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Luca Lupi | Sullo sguardo, sui nomi e sulle cose – Cardelli & Fontana

In occasione della personale del fotografo Luca Lupi – Dal vero – alla galleria Cardelli & Fontana, pubblichiamo il testo redatto del critico Pietro Gaglianò. Sullo sguardo, sui nomi e sulle cose La parola inglese che definisce il paesaggio, ‘landscape’,...

Luca Lupi - Dal vero – Installation view - Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018
Luca Lupi – Dal vero – Installation view – Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018

In occasione della personale del fotografo Luca LupiDal vero – alla galleria Cardelli & Fontana, pubblichiamo il testo redatto del critico Pietro Gaglianò.

Sullo sguardo, sui nomi e sulle cose

La parola inglese che definisce il paesaggio, ‘landscape’, si costruisce alla confluenza di due termini che ne individuano il fattore antropico con maggior chiarezza dell’omologo lemma italiano. Landscape è composto da ‘land’, la terra, il suolo o, in senso letterario, un paese, un luogo, e il suffisso ‘-scape’, utilizzato per indicare la vista di qualcosa, l’azione di guardare e di riprodurre, una rappresentazione (pittorica, fotografica o con altri medium). Landscape può guidarci, meglio del nostro ‘paesaggio’, nella comprensione dell’aspetto culturale che permea questo concetto come qualcosa legato più alla condizione antropica che a quella naturale. I paesaggi, per citare una celebre sintesi di Marc Augé, sono “fatti culturali”: sono lo sguardo del genere umano sulla terra, e sono il compimento di un esercizio di osservazione che si esplicita, si traduce, in un atto di appropriazione, talvolta affettivo, quasi sempre egemonico. In una prospettiva politica, infatti, il prodursi di questo fatto culturale è l’epifania di una geometria del potere: la rappresentazione del paesaggio serve a dichiararne il possesso (così accade nella storia europea a partire dal XVII secolo, come si legge sulle pareti del Salone dei Cinquecento che Giorgio Vasari affresca nel 1565, per glorificare le battaglie, le conquiste e i domini del casato mediceo, e come è evidente nella cosiddetta invenzione del “paesaggio come medium”[i] per l’esaltazione del progresso e del colonialismo al tempo della prima rivoluzione industriale); il paesaggio, per chi ha il potere di farlo, definisce i confini delle proprie terre, della terra.

Finis terrae e Landscapes sono i titoli delle due serie di opere cui Luca Lupi si dedica con maggiore impegno da qualche anno: fotografie che in base al punto di vista dell’artista e del suo obiettivo, rivolti verso il mare o verso la terraferma, rientrano rispettivamente nella prima o nella seconda raccolta. Da un orizzonte molto basso sorgono nitidi i profili di grandi metropoli, dagli Stati Uniti al Giappone, i suburbi dell’Europa centrale, le periferie della provincia italiana, i litorali e le isole, le aree industriali, i margini delle foreste: una linea di brani di paesaggio che si susseguono in una teoria idealmente ininterrotta. Come ha scritto Ilaria Mariotti, le opere di Lupi suggeriscono “movimenti del corpo, della testa degli occhi: guardare davanti a sé, guardare dietro di sé”[ii]; un moto soggettivo, fisico, reso obbligatorio dalla natura dell’opera, che nell’esperienza dell’osservatore diventa metafora di altri movimenti: attraversamenti del territorio, circumnavigazioni, viaggi da una costa all’altra, non importa quale sia l’elemento su cui il viaggio si compie. Ovunque l’occhio dell’artista si volga (e simultaneamente anche quello di chi guarda le sue opere), incontra sempre un limite naturale, un orizzonte di terra o d’acqua, un unico confine che disegna una geografia tangibile. Il paesaggio composto da questo sguardo è una linea continua, una frontiera persistente rivelata negli scatti fotografici che include, o esclude, chiunque abbia la volontà e la forza di guardare: il confine, dunque, il confine su questo pianeta è uno solo e coincide con la capacità che abbiamo di immaginarci come parte del mondo. Il centro delle opere di Luca Lupi si situa al cuore di questo rapporto ottico, nel senso dello sguardo che lega l’essere umano al suo ecosistema, e il paesaggio, urbano, marino o rurale, liberato dai dettati gerarchici, dichiara una acquisizione di cittadinanza sempre legittima per chiunque lo abiti.

