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— VISIONI — L’importanza dell’espressione visiva | Intervista a Carlo di Biase

Sara Benaglia + Mauro Zanchi: Lavori nell’educazione, come guida, per l’apprendimento della lingua dei segni e sei docente di storia dell’arte nella scuola media. Che tipo di limiti porta in questi diversi ambiti il non riconoscimento della LIS come lingua autonoma? Carlo di Biase: Prima di tutto va detto che l’Unione Europea aveva promosso il […]

Carlo di Biase al Museo BEGO – Benozzo Gozzoli di Castelfiorentino

Sara Benaglia + Mauro Zanchi: Lavori nell’educazione, come guida, per l’apprendimento della lingua dei segni e sei docente di storia dell’arte nella scuola media. Che tipo di limiti porta in questi diversi ambiti il non riconoscimento della LIS come lingua autonoma?

Carlo di Biase: Prima di tutto va detto che l’Unione Europea aveva promosso il riconoscimento della lingua dei segni già dal 1983 e che aveva incitato gli Stati membri ad attivare il riconoscimento delle rispettive lingue dei segni. Molti Stati nell’Unione Europea già lo hanno fatto, in Italia invece è da anni che tale riconoscimento è discusso ma non attuato. Negli Stati in cui le lingue dei segni sono state riconosciute i limiti derivanti dall’uso delle stesse sono stati ridotti. Il riconoscimento di una lingua dei segni implica difatti la predisposizione di servizi adeguati per le persone sorde; per esempio che in tutti i musei i progetti di accessibilità per le persone sorde siano finanziati dallo Stato in quanto forma di tutela di una minoranza. Il fatto che in Italia la LIS non sia riconosciuta comporta dei limiti nella realizzazione di questo tipo di progetti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Il non riconoscimento della LIS comporta limiti anche nell’ambito delle guide turistiche, le quali per obbligo dovrebbero avere conoscenza di diverse lingue, però tra queste non è inclusa la Lingua dei Segni, proprio a causa dell’assenza di un riferimento di legge. 
Lo stesso vale per l’ambito scolastico: gli studenti sordi e le famiglie che hanno figli sordi, dovrebbero poter scegliere liberamente la LIS come strumento di comunicazione. Il fatto che non ci sia una legge in Italia che riconosca la LIS costituisce un limite importante per tale scelta. Questa situazione limita inoltre la possibilità di inserire a scuola figure come gli educatori sordi o addirittura docenti di materia sordi, che favoriscano l’inclusione degli studenti sordi, insegnando a tutti gli studenti la LIS o gli stessi contenuti scolastici in lingua dei segni, creando un reale contesto di bilinguismo. Non essendoci un riferimento di legge che stabilisce che la lingua dei segni sia riconosciuta, diciamo che ognuno fa un po’ come vuole. Come conseguenza le persone sorde sono meno tutelate.
A livello pratico, all’interno della scuola e dei musei si può dire che in genere l’inclusione della lingua dei segni è spesso il risultato di progetti locali, di enti, associazioni, comuni, province e o Regioni. Ma si tratta di casi isolati, non diffusi uniformemente in tutta Italia e dai risultati qualitativi diversi. 
Nei musei in quest’ultimo periodo, e in particolare a seguito delle limitazioni di fruizione legate al Coronavirus, c’è stata un’esplosione di progetti legati alla Lingua dei Segni nati con l’obiettivo di dare servizi alle persone sorde. Sono quindi aumentate notevolmente le richieste di progetti in questo ambito, ma ci sono limiti di tipo qualitativo. Per esempio si stanno sviluppando moltissimi video online, ma spesso essi hanno un limite di qualità linguistica. La forma della LIS che viene utilizzata è spesso povera o imprecisa. Una guida udente per avere un patentino deve essere competente, dal punto di vista linguistico, nella propria lingua. Non deve produrre delle frasi, dei racconti “arrangiati” in un italiano approssimativo o in una forma imperfetta della lingua che sceglie di utilizzare. Invece in lingua dei segni purtroppo questo non accade: molti video, messi in rete e realizzati anche da Istituti ed Enti, sono approssimativi.   
Se la situazione del riconoscimento della LIS si sbloccasse, sarebbe più facile formare professionalmente sia le persone sorde sia tutti coloro che lavorano con esse in ambito educativo e culturale.

