ATP DIARY

Terre Vulnerabili – Hangar Bicocca

Ackroyd & Harvey, Testament, 1998-2010 Alberto Garutti, Senza Titolo, foglia bianchi caduti da una macchina fotocopiatice, 2010 Hans Op de Beeck, Staging Silence, Full HD Video, 2009, Courtesy Galleria Continua, San Giminiano – Beijing – Le Moulin Ermanno Olmi, Proiezione...



Ackroyd & Harvey, Testament, 1998-2010
Alberto Garutti, Senza Titolo, foglia bianchi caduti da una macchina fotocopiatice, 2010

Hans Op de Beeck, Staging Silence, Full HD Video, 2009, Courtesy Galleria Continua, San Giminiano – Beijing – Le Moulin

Ermanno Olmi, Proiezione del film Terra Madre , 2009, 78’ circa

Gelitin, Mona Lisa , plastilina e materiali vari su tela, misure variabili, 2008-2010


Ra di Martino, If You See the Object, the Object Sees You , HD Video 4’ (circa), 2010

Stefano Arienti, Rampicante , misure variabili, 2009-2010

Mona Hatoum, Web , sfere di cristallo e cavi di metallo, misure variabili, 2006-2010

Yona Friedman, La terra spiegata a visitatori extraterrestri, videoanimazione, 2010

Gianluca Winkler, Chiara Bertola e Andrea Lissoni
Ackroyd & Harvey
Andrea Lissoni e Alberto Garutti

***

Piccoli e vulnerabili come sempre, ci siamo sentiti dentro all’oscurità dell’Hangar Bicocca. Spazio difficile per vocazione, lo spazio espositivo ospita Terre Vulnerabili fino alla primavera 2011: 4 mostre a puntate, prima delle quali ‘Le soluzioni vere partono dal basso’. La direttrice artistica, Chiara Bertola, e il suo braccio destro Andrea Lissoni, hanno presentato la mostra, raccontando e spiegando, prima di tutto, come la prima tappa sia da fruire dal basso all’alto e viceversa: l’ambizione è dunque suggerire un diverso modo di fruire l’arte contemporanea. Seconda cosa importante: la mostra è nata chiedendo agli artisti di dialogare tra loro, condividendo temi, spazio e metodologie.
Piegati o con il naso all’insù, con un gruppetto di giornalisti, sono entrata nelle sale avvolte nelle tenebre. Primi due video: Rä di Martino ed Ermanno Olmi. Del sommo maestro lascio a chi vedrà il film le proprie considerazioni.
Devo ammettere che di Martino è stata veramente brava a riprendere le caotiche stanze parigine di Yona Friedman. Con un gioco di messe a fuoco e dissolvenze, l’artista indugia con occhio lenticolare tra un delirante coacervo di modellini, plastici, accumuli di scodelle, reti, fili di ferro… Poco lontano la pianta di una città immaginaria fatta di aghi di spillo e crine di cavallo di Christiane Löhr (da vedere raso terra). In un angolo, la videoanimazione di Yona Friedman, ‘La terra spiegata a visitatori extraterresti’: i suoi celebri disegni a fumetti illustrano i temi più importanti che hanno segnato lungo il tempo il suo pensiero e la sua ricerca.
Andati oltre, ci accolgono un gruppo di fogli bianchi A4. Naso all’insù per notare che posta sulle travi dell’altissimo soffitto c’è una macchina fotocopiatrice che ‘spara’ appunto, questi fogli.
Alberto Garutti ci racconta: “Per quanto riguarda il lavoro, io non sono stato capace di ignorare – come penso in tanti facciano – questo spazio enigmatico perchè così vasto. Enigmatico per la sua ‘buiezza’ se così posso dire. Ci riporta in un’atmosfera quasi metafisica. Alla fine penso che l’arte abbia a che fare con questo: con questo grande enigma che sta sopra la nostra testa… che ha a che fare anche con la natura. Mi riferisco appunto alle Terre Vulnerabili.. anche alla ciclicità della natura. Al giorno e la notte, al freddo e al caldo, al buio e alla luce. Questa mostra contiene l’idea dinamica dell’ ‘andare verso’ del procedere, del costruire un’energia che porterà delle mutazioni. Si potrebbero dire 1000 cose. Mi piace come hanno pensato la mostra Bertola e Lissoni, per quest’idea di mostra non assertiva. Si muove nel tempo e nello spazio. Bho.. ho un sacco di cose nella testa… che vorrei dirvi ma non ve le dico!” Hahhhaaa.. è la risposta del pubblico. Mha, pensavo io. Che ammasso di …
Silenzioso e discreto come sempre, Stefano Arienti dipinge su della tela di plastica un grande albero nero che si fonde e confonde con le ombre delle strutture in ferro dell’hangar.
Mario Airò, con un’istallazione meccanico luminosa rumorosa, per disegnare i confini di Atlantide. Avvolta nel buio, dunque difficilmente visibile, non si capisce molto bene che ‘un bastone batte una superficie metallica che aziona un raggio di luce…’ Un pò macchinosa.
Poco oltre, le leggerissime e inconsistenti sculture di Alice Cattaneo. Per le 4 puntate della mostra, muoverà le strutture nello spazio.
Nell’ultima sala, un lavoro sbalorditivo di Ackroyd & Harvey: un prato verticale dove l’erba disegna il volto rugoso di un vecchio. Debolissime la serie di Mona Lisa dei Gelitin.
Non ho visto, causa guasto notturno, i vasi di ghiaccio di Elisabetta Di Maggi o.

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