Luca Lupi - Dal vero – Installation view - Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018
Luca Lupi – Dal vero – Installation view – Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018
Luca Lupi - Dal vero – Installation view - Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018
Luca Lupi – Dal vero – Installation view – Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018

La cultura contemporanea, nella sua più recente declinazione, globale, liquida, tragicamente massificata e inaspettatamente sovranista, assiste a una semplificazione del termine ‘paesaggio’ in due interpretazioni tra loro complementari. Da un lato c’è l’involuzione identitaria, dove il territorio (la realtà complessa delle cose) si appiattisce sul paesaggio (la loro raffigurazione mentale, a volte astratta) con lo scopo di definire una patria fortezza, illusoriamente impermeabile e coltivata con localistica arroganza. Contestuale e parallela si è sviluppata la sovrapproduzione di immagini, il più delle volte ordinarie riproduzioni di inquadrature rese ormai insignificanti da un’ipertrofica veicolazione sui social network; un’ossessione per il visibile che riduce il paesaggio a una cornice accessoria, una successione di fondali dove a raffiche di autoscatti si apparecchia la “certificazione svogliata dell’esistenza privata”[iii]. In un caso e nell’altro viene esclusa su scala globale e individuale, più o meno strategicamente, la trasformazione come inevitabile fisiologia del mondo; il paesaggio della surmodernità (per citare ancora Augé[iv]) contrae così gli eccessi di spazio e tempo, forzando il primo in una visione monoculare e dissipando il secondo nelle lusinghe dell’intrattenimento più a buon mercato che si possa immaginare.

In un tale scenario sembra che il paesaggio, nel significato filologico indicato nell’incipit di questo scritto, possa difficilmente trovare spazio come soggetto nella creazione artistica, e ne resta ai margini, per lo più ristretto nell’attribuzione di genere o di maniera. In Italia tuttavia sarebbe possibile elencare molti artisti che, districandosi dai cascami della tradizione e dal paesismo di marca novecentesca abbracciato al folklore, hanno sviluppato estetiche originali, sia in pittura e in fotografia sia in altre pratiche dello spazio, e hanno aperto indagini su nuove possibilità narrative, tenendo insieme il primato della forma con una certa coraggiosa radicalità dell’invenzione. La ricerca di Luca Lupi si nutre di una lunga osservazione del territorio, attenta e rigorosa. Un approccio metodico (e una altissima qualità che caratterizza ogni fase del processo fotografico, dallo scatto allo sviluppo) si innesta su una vertigine che lega l’artista alla coerenza della composizione; questa, nel mutare dei soggetti, si ripete confermandosi e diventa così un tratto di stile riconoscibile.

Luca Lupi, “Coney Island, New York”, 2018, archival pigment print su carta cotone Hahnemühle, edizione di 6, courtesy Cardelli & Fontana
Luca Lupi, “Coney Island, New York”, 2018, archival pigment print su carta cotone Hahnemühle, edizione di 6, courtesy Cardelli & Fontana
Luca Lupi - Dal vero – Installation view - Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018
Luca Lupi – Dal vero – Installation view – Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018