SB + MZ: Rispetto a questa scarsa qualità della lingua, potresti fare un esempio terminologico concreto?  Per esempio, quale è la storia  del segno LIS per “Medioevo”?

CDB: Alcune parole in italiano molto spesso vengono tradotte in LIS seguendo la forma utilizzata nella prima lingua. Per esempio, la parola “Medioevo” in LIS molto spesso è stata tradotta letteralmente come “età di mezzo”, come “medio” ed “evo”. Questa traduzione non rispetta le caratteristiche culturali e linguistiche della Lingua dei Segni: ci sono, infatti, in LIS caratteristiche linguistiche che qui non sono rispettate. I due segni associati “medio” e “evo” non possono essere considerati come un codice unico, come un unico segno. Essi sono infatti eseguiti entrambi in forma completa, proprio come fossero due segni distinti, e non associati con un movimento che li renda un unico segno composto. Le persone sorde in realtà utilizzavano già un proprio segno per “Medioevo” che si esegue piegando un braccio orizzontalmente di fronte al petto con la mano estesa mentre con l’altra mano in posizione verticale (con le dita rivolte verso il basso) si segna un semicerchio davanti ad esso. Questo segno rimanda concettualmente all’idea di Medioevo come periodo di declino storico. Ma dobbiamo stare attenti anche all’uso di una stessa parola in contesti diversi, per esempio architettonico o artistico. “Medioevo” eseguito piegando un braccio orizzontalmente di fronte al petto con la mano estesa mentre con l’altra mano si disegna un semicerchio davanti ad esso, ma con la mano in posizione orizzontale, fa riferimento invece alle maniche larghe tipiche dell’abbigliamento medioevale o allo scudo dei cavalieri. Per cui se stiamo spiegando in un’opera pittorica l’uso di certi indumenti medievali o i costumi e la cultura di quel periodo possiamo utilizzare questo segno. Ma nel contesto architettonico questo segno non va bene. L’architettura medievale tipica sono i castelli con i merli sulle torri, per cui il segno più adeguato somiglia ai merli della torre. Se io dicessi, per esempio, “vado a visitare un borgo medievale” usando per “medievale” il segno di “età di mezzo” o il segno che fa riferimento al periodo di decadenza o ai costumi starei usando male la LIS dal punto di vista linguistico, limitando anche la comprensione di ciò che sto comunicando alle persone sorde. Per questo bisognerebbe curare maggiormente la formazione delle persone che fanno da guida, siano esse sorde o udenti. Diciamo che le persone sorde che utilizzano quotidianamente la LIS in genere sanno usare in maniera più adeguata i segni, mentre capita che persone udenti interpreti o guide sorde o udenti che conoscono la lingua dei segni, ma non la usano frequentemente in ambito artistico, non sapendo quali segni utilizzare, improvvisino inventando o facendo un uso eccessivo della dattilologia e in quel caso è facile che ci siano delle difficoltà di comprensione dei contenuti. A questo riguardo ritengo che un progetto importante sia stato avviato dall’Associazione The Blank con il LIS Project. Proprio al fine di evitare le difficoltà che ho indicato, l’associazione ha deciso di formare mediatori culturali in Lingua dei Segni sordi e udenti, in modo che i contenuti culturali esposti non siano mai tradotti simultaneamente ma esposti direttamente nella lingua scelta dalla guida. Il tutto sotto la supervisione di un professionista sordo competente in LIS, e ovviamente anche in arte. 

SB + MZ: Negli ultimi 50 anni la situazione sociale ed educativa delle persone sorde è cambiata. Un tempo esse venivano inserite in istituti speciali in cui avevano un programma non condiviso in tutta Italia. Le lezioni non erano in LIS ma in lingua parlata e scritta in italiano. La lingua dei segni non era usata nel contesto didattico ma solo in situazioni informali. Dal 1977 i sordi sono stati inseriti nella scuola pubblica. Che effetto ha avuto questo sulla Lingua dei Segni in ambiti culturali specifici?

CDB: Io sono nato nel ’76 quindi non ho avuto modo di vedere il confronto e quindi il passaggio dalla esperienza precedente negli Istituti a quella successiva nella scuola pubblica. Attraverso la lettura e lo studio di libri di psicologia, e anche grazie alla borsa di studio “Fulbright” con il sostegno della “Roberto Wirth Fund”  che mi ha consentito di studiare alla Gallaudet University (Washington D.C. USA), ho appreso che nell’acquisizione di una lingua è importante utilizzare la stessa nel contesto sociale, familiare, tra amici e parenti e nelle occasioni di svago. Questa è la base fondamentale per facilitare l’apprendimento di contenuti nel contesto scolastico. Se manca questa prima fase di acquisizione della LIS nell’ambito sociale, poi l’apprendimento in ambito accademico diventa molto difficile. In passato le persone sorde frequentavano istituti specializzati, o collegi, dove veniva utilizzata la lingua italiana. A seconda dei casi questi bambini sordi, quando andavano a casa o utilizzavano i segni o non comunicavano affatto con i genitori. Quindi l’apprendimento era limitato. Poi è chiaro che le esperienze individuali sono diverse. Magari taluni provenivano da famiglie più attente, altri venivano da famiglie segnanti ma che comunque erano attenti all’italiano, altri meno. Ci sono anche esperienze di bambini che non erano seguiti adeguatamente e che poi hanno avuto difficoltà. Alcuni venivano lasciati in collegio per tutta la settimana e avevano contatti limitati anche con gli insegnanti, i quali avevano con loro uno stile un po’ assistenzialista. Per questi professori era sufficiente che gli studenti si comportassero bene e quindi non avevano grosse pretese nella resa di apprendimento e questo sicuramente ha limitato lo sviluppo culturale e l’apprendimento nell’italiano. La lingua dei segni veniva usata soltanto in contesti privati, nei dormitori, tra i corridoi e nei momenti di pausa o svago al di fuori delle lezioni.Molte persone sorde hanno ammesso di non essere neanche coscienti, a quei tempi, del fatto che la Lingua dei Segni fosse una lingua: era per loro un mezzo necessario per poter comunicare e per capirsi con gli altri coetanei, ma non sapevano che potesse definirsi lingua. Se gli insegnanti glielo avessero spiegato e gli avessero insegnato la struttura di quella lingua, li avrebbero aiutati anche nella comprensione di altre materie, per dire di tipo scientifico. È chiaro che i bambini sordi facevano errori, e saranno stati corretti, ma la comprensione delle correzioni che venivano fatte loro era limitata dal fatto che non c’era poi un trasferimento dello stesso contenuto in LIS o nel codice visivo che comprendevano meglio. 
Io ho frequentato la scuola pubblica, e in tutto il periodo scolastico non ho avuto modo di interfacciarmi con altre persone sorde, perché ero il solo. Non utilizzavo la Lingua dei Segni. Io ho un fratello sordo e utilizzavamo un nostro codice di comunicazione casalingo, attraverso cui ci capivamo. Erano dei codici convenzionali visivi usati tra noi per capirci. Quindi dopo la scuola superiore, quando mi sono interfacciato con la comunità delle persone sorde segnanti, ho riscontrato delle difficoltà anche nel poter tradurre dei contenuti in LIS. Per esempio, inizialmente chiedevo alle persone sorde: “come segnate voi Rinascimento?”. E loro mi rispondevano che non lo sapevano. Lo stesso valeva per “affresco”, per cui nessuno sapeva darmi una risposta. Stiamo parlando del Duemila. Da allora ho cominciato a frequentare seminari e corsi di formazione specifici sulla Lingua dei Segni per apprendere quali fossero le caratteristiche linguistiche della LIS, diventando un insegnante di lingua dei segni. Poi grazie all’esperienza in America, alla Gallaudet University, dove c’è proprio un dipartimento che si occupa di ricerca linguistica sulla lingua dei segni, ho frequentato corsi in quest’ambito, che mi hanno aiutato a crescere e ad accrescere la mia competenza linguistica. E ho cominciato a scavare per trovare alcuni segni che in realtà i sordi utilizzavano senza essere nemmeno coscienti di farlo. Nei casi in cui, invece, non sono riuscito a trovare dei segni, sono stato costretto a creare dei neologismi insieme a dei colleghi sordi. Recentemente grazie a progetti di realizzazione di glossari dei segni in ambito artistico, come quello dell’associazione The Blank chiamato #iolosegnocosì #tucomelosegni?, con la mia consulenza, e a progetti di divulgazione culturale, ho notato che i sordi e gli interpreti stanno pian piano realizzando video usando segni sempre più appropriati, basandosi anche sui segni proposti.

