L’installazione si compone di due strutture simmetriche che evocano lo scheletro di una grande barca. La semplice carena è sezionata in due parti che si sviluppano dal soffitto fino a tangere il pavimento, con un medesimo ritmo compositivo semicircolare realizzato con abiti annodati tra loro. Per la scelta dei colori che delineano le due strutture complementari, gli abiti suggeriscono un dialogo simbolico tra il maschile e il femminile: chiari da un lato, dai toni più freddi dall’altro. Dal tutto emana una combinazione coloristica di armonica bellezza.?
“Mi sono sempre piaciuti i film horror e di fantascienza. Mi ricordo di aver visto Star Trek da bambina e dopo di essere stata influenzata da 2001: Odissea nello spazio. Poi, mano a mano che il mio lavoro si sviluppava e mi rendevo conto che esso aveva affinità con i film di David Cronenberg o quelli della serie “Alien”, iniziai a esplorare la fantascienza in maniera più profonda. Divenne chiaro che i temi affrontati dal genere – lo stato del mondo, il futuro e il destino degli esseri umani – avevano corrispondenza con i miei interessi e sensibilità. Quando guardavo film e fumetti di fantascienza, mi appariva chiaro come gli artisti che li creavano si servissero di maschere africane e dell’arte di altre epoche e culture per sviluppare i loro personaggi. Così iniziai a comprare maschere di plastica dozzinali per usarle come armature per sculture fatte a maschera molto più elaborate che incorporavano carta pesta, pasta per modellare e oggetti di recupero.
“Il mio processo aveva sempre avuto un inizio, una parte centrale e una fine. Mi resi conto invece che ora potevo fermarmi quando trovavo qualcosa che mi interessava. Questa scoperta trasformò il mio lavoro, potevo lasciare le cose più aperte e grezze, con maggiori spazi nei quali gli osservatori potessero entrare a piacimento.”