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Lara Favaretto e la poetica dei tubi innocenti

Fino al 26 maggio la Galleria Franco Noero ospita Sucking Mud, la mostra personale di Lara Favaretto. Il metodo scelto dall’artista trevisana in questa sua ultima prova, ricorda vagamente quello di Michelangelo che scolpiva “per via di levare”, dunque per continue sottrazioni. Lo scultore...

Lara Favaretto, Sucking Mud - Installation view - Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano - Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero
Lara Favaretto, Sucking Mud – Installation view – Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano – Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero

Fino al 26 maggio la Galleria Franco Noero ospita Sucking Mud, la mostra personale di Lara Favaretto.

Il metodo scelto dall’artista trevisana in questa sua ultima prova, ricorda vagamente quello di Michelangelo che scolpiva “per via di levare”, dunque per continue sottrazioni. Lo scultore lavorava eliminando la materia che nascondeva la forma; togliere il marmo in superficie aveva lo scopo di raggiungere le fattezze dei soggetti, come se idealmente questi pre-esistessero al suo atto. Innescando un paradosso, l’opera di Lara Favaretto, crea attraverso la rimozione, così da trascinare lontano il concetto di limite.

Le prime sale della galleria si distinguono per la presenza di tubi in ferro intersecati tra di loro; questi elementi provenienti dall’ambiente costruttivo sono decontestualizzati e privati del loro ruolo. L’evidente assenza di un cantiere in atto, la ruggine dei tubi e la lana blu, rossa e gialla che li ricopre, spingono questi elementi verso una dimensione anti-funzionale e concreta suggerendo un senso di ambigua provvisorietà. La geometria disegnata dalle giunture di ferro, sommata alla scelta dei colori dei fili di lana definisce una citazione esplicitata nel titolo del lavoro; Grid after Piet Mondrian.
Girare attorno alla materia fino a renderla visibile nel suo nucleo, nella sua essenza, prima che raggiunga la dimensione di prodotto ed esplichi la sua funzione; questo sembra essere l’approccio selezionato.

Lara Favaretto, Sucking Mud - Installation view - Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano - Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero
Lara Favaretto, Sucking Mud – Installation view – Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano – Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero
Lara Favaretto, Sucking Mud - Installation view - Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano - Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero
Lara Favaretto, Sucking Mud – Installation view – Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano – Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero

Un’argentea lastra di lamiera si inserisce in sospensione e quasi a forza nella sala settecentesca che, attraverso gli specchi, ripete e espande il colore freddo. Luna Park è un pavimento sopraelevato, una pedana che trattiene memorie di giochi infantili dando vita ad uno spazio altro, ricco di nuove possibilità.
Riflesso che torna al termine della mostra in Homage to Bas Jan Ader; un grande parallelepipedo in ottone che attraverso le sue brillanti pareti moltiplica lo spazio in cui si trova e le presenze dei visitatori, testimonia il proprio passaggio con impronte nitide e segni di quello che resta; il residuo.

Il tempo è ciò che continua ad accadere inesorabilmente, è segno tattile, erosione, trasformazione e consunzione. Questo argomento è declinato nel reperto, nella riproduzione o tramite l’intervento sull’esistente; in Sucking Mud i vuoti prodotti dal logorio sull’antico pavimento di legno sono colmati con dell’oro, facendo propria l’antica pratica giapponese del kintsugi. L’uso dell’oro accentua e sottolinea l’assenza, il gesto del riparare valorizza il deterioramento dettato dal tempo.
Questo lavoro, attraverso la restituzione di una cicatrice preziosa, conferisce unicità al pavimento superando il disvalore della distruzione.
335, 350, 3302, 349, 356, 364 è un intervento sul reperto; l’esito di un complesso rapporto tra celato e mostrato. Sei dipinti trovati, nascosti da una griglia di fili di lana verdi, allo stesso tempo sono resi vibranti e vivi dall’effetto ottico prodotto; l’incontro tra fruitore e dipinto non è più passivo perchè in relazione allo spostamento del punto di vista ne consegue una diversa resa dell’immagine. La barriera monocroma determina un insospettabile dinamismo mentre la lana calda, accogliente e domestica spezza l’inerzia dei metalli incontrati nel percorso.

Il suono registrato e riproposto nelle sale, sazia anche l’ultimo senso, lasciando il dubbio di un reale accadimento si fonde con i rumori di passaggio di piazza Carignano.

Lara Favaretto, Sucking Mud - Installation view - Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano - Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero
Lara Favaretto, Sucking Mud – Installation view – Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano – Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero
Lara Favaretto, Sucking Mud - Installation view - Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano - Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero
Lara Favaretto, Sucking Mud – Installation view – Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano – Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero
Lara Favaretto, Sucking Mud - Installation view - Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano - Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero
Lara Favaretto, Sucking Mud – Installation view – Crediti fotografici Sebastiano Pellion di Persano – Courtesy l’artista e Galleria Franco Noero