Leonardo da Vinci, Vergine delle Rocce (1483-1486), Museo del Louvre, Parigi
Leonardo da Vinci, Annunciazione (1472-1475), Galleria degli Uffizi, Firenze
Gallaudet students in 1886

SB + MZ: In questa creazione di vocabolario, c’è una relazione diretta tra la LIS e linguaggio dei segni negli USA? Ci sono segni identici o simili?

CDB: È una bellissima domanda. Prima di rispondere vorrei fare una breve digressione, per chi non conosce questo ambito. Nel mondo ogni paese ha la propria lingua dei segni. In molti Stati ci sono poi varianti della lingua dei segni, così come accade per le lingue verbali. In Italia ci sono tante varianti di lingua dei segni. A Bolzano e Trieste, per esempio, c’è un’influenza della lingua dei segni di area germanica sulla lingua dei segni locale. In America c’è la lingua dei segni americana, la ASL, ma ci sono anche lì delle sotto-varianti, per esempio c’è la lingua dei segni americana della comunità nera, BASL o BSV, che ha un uso delle espressioni e dei segni specifico. 
Tutte le lingue dei segni hanno in comune gli stessi parametri, che sono cinque. Mentre i primi quattro sono legati all’uso delle mani, il quinto è relativo alle componenti non manuali. Questi cinque parametri sono: 1) la forma della mano, chiamata “configurazione”; 2) il movimento, che considera la direzione di esecuzione del segno ed eventuali ripetizioni; 3) l’orientamento del palmo della mano; 4) il luogo in cui viene effettuato il segno, inteso come spazio preciso, prossimo alla persona o sul corpo del segnante, in cui il segno viene eseguito; 5) le componenti non manuali che comprendono la postura, come l’uso delle spalle protese in avanti o spostate indietro e l’uso delle espressioni facciali, elementi che danno informazioni temporali e che hanno quindi funzioni grammaticali. 
Per quanto riguarda il quinto punto, le espressioni facciali sono importantissime. Le frasi ipotetiche, per esempio, non comportano la traduzione letterale di “se”, ma utilizzano l’inarcamento delle sopracciglia per indicare che si tratta di una situazione ipotetica. Le espressioni facciali sono fondamentali per la trasmissione del messaggio. Non utilizzare queste espressioni limita la comunicazione. 
Tutti i cinque parametri sono utilizzati simultaneamente. Essi sono presenti in tutte le lingue dei segni del mondo, anche se ciascuna ha poi sviluppato delle proprie specifiche forme linguistiche, grammaticali e lessicali.

Per rispondere alla domanda posta, posso dire che l’ASL, la Lingua dei Segni Americana ha influenzato in particolar modo alcune lingue dei segni, tra cui quelle di alcuni stati africani o sud americani. In Italia l’influenza è stata minore, forse un po’ come quella dell’inglese sull’italiano. Bisogna però specificare che l’ASL è stata a sua volta influenzata in passato dalla Lingua dei Segni francese, perché in Francia dall’inizio del Settecento una lingua dei segni era stata sviluppata dall’abate Charles-Michel de l’Épée all’interno dell’Institut National des jeunes Sourds di Parigi da lui fondato. In questo istituto c’è stato poi un educatore sordo, Laurent Clerc, il quale è andato in America insieme a Thomas-Hopkins Gallaudet per creare un metodo educativo per le persone sorde, utilizzando la lingua dei segni. Quindi è chiaro che seppure l’ASL sia una lingua, un codice, differente, ha degli elementi in comune con la Lingua dei Segni francese. In quel periodo qui in Italia c’erano tanti istituti gestiti da religiosi, dove venivano educati i bambini sordi. Ad esempio, a Roma c’era l’Istituto dei Sordi gestito da Tommaso Silvestri (1744-1789), a Genova l’Istituto Assarotti, fondato da Ottavio Assarotti (1753-1829), e poi ce n’erano altri in diverse città. Alcuni di questi istituti facevano riferimento al modello di Parigi, città in cui molti di questi religiosi erano andati a formarsi. Questo mi fa pensare quindi che la somiglianza di alcuni segni della LIS, dell’ASL e dell’LSF, come ad esempio i segni “bianco” o “nero”, sia legata a questo passato storico comune. 
Attualmente, con l’aumentare dei viaggi e degli scambi internazionali, si sta notando maggiormente – soprattutto tra i più giovani – l’influenza dell’ASL ma anche dell’International Sign, una specie di Esperanto utilizzato in molti eventi internazionali (deaflympics, Word Federation of Deaf ecc.), costituito dalla mescolanza di vari segni del mondo con molti segni della lingua dei segni americana. 

