Intervista a Domenico De Chirico, Direttore Artistico #DAMA

"L'identità di DAMA è connotata soprattutto da un'impostazione curatoriale che definirei a ingranaggio: selezione accurata delle gallerie, conseguente scelta concordata degli artisti per ciascuna galleria e assegnazione delle stanze, il tutto in dialogo con lo spazio in cui prende luogo questa 'grande esposizione'."
17 Ottobre 2017

Nata nel 2016 dalla collaborazione tra alcune gallerie emergenti, DAMA presentare la seconda edizione che include 12 gallerie internazionali, 2 spazi No-profit e un Live programme. Presentata come “una mostra curata”, il progetto è ospitato dal 2 al 5 novembre nelle sale barocche di Palazzo Saluzzo Paesana, una dimora storica nel centro di Torino.

DAMA offre ai visitatori della settimana dell’Arte contemporanea di Torino una mostra composta da gallerie di nuova generazione che presentano artisti emergenti, con l’intento di creare un dialogo con la sede ospitante e una particolare attenzione alle relazioni interpersonali e al networking. