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Eugenio Tibaldi. Architetture dell’isolamento | Tenuta dello Scompiglio, Vorno

Il fortuito ritrovamento del patrimonio di ricordi e di oggetti compulsivamente accumulati nel lungo auto-esilio di uno sconosciuto offre all’artista la possibilità di una nuova riflessione sul tema del margine, fisico ma anche culturale e psicologico, da sempre al centro della sua ricerca.
Eugenio Tibaldi Architettura dell’isolamento 01 materiali vari, suono, luce dimensioni site specific 2021 courtesy l’artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio foto di Lorenzo Morandi
Eugenio Tibaldi Particolare da: Architettura dell’isolamento 01 materiali vari, suono, luce dimensioni site specific 2021 courtesy l’artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio foto di Lorenzo Morandi

Testo di FEDERICO ABATE

Nella suggestiva cornice della Tenuta dello Scompiglio di Vorno (LU) si tiene fino al 27 febbraio la mostra personale di Eugenio Tibaldi (Alba, 1977) Architetture dell’Isolamento, a cura di Angel Moya Garcia. Un titolo doppiamente emblematico per un progetto che ha preso forma a partire dal materiale trovato nell’appartamento di Torino in cui l’artista è andato ad abitare. La dimora è appartenuta in precedenza ad una persona che aveva deciso di estraniarsi dal mondo esterno per gli ultimi dieci anni della propria vita, progetto sviluppatosi però al contempo proprio negli anni della pandemia, quando Tibaldi stesso si è dovuto confrontare con il lockdown imposto dall’emergenza sanitaria. Così il fortuito ritrovamento del patrimonio di ricordi e di oggetti compulsivamente accumulati nel lungo auto-esilio di questo sconosciuto offre all’artista la possibilità di una nuova riflessione sul tema del margine, fisico ma anche culturale e psicologico, da sempre al centro della sua ricerca. Una riflessione resa tanto calzante dalla simmetria tra osservatore e soggetto osservato, che resta anonimo, perché poco importa conoscerne i dati anagrafici se il suo vissuto può essere dissezionato mediante ciò che si è lasciato alle spalle quando alla fine, nella morte, ha dovuto abbandonare la vita terrena. Il suo ormai inerte deposito di cose viene manipolato e riattivato dal dialogo asincrono con l’artista. 

Per accedere alla mostra il visitatore scende al piano interrato dello Spazio Performatico ed Espositivo della Tenuta e si accinge inconsapevolmente ad una catabasi che lo condurrà fin nelle profondità di una mente a lui sconosciuta. Subito si trova costretto a addentrarsi in Architettura dell’isolamento 01, una profondità in penombra che squaderna sulle pareti e sul pavimento gli oggetti più svariati, una Wunderkammer parossistica che ripercorre i viaggi e le conoscenze, le passioni e i turbamenti di un uomo. L’occhio vaga, in preda ad un sovraccarico di informazioni: lettere, mappe geografiche, libretti di ricordo di defunti, carte da gioco, foto di famiglia e diapositive di viaggio, spartiti musicali, modellini di aeroplani e di carri armati, copertine di VHS si susseguono in modo sistematico, secondo un principio ordinatore ossessivo e distorto. L’impressione che se ne ricava è quella di uno specchio frantumatosi a terra in una miriade di schegge, non più in grado di restituire la forma conchiusa e razionale di un volto, di un’identità. 

Il visitatore avanza nello spazio sempre più opprimente e claustrofobico e infine è costretto a chinarsi per proseguire. Si ritrova in un grande ambiente e davanti a lui si innalza imponente una selva di rami che, contro ogni aspettativa, si dipartono da una sedia da scrivania (Symposium). Su di essi stazionano centinaia di uccelli di carta e altrettanti si assiepano a terra, ormai liberi dalla costrizione delle pagine di uno dei volumi della libreria del defunto. Il legno e la carta sono in preda ad un processo di regressione dalla cultura alla natura, dalla morte alla vita. Un faro getta l’ombra di quest’albero del sottosuolo sulla parete di fondo e una luce così forte e contrastata appare al visitatore quanto mai straniante dopo il percorso appena compiuto; capisce di avere varcato la soglia della surrealtà, di essere rinato in un mondo di associazioni intuitive ancorate al subconscio di due menti, quella del proprietario degli oggetti e quella dell’artista, ormai sovrapposte e fuse tra loro.