SB + MZ: Come possono le caratteristiche che hai elencato relativamente alle lingue dei segni essere contenute tutte all’interno di uno stesso volume, o vocabolario, stampato? Se io volessi imparare la LIS quali strumenti e guide grammaticali dovrei utilizzare?

CDB: Ci sono diversi strumenti per apprendere la LIS. Prima del digitale un grosso lavoro al riguardo è stato avviato da Elena Radutzky, una persona che stimo e apprezzo molto perché è una ricercatrice udente che ha favorito la crescita professionale di molte persone sorde, tra cui il sottoscritto, e ha contribuito alla promozione della lingua dei segni e della cultura sorda. Nel 1985 ha fondato e diretto fino al 2010 la Mason Perkins Deafness Fund, una fondazione che faceva ricerca sulla lingua dei segni e organizzava seminari di formazione e scambi culturali con la comunità sorda italiana, attraverso l’attribuzione di borse di studio a studenti sordi. Tra le varie attività di questa fondazione una importante è stata la raccolta dei segni della LIS e l’individuazione delle varianti di ciascun segno presenti in Italia. È stato così creato il Dizionario della Lingua dei Segni Italiana, Edizioni Kappa, in cui erano riportati i disegni di ciascun segno, e i movimenti indicati da un doppio movimento (quello di partenza e quello di arrivo). Il dizionario era organizzato seguendo non l’ordine alfabetico ma l’ordine delle configurazioni della mano. L’edizione originale è del 1992. Con l’avvento del digitale questo dizionario è stato trasferito in forma elettronica ed è stata creata un’App che si chiama Segni in Movimento. Nel dizionario cartaceo i segni erano statici, mentre nei video hanno iniziato a muoversi. Anche io sono presente in alcuni di questi video perché ho segnato delle varianti della zona di Genova. Questo dizionario è chiaramente in continuo aggiornamento. Recentemente sono stati aggiunti esempi di segni di frasi in cui ciascun termine viene usato in un determinato contesto. Negli ultimi anni sono stati sviluppati anche altri dizionari on line, tra cui Spread the sign in cui sono riportati non solo i segni della LIS ma anche di altre lingue dei segni del mondo. Una guida grammaticale storica per l’apprendimento della LIS è La lingua dei segni italiana. La comunicazione visivo-gestuale dei sordi (1987), volume a cura di Virginia Volterra, una delle prime ricercatrici in Italia che ha avviato la ricerca sulla lingua dei segni. I contenuti di questo volume sono stati recentemente aggiornati con nuovi studi riportati nel libro Descrivere la lingua dei segni italiana. Una prospettiva cognitiva e sociosemiotica (2019) di Volterra V., Roccaforte M., Di Rienzo A., Fontana S. 
Vorrei segnalare inoltre la recente pubblicazione da parte dell’Università Ca’ Foscari di Venezia della prima grammatica descrittiva della lingua dei segni italiana, disponibile in formato digitale ad accesso libero.
Ovviamente acquistare un dizionario o una grammatica non è sufficiente per imparare la lingua dei segni. Bisogna frequentare i corsi, ma soprattutto interagire con le persone segnanti e frequentare la comunità sorda. 

La grammatica della LIS è uno dei risultati del progetto Horizon 2020 “SIGN-HUB”, della durata di 4 anni, cui ha partecipato il gruppo di ricerca del Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati dell’Università Ca’ Foscari Venezia. Alla grammatica della LIS hanno collaborato il dottore sordo linguista Mirko Santoro ricercatore presso il CNRS di Parigi e i collaboratori sordi: Gabriele Caia, Mirko Pasquotto e Filippo Calcagno dell’Università Ca’ Foscari Venezia, Antonino D’Urso, Anna Folchi, Mauro Mottinelli e Rosella Ottolini.

SB + MZ: Se parliamo di arte contemporanea, c’è una pressoché assenza di artisti visivi sordi in Italia, che noi sappiamo. Interpretare la storia dell’arte in LIS significa mettere la lingua dei segni al servizio di un settore che ha escluso i sordi? Oppure credi che questo percorso sia effettivamente utile a raggiungere lo scopo per cui la LIS sarà riconosciuta come lingua autonoma? 

