Senza Nuvole, un titolo molto poetico ma, ribadiscono quasi all’unisono gli artisti, non ha nulla di romantico. L’immagine che esorta, è un paesaggio sgombro, aperto, per certi versi ospitale. E con questa suggestione inizia la mia conversazione con Alberto Scodro e Silvano Tessarollo che, in modo diversi – quasi opposti – mi raccontano il loro punto di vista sulla mostra condivisa ospitata ai Musei Civici di Bassano del Grappa – a cura di Chiara Casarin con Elena Forin – fino al 31 agosto 2020.
Racconta la curatrice che la mostra “unisce in un unico progetto due artisti ‘nativi’ che operano nelle grandi città europee. L’idea è di rendere porose e permeabili le pareti del museo. Rovesciare la visione e anche la funzione delle cose e degli spazi. Il fuori che entra, il dentro che è tutt’uno con il fuori. Non è forse la concretizzazione del processo creativo stesso? Rendere visibile un pensiero, trasformare un oggetto in un pezzetto di filosofia?”
A queste domande rispondono Tessarollo e Scodro, con opere diverse per tecnica e gestazione, ma affini e, per molto versi complementari, nel raccontare la loro relazione con il luogo, ma soprattutto con le ‘regole’ silenti che governano la natura circostante. Ed è proprio dalla terra in cui vivono che nascono e “prosperano” le idee poetiche intrinseche nelle loro opere che, fin dai titolo, si legano ai frutti del territorio, si sviluppano quasi seguendo il germogliare delle piante, il loro fiorire, dai movimento della luce, il suo dileguarsi.
Nella conversazione, gli artisti ripetono molto spesso termini come: luce, acqua, terra, cielo, acqua… Ma emergono anche altri concetti, più legati alle tradizioni che essi vivono nel loro quotidiano, penso ad esempio alle sensazioni citate da Tessarollo nel suo tragitto per raggiungere lo studio o alle attività quotidiane di Scodro legate all’agricoltura e la coltivazione.
Segue l’intervista con gli artisti —
Elena Bordignon: Una domanda, prima di tutto, in merito al titolo della mostra, “Senza nuvole”. Bastano due semplici parole che richiamare alla mente un paesaggio terso, limpido, soleggiato. Immagino che il titolo sia l’espressione di un concetto che va oltre il significato letterale. Mi date il vostro punto di vista?
Silvano Tessarollo: Hai ragione Elena. La mostra “Senza Nuvole”, è stata pensata come una situazione opposta al classico cielo sereno. La nuvola, elemento naturale quasi inconsistente, porta con sé il riparo dal sole, la pioggia. Favorisce la crescita della vegetazione, delle colture. E’ portatrice d’acqua, quindi di vita. La sua mancanza porterebbe gravi conseguenze.
Alberto Scodro: “Senza Nuvole” parla di un paesaggio arido, senza acqua, in effetti tutti i lavori in mostra sono il risultato di passaggi di stato, dall’essiccazione degli elementi naturali fino alla loro fusione: attraverso la cottura portata ai 1000 – 1200 C°, si emula la luminescenza e il calore solare. Il titolo nasce da un’intuizione di Silvano Tessarollo, io avevo proposto “Around” o “Attorno”, la decisione finale è stata poi condivisa insieme alle curatrici Chiara Casarin ed Elena Forin. Senza Nuvole mi piace, inoltre non si discosta dall’idea di qualcosa di ampio che si riferisce a un tutto, ovvero ogni cosa che sta attorno, il cielo e l’aria stanno intorno a noi.
EB: Racconta Chiara Casarin in merito alla mostra: “unisce in un unico progetto due artisti ‘nativi’ che operano nelle grandi città europee. L’idea è di rendere porose e permeabili le pareti del museo. Rovesciare la visione e anche la funzione delle cose e degli spazi. Il fuori che entra, il dentro che è tutt’uno con il fuori.” Come hai considerato lo spazio del museo? Quanto di ‘reale’ hai fatto entrare nello spazio espositivo mediante le tue opere?
