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Sophia Al-Maria | La misoginia di Hollywood alla Fondazione Arnaldo Pomodoro

Alla Fondazione Arnaldo Pomodoro è stato da poco inaugurato il ciclo di Project Room curato da Cloé Perrone. Proponendosi come “vivace osservatorio della scena contemporanea”, la Fondazione dedica particolare attenzione ad artisti under 40 che indagano la scultura come pratica...

Sophia Al-Maria, Mirror Cookie - Project Room #10 - Photo by Carlos Tettamanzi, Courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro
Sophia Al-Maria, Mirror Cookie – Project Room #10 – Photo by Carlos Tettamanzi, Courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro

Alla Fondazione Arnaldo Pomodoro è stato da poco inaugurato il ciclo di Project Room curato da Cloé Perrone. Proponendosi come “vivace osservatorio della scena contemporanea”, la Fondazione dedica particolare attenzione ad artisti under 40 che indagano la scultura come pratica artistica e disciplina linguistica.

Project Room #10 ospita l’artista Sophia Al-Maria con il progetto Mirror Cookie. Seguiranno nel corso dell’anno altre due mostre personali di Caroline Mesquita e Rebecca Ackroyd. La curatrice ha scelto queste tre artisti in quanto interessate a utilizzano la scultura all’interno di una pratica multidisciplinare, espandendone così la definizione stessa. “La scultura, non essendo trattata come risultato ma come processo, diventa nel loro lavoro uno strumento per costruire ambienti nei quali il visitatore è costretto a interfacciarsi con progetti che trattano fenomeni socio-culturali quali la misoginia, l’apocalisse e l’identità nazionale.”

Fino al 31 maggio 2019 la Fondazione ospita Mirror Cookie, un’installazione composta da un video – co-prodotto da Project Native Informant, London e Anna Lena Films – proiettato su uno schermo appoggiato su un boudoir, immerso in una stanza circondata da specchi.
Fan del blog dell’attrice Bai Ling sin dai primi anni 2000, Al-Maria era incuriosita da un tema ricorrente nei post di Bai: cookie (biscotto). Sophia ha pensato per lungo tempo che cookie fosse una persona, forse un amante segreto. In realtà, Bai stava scrivendo affermazioni di amore e positività rivolte a se stessa.
L’installazione Mirror Cookie (2018) raccoglie una serie dei cookies di Bai, riorganizzati in un monologo sconnesso che richiama la “tecnica dello specchio”, una pratica di rafforzamento dell’autostima. Un’improvvisazione appassionata consegnata alla macchina da presa, come se la “quarta parete” da abbattere fosse il proprio riflesso. (da CS)

Sophia Al-Maria, Mirror Cookie - Project Room #10 - Photo by Carlos Tettamanzi, Courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro
Sophia Al-Maria, Mirror Cookie – Project Room #10 – Photo by Carlos Tettamanzi, Courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro

Segue l’intervista con Cloé Perrone —

Elena Bordignon: La peculiarità della Fondazione Arnaldo Pomodoro – vivace osservatorio della scena contemporanea – è quella di sondare gli aspetti innovativi della scultura come pratica artistica e disciplina linguistica. Per questa ragione ha avviato l’esperienza delle “Project Room”, affidandoti, dopo le proposte degli anni scorsi dei curatori Simone Menegoi (2017) e Flavio Arensi (2018), la curatela dei prossimi progetti: le mostre personali di Sophia Al-Maria, Caroline Mesquita e Rebecca Ackroyd. C’è un filo rosso che lega le ricerche di queste tre artiste in relazione al linguaggio scultoreo?

Cloé Perrone: Queste artiste utilizzano tutte una pratica multidisciplinare che spazia dalla scultura alla video installazione. Nessuna di esse può essere definita una scultrice ma tutte lavorano anche questo medium. Presentando il lavoro di artiste multidisciplinari, l’obiettivo è quello di osservare come sta evolvendo e cambiando la definizione stessa di scultura.

EB: Il primo appuntamento è dedicato all’artista qataro-americana Sophia Al-Maria. Mi introduci la sua ricerca e le motivazioni che ti hanno portato a coinvolgerla in questo primo appuntamento?

CP: Non credo che oggi sia particolarmente interessante categorizzare le pratiche artistiche a secondo del medium che adoperano, quindi mi interessava invitare un’artista che potesse mostrare in modo chiaro cosa significhi espandere l’idea di scultura. L’installazione di Sophia Al-Maria presenta un video in cui Bai Ling ripete i cookies, brevi frasi che l’attrice scrive e si ripete allo specchio come pratica di autostima. L’immagine di Bai Ling evoca i busti classici, mentre la sua voce circola da una cassa all’altra del sistema dolby surround creando una scultura sonora che avvolge lo spettatore e lo immerge in una interazione intima con l’attrice nel suo boudoir.

Sophia Al-Maria, Mirror Cookie - Project Room #10 - Photo by Carlos Tettamanzi, Courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro
Sophia Al-Maria, Mirror Cookie – Project Room #10 – Photo by Carlos Tettamanzi, Courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro

EB: Sophia Al-Maria presenta l’installazione Mirror Cookie. Mi racconti la genesi di quest’opera? Che tematiche affronta?

CP: L’anno scorso Bai Ling e Sophia Al-Maria hanno selezionato insieme i cookies più significativi per entrambe. Bai Ling avrebbe dovuto leggere questi cookies davanti alla telecamera ma gran parte del video è stato improvvisato. Le tematiche affrontate sono la misoginia di Hollywood, le pratiche che l’uomo inventa per auto rassicurarsi, le nuove forme di scrittura e l’analisi di come sono evolute le forme di comunicazione.

EB: Una delle priorità delle “Project Room” è quella di proporre un intervento pensato per coinvolgere l’intero spazio espositivo. Come si relaziona l’opera Mirror Cookie allo spazio della Fondazione?

CP: Mirror Cookie è un’installazione che abbraccia tutta la stanza e la replica all’infinito grazie a un gioco di specchi che si riflettono l’uno nell’altro confluendo verso la struttura absidale dominata dalla schermo. L’installazione immerge completamente lo spettatore in questa relazione intima con Bai Ling anche grazie all’effetto avvolgente delle sue parole, che circondano lo spettatore.

Sophia Al-Maria, Mirror Cookie (2018) - Courtesy Sophia Al-Maria, Anna Lena Films and Project Native Informant, London.
Sophia Al-Maria, Mirror Cookie (2018) – Courtesy Sophia Al-Maria, Anna Lena Films and Project Native Informant, London.