CDB: In realtà di artisti sordi possiamo trovarne, bisogna però faticare un po’ perché sono molto rari, come cercare un ago in un pagliaio. Il problema credo che sia la mancanza di visibilità di questi talenti piuttosto appartati. Di primo acchito mi vengono in mente Gianfranco Bergamaschi e Nik Spartari, Carlo Fantauzzi .
Personalmente, nella mia esperienza come guida e nell’esposizione dei contenuti della storia dell’arte in LIS, il mio obiettivo principale è sempre stato di trasmettere le conoscenze di ambito storico culturale e artistico nella comunità sorda, a lungo esclusa da queste tematiche. Credo comunque che la realizzazione di progetti di qualità in questo ambito possa essere anche uno degli strumenti per dare maggiore visibilità alla LIS, dimostrando il suo valore come lingua, e “convincere” lo Stato a riconoscerla e investire di più su di essa.

SB + MZ: Solitamente gli interpreti LIS sono talmente piccoli sullo schermo che ci chiediamo se siano sufficientemente visibili.

CDB: Si, infatti, è un servizio sprecato. È un servizio equiparabile a un audio molto basso per degli spettatori udenti. Forse chi ha un televisore molto grande può vedere comunque quella finestrella, ma da tablet o smartphone può essere difficile. Se poi la traduzione non è curata, è anche difficile capire. Con il Coronavirus si sono diffuse tante piattaforme create da persone sorde in cui professionisti sordi o persone attive nella comunità interagiscono tra loro su determinate tematiche senza mediazione, Questo, invece, è un modo piacevole di ascoltare, perché non c’è il rischio di aver perso qualcosa tra un passaggio e l’altro. Esempi di questo tipo sono Vlog33 e LIS 360°.

SB + MZ: Quando da piccoli visitavamo musei e chiese, immaginavamo che le immagini volessero annullare la distanza con chi non poteva sentire, chi non poteva parlare, perché i pittori costruivano i dialoghi usando gesti e affidandosi agli occhi di coloro che abitavano la scena. Per questo vorremmo chiederti se per tua esperienza questi “templi del visivo” annullavano la sordità?

CDB: Secondo la mia esperienza personale è vero. Molte persone sorde scelgono come scuola superiore il liceo artistico, perché l’arte attraverso le opere, i colori, lo spazio e l’uso di una comunicazione visiva, dà messaggi che riescono ad arrivare anche senza l’uso del linguaggio verbale. Io ho scelto di fare il liceo artistico proprio per questo. Durante la scuola media non ero bravissimo in italiano e letteratura. Scrivevo male e anche la mia comprensione dell’italiano non era così approfondita. In arte, però, ero molto bravo perché la componente visiva mi aiutava nella comprensione. Nell’ambito della storia dell’arte, inoltre, c’erano simboli che tornavano e che avevano un significato espresso in maniera visiva e concreta. E grazie alla comprensione di questi messaggi potevo anche associare queste immagini a concetti astratti. Nelle opere spesso la gestualità dei personaggi contiene dei dialoghi. Ad esempio io ho una mia interpretazione delle opere di Leonardo: nella Annunciazione (1472-1475) io vedo la presenza anche della LIS. Se guardate la posizione della mano dell’angelo, ha la mano nella forma di un tre; nella lingua dei segni “avvisare” o “annunciare” si segna in questo modo, nella fase finale del segno. A volte attivo con me stesso una sorta di gioco nel cercare dei riferimenti alla lingua dei segni nella gestualità presente nei quadri. Lo stesso faccio anche con le espressioni. Confermo quindi che i musei e le chiese, come “templi visivi”, possono agevolare l’annullamento alla sordità. Ma credo anche fermamente che se tutti conoscessimo la lingua dei segni di sicuro insieme potremmo annullare completamente la sordità.

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BASL

SB + MZ: Giordano Bruno intendeva parlare per immagini, cioè evitare il linguaggio verbale e trasmettere delle idee attraverso una sequenza di immagini. Non ti sei mai avvicinato a questa teoria legata alla mnemotecnica o alla possibilità di trasmettere idee attraverso le immagini? 

