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Da Société Interludio | Calori&Maillard, Valentina Furian e Davide Sgambaro dialogano sulla persistenza della memoria

Testo di Giuseppe Amedeo Arnesano In occasione del secondo anno di attività l’appartamento in Piazza Vittorio Veneto ospita la mostra collettiva intitolata L’abbaglio e dedicata agli artisti Calori&Maillard, Valentina Furian e Davide Sgambaro. L’incipit riguarda la dimensione del quotidiano, si...

societè interludio – l’abbaglio – © massimo stileph

Testo di Giuseppe Amedeo Arnesano

In occasione del secondo anno di attività l’appartamento in Piazza Vittorio Veneto ospita la mostra collettiva intitolata L’abbaglio e dedicata agli artisti Calori&Maillard, Valentina Furian e Davide Sgambaro. L’incipit riguarda la dimensione del quotidiano, si entra in un luogo domestico nel quale le relazioni e le collaborazioni vissute sia all’interno che all’esterno di questo processo, alimentano la dialettica tra la libertà del fare creativo, la ricerca artistica e il superamento delle sfide imposte dalla delimitazione dello spazio espositivo.

L’ingresso che s’apre nel corridoio della galleria corrisponde idealmente a un preludio musicale, un momento introduttivo che anticipa la composizione. Lo spazio diviene sin dà subito un luogo transitorio nel quale si condensano e dialogano in maniera dinamica e intensa tre differenti narrazioni dell’essere. Con MASCDV (Mi aspetto sempre che diventi vulcano) titolo dell’operazione sonora di Valentina Furian, realizzata in collaborazione con il compositore Matteo Polato, l’artista veneziana propone, in linea con sulle suggestioni visionarie di Luigi Nono, una campionatura al limite della polifonia, dove si odono non solo i sussurri e gli striduli incessanti dei cantieri industriali, ma anche i riverberi politici e i disordini sociali di una città che mai perde il senso della musica, della produzione e del lavoro.  

La tensione nel brano della Furian sostiene l’appartato documentativo eseguito da Calori&Maillard in occasione dell’azione performativa L’oiseau de feu, effettuata qualche anno fa nella zona di Maintor a Francoforte. Le surreali tracce dell’operazione urbana, ispirata all’omonimo balletto in due scene di Igor Stravinsky, sono visibili nel video muto girato in Super8 e montato nella seconda sala; mentre le trascrizioni degli eleganti e puntuali bozzetti a matita e inchiostro posizionati all’ingresso della galleria, propongono un linguaggio grafico che nulla toglie alle sperimentazioni della poesia verbo-visiva. Nei lavori a parete del duo artistico ritroviamo gli appunti, i calcoli e le ricerche di archivio che hanno anticipato le pesanti e ipnotiche danze coreografiche delle gru industriali, eseguite sulle note narrative della terza suite del compositore russo.

societè interludio – l’abbaglio – © massimo stileph
societè interludio – l’abbaglio – © massimo stileph

L’opera di Davide Sgambaro intitolata Una cosa divertente che non farò mai più #1 è una raffinata combinazione formale di due elementi, che coinvolgono il fruitore in modo colto e personale. La citazione tratta dal primo verso dell’aria della Tosca di Giacomo Puccini, E lucevan le stelle, campeggia al centro di una lastra in ottone lucido, separata dalla superficie muraria da un sottile panno di colore viola. Nell’accurata indagine sulla dimensione umana e sulla relazione tra i materiali nobili e quelli facilmente deperibili, nell’opera dell’artista emerge un pregevole esercizio poetico nel quale la riflessione materica e concettuale, generata da un evento autobiografico, scruta in parte il dualismo greco che coinvolge Chrónos e Kairós. Il primo riguarda il fluire del tempo astratto, mentre il secondo prende in considerazione un periodo specifico di tempo, un momento propizio e adatto che riverbera con il movimento del tempo stesso determinando la condizione dell’eternità. In questo caso l’eterno diviene una forma di negazione che, per effetto chimico dell’ossidazione della placca in ottone a contatto con l’ossigeno, rende illeggibile il verso pucciniano condannandolo per sempre all’oblio della memoria.

In So long, and thank you for the fish, installazione site specific di Sgambaro presente nell’ultima sala e realizzata con festoni impreziositi dall’uso del velluto, si manifesta un inquieto sarcasmo filtrato attraverso un elemento decorativo denaturalizzato dalla sua funzione, dall’uomo e dalla storia. Un ultimo passaggio si rivela in Brilla, anomalo e affasciante notturno fotografico scattato da Valentina Furian, in occasione di un’azione performativa realizzata in un paese del Sud d’Italia. L’operazione, che prova a sovvertire le dinamiche patriarcali del piccolo centro, ruota attorno all’iconografica della Vergine Maria raffigurata come stella polare che guida i marinai durante la notte.

Nelle opere in mostra di Calori&Maillard, Valentina Furian e Davide Sgambaro emerge un immaginario collettivo privato della presenza umana, l’idea dell’annullamento dell’individuo e l’incondizionato abbandonano della società, sono oramai una malinconica realtà. Lo spazio espositivo diviene un luogo metaforico e di conservazione carico di echi, rumori, idee e altri segni di un passato che ha lasciato numerose testimonianze. La cultura, l’arte, la società, le conquiste scientifiche e le attività industriali sono eredità pensanti, memorie persistenti di una civiltà da proteggere, tutelare e tramandare ai posteri.

Société Interludio, Torino

societè interludio – l’abbaglio – © massimo stileph
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