La mostra di Marlene Dumas alla Tate Modern è un’enorme retrospettiva che raccoglie opere prodotte in più di trent’anni, concentrando il lavoro e l’energia dell’artista in un’unica fatica; un’impresa che si può guardare quasi intera, quasi simultaneamente e al suo quasi termine. I diversi cicli di produzione sono in questa mostra mischiati in un grande momento che racconta quello che per l’artista credo sia stata una lunga emorragia. The Image as Burden, questo è il titolo della mostra e di un piccolo quadro che ripropone un fotogramma del film Camille (1936), in cui l’eroina morente Greta Garbo è in braccio all’amante. Un quadro tanto piccolo e veloce quanto straziante sia per la pietà che rappresenta sia nel modo in cui la rappresenta mettendo proprio qui allo scoperto una grande vulnerabilità, che in pittura credo sia davvero preziosa. Tornando al titolo, L’Immagine come peso, come fardello, come croce, rimarca lo sforzo per la rappresentazione intesa come il dare forma e il creare immagini che coincidano alla vita e alle sue trasformazioni.
Dumas attinge sia alla sua storia personale, sia a quella comune, filtrando immagini da entrambi gli archivi che, sovrapposte all’iconografia occidentale contribuiscono ad ampliarne la storia. Più che un peso Marlene Dumas conferma così un destino. Disegni, ritagli, ritratti, e la sua mitica serie di Maddalene presentata alla Biennale di Venezia nel 1995. Figure prelevate da fonti differenti, veneri, vergini, dee, modelle, dive, sono inscritte in tele lunghe e strette ed io aggiungendomi a queste partecipo a un’esperienza monumentale femminile. Raggiungo Naomi e Lady Diana una a fianco all’altra e penso che è qui l’apice di questo discorso, ma a sorprendermi è lo sfondo da cui compare Naomi, un azzurro preziosissimo mentre il suo ombelico è un punto nero dal centro rosso. Tutto questo è per me un grosso evento, assistere a un quadro come a qualcosa che può accadere solo in questo momento e che invece è per sempre. Non c’è solo un discorso aperto sull’immagine, non è questa la croce ma la pittura: se le immagini sono un’esperienza quotidiana, la pittura è un’esperienza straordinaria, è un oggetto benedetto, una pratica di piacere che proprio in quanto tale, contiene una componente dolorosa che in questa mostra è davvero evidente.
Fino al 10 Maggio