CDB: No, veramente no. Non sapevo di questa teoria. Ma conosco quella di Leonardo da Vinci, contenuta nel trattato della pittura, che affermava l’importanza della vista per l’apprendimento e per incrementare la conoscenza. Nel 2018 è stata pubblicata un’opera di ricerca, proprio su Leonardo da Vinci, dal titolo La lingua dei segni nella Vergine delle rocce di Maria Pirulli, contenente un focus sui simboli presenti nella Vergine delle rocce (1483-1485). Secondo questo studio ci sono alcune posizioni delle mani, nei gesti dei personaggi, che riconducono a segni della LIS.
La ricerca è stata avviata grazie all’ipotesi lanciata da Anna Folchi, coautrice del volume Il colore del silenzio pubblicato nel 2007 insieme a Roberto Rosselli. In questo libro sono anche indicati altri artisti sordi del passato, come Goya nella fase nera della sua opera, il Pinturicchio o il miniaturista Cristoforo De Predis, di cui si ipotizza un avvicinamento a Leonardo proprio nel periodo dell’esecuzione della Vergine delle rocce
A parte il caso di Leonardo, comunque, è noto che i pittori ricevevano commissioni per affrescare i luoghi di culto con lo scopo di creare una comunicazione visiva, perché la maggior parte del popolo era incolto e non in grado di leggere la Bibbia o i testi sacri. Per me che avevo difficoltà con l’italiano, finché non ho imparato la lingua dei segni, osservare queste immagini era molto utile. Nostro figlio si è abituato fin da piccolo a osservare dei quadri o immagini di arte e lui mostra già una sensibilità in questo senso, quindi non è una questione solo di essere sordi o udenti: l’immagine colpisce tutti senza giri di parole. Anche molti udenti studiano la storia dell’arte proprio per la sua capacità comunicativa. 

SB + MZ: Per quanto riguarda la musica, ci riferiamo ai due più famosi compositori che nel corso del tempo sono diventati sordi, ossia Smetana e Beethoven. Smetana disse che quando diventò sordo sentì una nota unica, acuta e lunga, che poi mise comunque in una sua composizione. Che rapporto si può innescare con questa altra arte che non si può sentire?

CDB: Ogni persona sorda ha una percezione differente dei suoni e ancor più della musica. Personalmente, nonostante porti le protesi acustiche, non riconosco le note musicali ma percepisco il ritmo musicale a seconda del tipo musica e del volume. Questo mi ha permesso in passato di ballare il Rock’n’Roll e di partecipare anche a gare nazionali di questa categoria, in coppia con Ethel Chicoco, un’amica sorda come me, classificandoci al terzo posto e successivamente al primo.
Esistono però altre forme d’arte in lingua dei segni che costituiscono delle musiche visive che mi trasmettono bellissime emozioni. Ricordo ad esempio di aver visto un video realizzato in America da un gruppo di persone sorde in fila vestite di nero con i guanti bianchi. Non ricordo quanti elementi fossero, ma la cosa che mi ha colpito è il fatto che loro cercassero di riprodurre le variazioni musicali con i movimenti delle mani. Si creava una sorta di musica visiva, quasi una coreografia, un misto fra segnato e coreografia, ma usando anche le espressioni. Un qualcosa di simile alle performance realizzate attualmente dal gruppo Géométrie Variable Sadeck Waff & Studio Attitude.

Ci sono inoltre artisti sordi che usano la lingua dei segni seguendo il ritmo della musica, per cui utilizzano scatti energici o movimenti fluidi cercando anche di creare delle rime, come l’americano Ian Sanborn. Le rime possono essere create, ad esempio, ripetendo la stessa espressione. Rime si possono ottenere anche alternando le stesse configurazioni. Sono forme di arte in cui la lingua dei segni si esprime in maniera autentica e diretta, senza traduzione. Senza guardare ciò che viene espresso nella lingua verbale di riferimento. Sono create direttamente nella lingua dei segni. Un esempio in ambito italiano è quello di Nicola Della Maggiora, attore sordo e artista di visual vernacular, una forma poetica in lingua dei segni, nelle cui performance c’è ritmo, musicalità e un forte impatto visivo.

