ATP DIARY

Artist-run space 2017 | Agreements To Zinedine – ATZ | Selected Projects

ATPdiary ha chiesto a una selezione di spazi indipendenti italiani di presentare degli artisti con cui hanno collaborato o collaboreranno nei prossimi mesi. L’obiettivo è di presentare una nuova generazione di artisti (si spera bravi) seguiti da altrettanti spazi per la...

plllla plllla, impalcatura, legno, agglomerato di poliuretano espanso, piante, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ. Photo by Giulio Boem
plllla plllla, impalcatura, legno, agglomerato di poliuretano espanso, piante, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ. Photo by Giulio Boem

ATPdiary ha chiesto a una selezione di spazi indipendenti italiani di presentare degli artisti con cui hanno collaborato o collaboreranno nei prossimi mesi. L’obiettivo è di presentare una nuova generazione di artisti (si spera bravi) seguiti da altrettanti spazi per la crescita di nuovi talenti.

Agreements To Zinedine – ATZ è un’agenzia non costituita composta da artisti per artisti e fondata come formato di discussione, che tenta di rigenerare temi e tendenze, attraverso un lavoro di ricerca collettivo e stratificato.
Agreements To Zinedine – ATZ è il luogo dove ogni indagine artistica si declina alla comodità, la quale abilità può scandagliare – in levare – i punti comuni del sistema artistico, in modalità contemplativa e lentameeeeente.
In qualche modo ogni progetto che Agreements To Zinedine – ATZ ha realizzato sino adesso non soltanto è il frutto della dialettica tra artisti, amici e collaboratori che hanno avuto modo, nel tempo, di alimentare l’agenzia stessa; ma anche la summa dell’estetica delle sue inezie, le quali si adagiano sempre su forme semplici e morbide.
Per queste ragioni Agreements To Zinedine – ATZ non riesce a stupire quanto, invece, ad accomodare la gente in scenari probabili, ma – ahimè – dilapidati dalla forza generatrice del “nostro” quotidiano.

Agreements to Zinedine – ATZ è stata fondata a Milano nel 2015 da Giampaolo Algieri, Dario Bitto, Sofia Bteibet, Andrea Cancellieri, Antonio Gramegna e Luca Petti

Selected Projects

plllla plllla (maybe plants platform)

plllla plllla (maybe plants platform) è stato un periodo riconosciuto da una definizione casuale, che circoscriveva una ricerca tematica nella moltitudine di linguaggi artistici. Il progetto si è strutturato in tre mesi, attraverso la collaborazione di una miriade di artisti diventati amici e amici diventati artisti, ma ciò malgrado è stato una piattaforma di ricerca collettiva che indagava l’uso della piante e della vegetazione, nelle declinazioni estetiche e come vettore di possibili scenari.

plllla plllla (maybe plants platform) è stato un fenomeno che si è innestato sulle capacità e il lavoro di

Pascual Sisto, Sara Ricciardi, Davide Zucco, Andrea De Stefani, Canedicoda, Jonathon Keats, Supermoon, Mario Di Mauro, Dossofiorito, Jacopo Miliani, Nanna Debois Buhl, Tropic Disco Sound System, Invernomuto, Jonathan Gobbi & Marco Furlani, Matteo Nobile e Nátalia Trejbalová, Elena Radice, Massimo Mazzone, Azzurra Muzzonigro, Ugo La Pietra, Zoe De Luca e Nicolas Sassoon. e altri ancora.

plllla plllla, impalcatura, legno, agglomerato di poliuretano espanso, piante, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ. Photo by Giulio Boem
plllla plllla, impalcatura, legno, agglomerato di poliuretano espanso, piante, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ. Photo by Giulio Boem
plllla plllla, impalcatura, legno, agglomerato di poliuretano espanso, piante, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ. Photo by Giulio Boem
plllla plllla, impalcatura, legno, agglomerato di poliuretano espanso, piante, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ. Photo by Giulio Boem

 A Refuge in Case of Tropical Storms

A Refuge in Case of Tropical Storms è stato un progetto realizzato in occasione di Outer Space, modulato come un intervento “ambientale”. Il progetto lavorava sulle possibili analogie di un paesaggio interno o ambiguo, proposto come un’architettura temporanea, costruita su molti dei contributi materiali provenienti dalla ricerca scientifica applicata agli stili di vita attuali. Al contempo, si trattava di un luogo in attesa di attivazioni e relazioni con il pubblico, il quale si trovava in un ambiente rarefatto dagli assiomi innestati sulla vita estetica, sul naturalismo contemporaneo e sulla manipolazione geografica. In qualche modo, si trattava di una soluzione di continuità a tutto ciò.
A Refuge in Case of Tropical Storms è stata, perciò, una dimora di sicurezza, un luogo esaustivo e astratto dai paesaggi naturali, tropicali e/o rurali, in quanto oramai traslati negli spazi interni, conseguentemente minacciati dalle conseguenze estrattive di “materiale” dall’esterno.
Il solo attraversamento di A Refuge in Case of Tropical Storms, infatti, ci conduceva in Sudamerica utilizzando il corridoio dello spazio interno e si manifestava al pubblico come se sfogliassimo un album delle vacanze, oppure la brochure di un tour-operator. Forse meglio, il solo attraversamento di A Refuge in Case of Tropical Storms: ci portava tutti in crociera1.
A Refuge in Case of Tropical Storms era un luogo che raccoglieva e sommava alcuni elementi grafici e letterari prodotti da tutti gli spazi invitati in Outer Space, connotando lo spazio come luogo di dispersione narrativa.

1 In riferimento a Una cosa divertente che non farò mai più, di David Foster Wallace.

Questo scritto è stato presentato per ATP Diary sotto forma di resoconto dell’ultimo anno di attività di Agreements To Zinedine – ATZ.

A Refuge in Case of Tropical Storms, installation view, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ
A Refuge in Case of Tropical Storms, installation view, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ
A Refuge in Case of Tropical Storms, installation view, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ
A Refuge in Case of Tropical Storms, installation view, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ
A Refuge in Case of Tropical Storms, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ, Invernomuto e Marsèlleria
A Refuge in Case of Tropical Storms, dimensioni ambientali, courtesy di ATZ, Invernomuto e Marsèlleria