Il Mattatoio si conferma, da alcuni anni, uno dei luoghi dove sperimentazione e proposte all’avanguardia si incontrano per dar vita ad un programma ricchissimo e approfondito sul linguaggio della performance. Nel mese di maggio ospita re-creatures, un programma a cura di Ilaria Mancia che ha come protagonisti alcuni dei artisti più rilevanti nel panorama della arti performative, sia nazionali che internazionali. Tra le proposte si contano MP5 in collaborazione con Alessandro Sciarroni, Motus, Muna Mussie, Riccardo Benassi, Simone Aughterlony e Jen Rosenblit, tra gli altri.
In sinergia con le altre attività che si svolgono al Mattatoio, legate alla formazione, ricerca e produzione, re-creature è una sorta di organismo attivatore di sinergie e relazioni, che parte proprio dalla condivisione pubblica per attivarsi.
Ha aperto il programma, nelle giornate del 5 e 6 maggio, il progetto Prendersi-cura, MP5 – artista not* per il suo incisivo stile in bianco e nero, che utilizza in numerosi e differenti media, e per il suo lavoro legato alla scena trans queer e femminista, e art director di CHIME Zine – con il suo processo di lavoro in movimento immagine che ha visto intrecciare la sua pratica artistica con quella del coreografo Alessandro Sciarroni.
Sempre nella giornata del 6 maggio, è andata in scena la compagnia Dewey Dell – collettivo di danza e performing arts diretto da Teodora e Agata Castellucci – con Deriva Traversa.
Ma veniamo ai prossimi appuntamenti.
Il 14 maggio, in occasione de “La notte dei musei”, Marco Torrice – danzatore, insegnante di danza e coreografo di base a Bruxelles – presenterà al pubblico Melting Pot, esito del laboratorio di danza all’interno del programma Traiettorie (percorso di laboratori gratuiti “Ricreazione” del Mattatoio) che si basa su una pratica di movimento sviluppata dallo stesso coreografo, incentrata sul ritmo, che combina diversi stili di danza e approcci alla performance.
Il 17 e 18 maggio sarà la volta della compagnia teatrale Motus – fondata nel 1991 da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò – con You were nothing but wind, un gesto scenico performativo che si concentra sulla figura di Ecuba incarnata dall’artista e performer Silvia Calderoni.
Industria Indipendente – collettivo di ricerca, dedito al teatro e alle arti performative, fondato da Erika Z. Galli e Martina Ruggeri – condurrà il laboratorio UUUUUUUUUUU! How To Make Merende all’interno di Traiettorie.
Il 22 maggio Muna Mussie – artista di origine eritrea che tra gesto, visione e parola, indaga i linguaggi della scena e delle performing arts per dare forma alla tensione che scaturisce tra differenti poli espressivi – realizzerà l’azione performativa Oblio/Pianto del Muro. Una declinazione del progetto Oblio per gli spazi del Mattatoio, ideata durante un periodo di residenza all’interno di Prender-si cura. Oblio/Pianto del Muro chiama in causa il diritto al pianto e al lamento attraverso la pratica del ricamo che celebra l’oblio passato e presente affinché non sia eredità del futuro.
Simone Aughterlony – artista premiato con il BAK come miglior performer (2015) – porta in scena il 26 e 27 maggio, insieme a Jen Rosenblit, Everything fits in the room, una performance che indaga la relazione con lo spazio attraverso un complesso rapporto con l’ordine, che incoraggia crepe e perdite all’interno di architetture fatte per incontri e ritrovi, proponendo pratiche che non rinunciano alla cura, al pericolo e all’amnesia.
Il 27 maggio Riccardo Benassi – poeta dall’approccio multidisciplinare la cui pratica basata principalmente sul media del linguaggio – porterà negli spazi della Pelanda Dancefloorensick, una serie di video-essays divisa in sei capitoli che compongono un unico flusso, suonando come un mixtape. Una collezione d’appunti che ambiscono alla poesia sapendola irraggiungibile.
Il 28 maggio, a chiudere questo movimento di re-creatures: Echoic Choir, la nuova collaborazione tra Stine Janvin, vocalista, performer e sound-artist, e Ula Sickle, coreografa e performer che con un background in danza contemporanea . Echoic Choir evoca il rituale dello stare insieme su una pista da ballo circondati dalla musica, nelle tarde ore della notte. Fondato sul potere sonoro delle voci e della risonanza spaziale, il progetto intende creare uno spazio collettivo e immersivo sensoriale, posizionando le/gli spettatrici/spettatori e i performer in uno spazio condiviso, come in un rave o in un night club. Il suono, la coreografia e gli aspetti visivi del lavoro, come per esempio la luce, creano una forte esperienza sinestetica per il pubblico.