Alberto Scodro: Siamo intervenuti nel museo interpretando gli spazi come parte integrante del nostro discorso, operazione che non penso era mai stata fatta prima in queste stanze. Un primo intervento è sul cavedio in vetro che seziona i due piani espositivi: lo abbiamo liberato dai rivestimenti precedenti, facendo entrare direttamente la luce dall’alto, così come al piano superiore abbiamo aperto le vetrate perimetrali in modo da accogliere e far dialogare le opere con l’illuminazione naturale. Il sole è il filo conduttore di questa mostra sia nell’assetto allestitivo sia nei lavori stessi, come i “Sunflower” che scendono verticalmente dalle finestre tramite un tubo periscopico, finendo per sorreggere in aria i girasoli, così da suggerire questo legame tra la scultura e il suo esistere in riferimento al sole e al movimento della terra e della luna o come le trottole in terra che sono allestite sui due piani espositivi come satelliti che si spostano attorno al Cavedio/Sole.
Silvano Tessarollo: Ho considerato lo spazio del Museo come una materia da plasmare. Nel piano terra, il cavedio l’ho rivestito con una stampa di un sole senza nuvole, con un cielo “arido”; ho adoperato le pareti come supporto per aprire delle finestre di luce verso l’esterno con i disegni Gli alberi siamo noi /1, /2, /3, /4. La luce “entra” dai disegni, che rappresentano una natura umanizzata, intrisa di sofferenza, ma sempre pronta a lottare per la sopravvivenza. Il dialogo con la natura, resta per l’uomo e per l’artista una condizione necessaria e imprescindibile, perché l’artista è uomo, è natura, una piccolissima parte di natura nell’infinità della natura. Penso che dovremmo fare un patto con la natura di reciproco rispetto, rispettarne i ritmi naturali, recuperare un po’ di “selvatico” nel nostro vivere. Sarebbe un buon inizio per una rinascita. Nella sala del primo piano, invece la luce è naturale, entra dal cavedio e dalle finestre lasciate appositamente senza scuri, così da permettere alle situazioni atmosferiche di rivelarsi in tutta la loro grandezza. Le opere sono prive di “orpelli” (Senz’Acqua, La Memoria della Natura, Sole, Sento il peso della tua speranza, La Terra è fatta di cielo).
I girasoli di Alberto sono segni nello spazio, partono dall’esterno del Museo, ma attingono a una natura matrigna, inaridita.
La visione non è romantica, ma in un processo di sparizione. Non si “sentono” i rumori naturali, l’acqua, il vento… le opere sono diventate lo scheletro della realtà.
Elena Bordignon: La curatrice ribadisce in più parti del testo in catalogo l’influenza della vita quotidiana nel vostro lavoro, in particolare la tradizione radicate nel territorio bassanese. Mi raccontati cosa ti ha influenzato della vita delle tue terre d’origine?
Silvano Tessarollo: Vivere in una realtà rurale (se ancora esiste), forse anche intrisa di un po’ di solitudine, mi ha costretto ad un confronto con me stesso, un continuo interrogativo sulla contemporaneità del mio linguaggio, ma al tempo stesso ha rafforzato la mia visione.
Elena Bordignon: Per la mostra hai realizzato dei grandi disegni a carboncino, dove emerge il dramma che da sempre sigilla il rapporto dell’uomo con la natura. Mi racconti la genesi di questi disegni?
Silvano Tessarollo: Percorro sempre la stessa strada per andare allo studio, ma una mattina d’inverno ha nevicato e ho notato questi gelsi che si stagliavano su questo fondo bianco, come animali feriti, privi dei rami-mani protesi verso il cielo. Ho sentito la necessità di riportarli “in vita”. Con il carboncino-legno ho così riportato su carta la sensazione che ho ricevuto, una morte non morte, una vita mai spenta, ma che continua a rinascere, energica e solare attimo dopo attimo.
