Testo di Vania Granata —
Il MACA, Museo dell’Arte Contemporanea dell’Accademia di Frosinone, ospita sino al 01 aprile 2022, Tevere Expo di Iginio De Luca, progetto risultato tra i vincitori del concorso pubblico Cantica 2021 (collaborazione tra MAECI e MiC a sostegno della divulgazione dell’arte contemporanea italiana nel mondo).
La mostra, a cura di Sabrina Vedovotto e Pietro Gaglianò, focalizza la densa complessità concettuale della ricerca dell’artista incentrandosi sull’estetica liminale e periferica di cartelloni pseudo-pubblicitari prodotti dall’autore lo scorso aprile 2021, in occasione di un’affissione urbana a Roma.
Nell’allestimento delle foto en affiche campeggiano i solitari ritratti dei detriti che il Tevere rilascia affiorare durante l’andamento stagionale delle sue acque, la sua deriva dantescamente infernale e straordinariamente poetica. Sono immagini paradossali ed inquietamente immobili; osservandole non sappiamo dire se emergano o stiano per scomparire.
Come testimoniano il video dall’artista e il libro di scatti del fotografo Luis Do Rosario in esposizione, la genesi del lavoro di affissaggio urbano è frutto di un percorso progettuale esteso nel tempo.
Iginio De Luca ha seguito infatti ricorsivamente la vita del Tevere e le sue maree, ne ha percorso da flaneur il perimetro e ha documentato per scatti fotografici la natura dicotomica – magnificente e negletta a un tempo – del fiume simbolo della storia di Roma e sineddoche del suo degrado.
A tal riguardo bisogna sottolineare come l’azione urbana (spesso abusivamente perpetrata come, ad esempio, nei suoi blitz) e la scelta di utilizzo dell’insegna pubblicitaria stradale con ironica e polemica inversione di segno per sabotarne l’esito comunicazionale sia tipica nella sua poetica.
È infatti proprio la finestra-promozionale il medium attraverso cui l’autore fa acquisire ai relitti di biciclette, coperte, cerchioni e mattoni una natura lirica liminale ed inversa al proprio destino di scarto; nulla di strano a pensarci bene, gli scatti che De Luca propone sono potenti e accattivanti, come solo la pubblicità sa essere.
Ready-made rettificati dalla patina dell’acqua e dall’oblio, accomunati dal destino di essere stati gettati dopo l’uso, essi denunciano, silenti e immobili come Pasquino, la più grande discarica abusiva romana: il biondo Tevere e la sua immobile natura morta.
Sugli argini del Tevere, si sciorina e scorre la vita reale fatta di bikers solitari e famigliole da domenica ecologica, di sacchi a pelo abbandonati, senzatetto e marchette che, come papere e topi, ne condividono l’habitat.
Dall’alto dei cartelloni promozionali fa eco la poetica bassa ed oscura della natura sub-cittadina e paradossalmente periferica del fiume; dai sedimenti segretati e svelati nell’immondezzaio del Tevere si ridicolizza, ma emerge, il carattere post-kitsch del circo estivo di bancarelle e localini baraccato sulle sponde cui il titolo fa la linguaccia: TevereExpo.
Se si guarda inoltre al significato solo letterale che tale denominazione ostenta, si può comprendere come proprio al letto del fiume l’autore riservi il ruolo di reale epicentro espositivo il cui drammatico e struggente flusso di immagini irradia dilatato nello street-allestimento cittadino a raggiungere in percezione distratta le nostre coscienze.
Una propagazione che, accolta in collezione dal museo MACA, riverbera decuplicata per le vie della città di Frosinone dove un cartellone spot di grandi dimensioni riporta l’immagine di uno dei manifesti installato a Roma a fine aprile 2021.
Ieri nella capitale, oggi nel Lazio e a luglio in Indonesia, a Jakarta, ecco il progetto Tevere Expo di Iginio De Luca: una narrazione proiettata nello spazio e nel tempo dove l’azione urbana concettuale si sovrappone e confonde nella forma aperta di una mostra diffusa.