Eugenio Scarlato, invece, è un rapper LIS sordo, che non fa rap seguendo lo stile degli udenti. Il suo è un rap tipico della comunità sorda, che cerca di trasmettere i valori, la cultura, le espressioni, i bisogni e anche la rabbia legata alle persone sorde e alle situazioni che vivono. È molto apprezzato nella comunità sorda anche se i suoi contenuti vengono capiti solo da chi conosce bene la LIS, in quanto utilizza una sorta di slang fatto di segni concisi e rapidi. Quindi soprattutto le persone udenti che non conoscono la LIS non capiscono i messaggi potenti che lui lancia.
Diversamente Brazzo, anche lui rapper sordo, ha scelto di segnare e cantare per ‘regalare emozioni ai sordi e dare più visibilità alla LIS attraverso le sue mani e la sua voce’. Grande diffusione ha avuto il suo singolo di esordio “Sono sordo, mica scemo” .
Ci sono anche esperimenti di canzoni in lingua verbale tradotte molto bene in lingua dei segni, penso al modo in cui Rose Lee Timm e Azora Telford, per esempio, hanno tradotto “Happy” di Pharrell Williams.
In Italia è stato avviato di recente un progetto di traduzione delle canzoni di Sanremo da parte di performer LIS prevalentemente udenti con la partecipazione di solo 1-2 persone sorde (visionabile su raiplay). 
Questo ha scatenato una grande polemica nella comunità sorda sulla presenza in Italia di fenomeni di audismo, ovvero il fatto che in molte situazioni le persone sorde vengono messe da parte per consentire a chi è udente e conosce la Lingua dei Segni di fare mediazione o di trasmettere contenuti, mentre questo tipo di attività potrebbero essere fatte anche dalle stesse persone sorde. Nell’ambito della traduzione delle canzoni di Sanremo, ciò che viene lamentato da molti sordi è anche l’uso non propriamente corretto della LIS e l’espressività limitata. Spesso si scivola in un italiano segnato o mescolanza di italiano e LIS. Inoltre le inquadrature e i balletti proposti dai performer spesso rendono difficile la comprensione del messaggio. 
Sempre in merito alla traduzione di canzoni in LIS si possono invece trovare degli esperimenti molto recenti piacevoli da vedere e ascoltare, realizzati da due persone sorde: Daniele Pino, che dopo l’esperienza del festival di Sanremo LIS 2020, ha incrementato incredibilmente le sue qualità interpretative delle canzoni in LIS e Lucia Daniele, poetessa in LIS, che ha fatto delle traduzione di canzoni melodiche.
Con queste osservazioni non voglio dire che le persone udenti non possano lavorare in quest’ambito, ma credo che sia fondamentale che lavorino insieme a professionisti sordi, che possano monitorare il lavoro svolto per un risultato ottimale. Se ci fosse una maggiore presenza di persone sorde, inoltre, sarebbe più facile dimostrare le loro capacità e l’essenzialità della Lingua dei Segni, spingendo maggiormente le autorità verso un riconoscimento della LIS.
Io mi sto battendo anche per questo per il coinvolgimento delle persone sorde nei servizi in ambito culturale, perché non ci sarà mai pari dignità per noi sordi e vera qualità finché sarà privilegiato solo l’inserimento professionale degli udenti. 


La traduzione di questa intervista dalla LIS alla lingua italiana è stata realizzata da Consuelo Frezza

Note Biografiche —

Carlo di Biase
Attualmente professore d’Arte in scuola media, da anni storico dell’Arte laureato presso l’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. Per anni docente di lingua dei segni ed educatore sordo nella scuola, ha approfondito lo studio della didattica artistica bilingue alla Gallaudet University, Washington D.C., grazie alla borsa di studio “Fulbright – Roberto Wirth”. Come persona sorda, è tra i primi in Italia a svolgere la professione di Guida Museale in LIS, ha collaborato con importanti musei italiani e luoghi di cultura alla realizzazione di visite guidate e di audio video guide in lingua dei segni accessibili a tutti. Ha partecipato in qualità di relatore a convegni e come formatore in seminari e workshop in tutta Italia, per promuovere la creazione di nuovi progetti di accessibilità ai luoghi d’arte per le persone sorde e non.

Consuelo Frezza
Insegnante di sostegno nella scuola elementare, è specializzata in didattica e psicopedagogia per le disabilità sensoriali. Da anni svolge la professione di interprete LIS e assistente alla comunicazione, per favorire l’inclusione delle persone sorde, cieche e sordocieche nella scuola e nella società. Ha collaborato alla realizzazione di numerose audio video guide in lingua dei segni accessibili a tutti, occupandosi in particolare dell’adattamento dei testi in lingua italiana dalla lingua dei segni.