Elena Bordignon: Se Tessarollo sintetizza con la sua ricerca un pensiero meditativo sulla natura, il tuo sguardo, invece, ambisce a raccontare il movimento. Una realtà dinamica e dunque dove si concentra il fattore tempo. Mi racconti come hai concepito le sculture in mostra? Soprattutto mi interessano le tue ultime produzioni, BN bottles, (2020), Sunflower “it”, (2020) e Trottola (2020).
Alberto Scodro: La serie di opere intitolate, Sunflower, sono sculture uniche realizzate tramite microfusione. Questo lavoro prende spunto da una dalle mie attività quotidiane, l’agricoltura e la coltivazione. E’ un processo che parte dalla terra: dal seme alla raccolta, arrivando all’essicazione fino al montaggio con le cere, per finire poi con la fusione in metallo, in questo caso l’ottone per la fluidità del metallo nel leggere i dettagli.
Sunflower è un pensiero che riguarda la scomposizione e rovesciamento della parola, Sun-flower, cioè vedere “il Fiore come Sole”. Il sole è un’emanazione a 360 gradi, da qui sono nati questi intrecci di girasoli che insieme cercano di formare una sfera. Anche il processo formativo è importante, ad esempio, la fusione del metallo nella sua incandescenza, la rende essa stessa un’idea di sole, cioè una fonte luminosa che da forma alla scultura. Le finiture superficiali delle fusioni sono realizzate per elettrolisi, in oro e in argento, le prime associate all’esposizione solare e quindi selezionate per il piano espositivo superiore mentre le seconde, allestiste al piano terra, ove l’ambiente ricostruito ha toni più cupi e bui, sono rivestite in argento come fossero esposte alla luna.
Ci sono altri pensieri contenuti nel lavoro, ad esempio, penso alla struttura compositiva dei semi del girasole siano un disegno della sintesi del movimento della terra e della luna attorno al sole. L’uomo ha la fortuna di comprendere l’universo grazie all’osservazione diretta degli elementi della natura.
Le trottole, riguardano dei pensieri più terreni e vicini al mio luogo di origine. Mi interessava che la forma parlasse del suo contenuto e della sua formazione. Ho usato una terraglia formulata miscelando insieme scarti provenienti da diverse manifatture locali, poi lavorata al tornio. La trottola è quell’oggetto “simbolo” che noi uomini abbiamo costruito per imitare, studiare e spiegarci il movimento terrestre. Ecco dunque anche le Trottole sono una sorta di tautologia tra materia, forma e processo generativo.
BN Bottles, significa Bortolo Nardini Bottles, sono 60 bottiglie di alcolici tra grappe, distillati e amari gentilmente donati dalla famiglia Nardini. In questo caso le bottiglie sono state fuse sul letto di sabbia del fiume Brenta, che ne ha delineato le forme, e successivamente sono state sezionate e lucidate per metterne in luce il movimento del vetro e il suo depositarsi liquido. Anche quest’opera possiede un riferimento al movimento….. Il vetro inoltre, esposto ad alte temperature, si rivela per ciò che è, ad esempio tutte le bottiglie trasparenti, una volta fuse, alcune diventano bianche e altre rimangono trasparenti, svelando appunto la loro naturale/reale essenza materiale.
Per finire, la serie dei Mineral Grass nasce dall’idea del depositarsi al suolo delle diverse materie che muoiono e che nel tempo si stratificano, si pressano, dando vita alla pietra, al minerale.
In questo caso, le materie stratificate emergono dal suolo, germogliano come per seguire il sole. L’erba minerale, sono delle fusioni, delle germogliazioni di pietre e metalli, cioè sempre un lavoro che prima disgrega e divide la materia per poi aggregarla nuovamente.