La specificità del lavoro di Lupi è collocabile con una certa difficoltà nelle genealogie della fotografia; la densità pittorica in cui sono immersi i suoi orizzonti lo avvicina in una certa misura al purismo metafisico di Luigi Ghirri o di Vittore Fossati, ma c’è lo scarto di oltre una generazione, con tutto il carico di un rapporto diverso con la storia e con il medium (in definitiva il solo tratto comune con i nomi citati), e con un aplomb nordico, una estetica della distanza in Lupi che sono del tutto nuovi rispetto al passato, ma anche del tutto controcorrente rispetto ai panorami più recenti. Nella loro rarefazione, nell’assenza quasi totale della figura umana, nella celebrazione di un’assenza che si dichiara per contrasto come presenza ineludibile dell’umano, le opere di Luca Lupi evocano piuttosto un pensiero radicale come quello che ha ispirato le leggendarie esperienze della Land Art anglo-statunitense. Pure senza il massiccio intervento fisico, senza la produzione di trasformazioni tangibili sull’ambiente naturale (e lontano da quella singolare vocazione per l’assoluto comune a Richard Long, Robert Smithson o Michael Haizer), Lupi pratica un’osservazione del mondo che supera l’idea di rappresentazione e ridefinisce un nuovo rapporto con l’habitat, non solo liberandosi in tal modo di una pluricentenaria tradizione iconografica ma anche contestando l’atteggiamento predatorio della cultura coloniale di origine occidentale.

III. Osservare il lavoro di un artista provvisto di una coerenza formale molto forte sollecita sempre interrogativi sulle prospettive, sulle direzioni che il suo lavoro potrà prendere. Finis terrae e Landscapes costituiscono un punto decisivo per Lupi, sono la prova di una caparbia serietà, di una sensibilità intatta e poco incline alle mode, e osservate come serie o come singole opere appaiono complete, imperturbabili nel loro nitore. Viene quindi da chiedersi cosa accadrà quando Luca Lupi rivolgerà l’attenzione ad altri soggetti e ad altre distanze, quando cambierà la relazione prossemica tra l’artista e il mondo che lo contiene. La serie Corrispondenze, dove vengono ritratti in scala uno a uno frammenti del mondo vegetale, fornisce una possibile nuova direzione della sua ricerca, focalizzata su altri ecosistemi e altri modi di guardare il paesaggio, sulla dimensione del microcosmo di un sottobosco, su un orizzonte ravvicinato in cui la distanza fornisce un diverso filtro poetico.

Pietro Gaglianò

[i] Cfr. William J. T. Mitchell, a cura di, Landscape and Power, The University of Chicago Press, Chicago – Londra 1994-2002, p. 7.
[ii] Ilaria Mariotti, Landscapes / Finis Terrae, Pacini Editore, Pisa 2017.
[iii] Cfr. Pietro Gaglianò, Memento. L’ossessione del visibile, Postmedia Books, Milano 2016.
[iv] Marc Augé, Non-lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité, Éditions du Seuil, Parigi 1992.

Luca Lupi / Dal vero
testo di Pietro Gaglianò
Cardelli & Fontana arte contemporanea

Sarzana (Sp)
8 dicembre 2018 – 26 gennaio 2019

Luca Lupi, “New York #2”, 2018, archival pigment print su carta cotone Hahnemühle, edizione di 6, courtesy Cardelli & Fontana
Luca Lupi, “New York #2”, 2018, archival pigment print su carta cotone Hahnemühle, edizione di 6, courtesy Cardelli & Fontana
Luca Lupi - Dal vero – Installation view - Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018
Luca Lupi – Dal vero – Installation view – Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018
Luca Lupi, “Rimini”, 2018, archival pigment print su carta cotone Hahnemühle, edizione di 6, courtesy Cardelli & Fontana
Luca Lupi, “Rimini”, 2018, archival pigment print su carta cotone Hahnemühle, edizione di 6, courtesy Cardelli & Fontana
Luca Lupi - Dal vero – Installation view - Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018
Luca Lupi – Dal vero – Installation view – Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018
Luca Lupi - Dal vero – Installation view - Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018
Luca Lupi – Dal vero – Installation view – Cardelli & Fontana Arte Contemporanea, Sarzana 2018