sono diventate? Si potrebbe rimuginare per ore su ciò che rappresenta questa uscita finale. Se si ascolta abbastanza intensamente, si possono sentire alcune parole pronunciate da L nell’orecchio di V – questo potrebbe contenere qualche indizio».

Veduta Proiezione: Georgina Starr “Quarantaine”, 2019 Film, 43’ Photo: Alice Moschin Courtesy l’artista e Pinksummer
TWO OF BRAINS – Georgina Starr
Georgina Starr “Quarantaine”, 2019 Film, 43’ Courtesy l’artista e Pinksummer