Eugenio Tibaldi Isolation landscape 01 libreria scolpita, spada, camicia medaglie militari 320x180x40, 2021 courtesy l’artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio foto di Lorenzo Morandi
Eugenio Tibaldi Symposium sedia, rami, uccellini di carta dimensioni site specific 2021 courtesy l’artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio foto di Lorenzo Morandi

Sulla destra staziona una libreria piena di volumi disposti ordinatamente (Isolation landscape 01). Ad una sua estremità è conficcata una spada con appesa una camicia che fa bella mostra di molte medaglie, alludendo all’ossessione del proprietario per il mondo militare. Girando intorno alla libreria si scopre che i libri sono stati scavati dal retro a delineare ad altorilievo il profilo di una montagna, simbolo archetipico di conoscenza e di tensione verso l’Assoluto, come se la libreria fosse una finestra affacciata su un altrove forse geografico, forse spirituale.

Sul lato opposto si dispiega l’opera monumentale Democratization of the human defect 01/199, composta da 199 incisioni di castelli del Piemonte (un proliferare di “finestre” che satura il campo visivo) a cui l’artista ha aggiunto ad acquerello le sagome di variopinti giocattoli sessuali: mostri mastodontici che si librano in aria, che si stendono come colonne di templi caduti o che abbracciano con i loro orifizi le torri virili degli edifici. Simboli di potere e di piacere si intrecciano, si accarezzano, si compenetrano in paesaggi conturbanti della psiche, di una nuova psiche compartecipata dal soggetto e dall’artista. 
L’isolamento, volontario o forzato che sia, stimola il bisogno di nuovi panorami ed è così che l’essere ibrido artista-soggetto progetta un vero e proprio dispositivo di creazione di paesaggi (Landscape creator): da in filo teso tra da due pile di oggetti eterogenei pendono venti bicchieri che contengono al loro interno del vino, destinato ad ammuffire con il procedere della mostra e quindi a formare sempre diverse orografie organiche, che si offrono alla contemplazione. Nuovamente, dall’inerte rinasce la vita.
Infine, in Isolation landscape 02 le enciclopedie conservate nell’appartamento vengono disposte a ferro di cavallo e scolpite a formare il profilo delle montagne visibili dalla finestra dell’appartamento stesso, unico contatto con l’esterno concesso da una vita di segregazione. Di nuovo un faro illumina l’installazione e così l’ombra delle Alpi si staglia immensa su tre pareti della stanza. Per un gioco di riverberi di luce pare che alle spalle dei monti incorporei stia sorgendo un sole sconosciuto.

Ormai egli stesso bisognoso di rivedere il cielo, il visitatore risale e torna alla realtà. Lo accoglie la visione liberatoria della collina della Tenuta con i suoi trecento ettari di verde. Se deciderà di avventurarsi per i sentieri tortuosi che gli si dispiegano davanti, avrà forse la possibilità di imbattersi in un’altra opera di Tibaldi, Sunday Lunch (la quale va ad aggiungersi alle opere permanenti di plurimi artisti disperse nel parco e negli edifici della Tenuta): i rami di un albero sostengono 250 calici destinati ad essere colmati dalla pioggia e svuotati dal sole, respirando al ritmo del bosco. Una particella di surrealtà è tracimata al di fuori del sogno.

Eugenio Tibaldi Veduta di insieme della mostra Architetture dell’isolamento courtesy l’artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio foto di Lorenzo Morandi
Eugenio Tibaldi Landscape creator materiali vari, vino 250x120x50 courtesy l’artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio foto di Lorenzo Morandi
Eugenio Tibaldi Veduta di insieme della mostra Architetture dell’isolamento courtesy l’artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio foto di Lorenzo Morandi
Eugenio Tibaldi Isolation landscape 02 enciclopedie scolpite, luce 300x100x200, 2021 courtesy l’artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio foto di Lorenzo Morandi