Vincenzo Schillaci | Operativa Arte Contemporanea, Roma

Fino al 30 giugno 2016, a Roma da Operativa Arte Contemporanea è possibile vedere le nuove opere di Vincenzo Schillaci, in una mostra in cui l'artista sembra voler tradurre in termini percettivi le suggestioni date da un noto aforisma di Nietzsche.
10 Giugno 2016

Testo di Andrea Lacarpia

Rispetto agli altri oggetti della realtà sociale, le opere d’arte sono oggetti ibridi nei quali linguaggio simbolico e presenza fisica s’intrecciano andando a costituire un territorio aperto ad ulteriori possibili realtà, un luogo che pur partecipando al mondo profano mantiene l’aura dell’enigma e della profezia.

Nella mostra di Vincenzo Schillaci emerge un’atmosfera tesa tra mistero e rivelazione, in cui una pittura sapientemente stratificata si mostra nella sua nuda verità e nel contempo si vela di suggestioni che rimandano ad un altrove sconosciuto.

Elemento strutturale e chiave di lettura dell’intero progetto è l’aforisma 125 della Gaia Scienza, un piccolo racconto nel quale Friedrich Nietzsche, con il suo tipico linguaggio profetico, descrive l’annuncio del collasso del vecchio sistema di valori e dell’avvento di una nuova era in cui l’uomo, privato delle secolari certezze, si riscopre artefice del proprio mondo.

Esposto in una delle pareti della galleria, il noto aforisma è stato modificato da Vincenzo Schillaci che ne ha tratto solo alcune frasi dalla particolare forza espressiva, tra le quali ha inserito tra parentesi i titoli delle opere in mostra che, come ipertesti, aprono ad ulteriori contenuti legati al testo di partenza.

Le opere di Schillaci si pongono quindi come aperture linguistiche attivate da una pratica pittorica guidata dall’istinto (è significativo che una delle opere s’intitoli Il corpo mi guiderà), che portano all’emersione di un’immagine interiore sempre indefinita, nella quale la forma è colta nella sua germinale instabilità.

Oltre ad un’opera più piccola, sono esposti tre grandi dipinti su tavola di abete, talmente vasti da risultare immersivi per l’osservatore. Le tavole accolgono una copiosa stratificazione di segni e campiture, realizzata con calce, gesso, pasta di quarzo, polvere di marmo, pigmenti, inchiostri e finitura marmorea, con risultati tendenti al monocromo. La scrittura diviene corpo che assume su di sé la memoria del tempo.

Nonostante la densità pittorica, la superficie delle opere è liscia come una pelle che fa trasparire la scabrosità interna solo in alcune porzioni liminari, aperture che rivelano le variazioni cromatiche sottostanti.

La sensibile vitalità della materia è data anche dai sottili toni cangianti della pittura, che vanno dalle rifrazioni metallizzate dell’opera più scura al candore latteo dei dipinti più chiari.

Come mostrato dalle sculture che completano l’allestimento della mostra, nelle opere di Schillaci l’incarnazione della forma è insieme inafferrabile epifania ed evidente restituzione dei processi costruttivi. Masse di gesso dalle forme concave si pongono come potenziali matrici di una nuova realtà che emerge dal vuoto di un’impronta, posizionate nello spazio espositivo come misteriosi oggetti magici posti tra l’assenza e l’essere.

Vincenzo Schillaci,   Dove Nessuno  Va.  Installation view,   Operativa. Rome 2016

Vincenzo Schillaci, Dove Nessuno Va. Installation view, Operativa. Rome 2016

Vincenzo Schillaci,   Dove Nessuno  Va. Installation view,   Operativa. Rome 2016

Vincenzo Schillaci, Dove Nessuno Va. Installation view, Operativa. Rome 2016

Vincenzo Schillaci,   Installation view of the studio during the residency at Fondazione per l'Arte,   Rome.

Vincenzo Schillaci, Installation view of the studio during the residency at Fondazione per l’Arte, Rome.

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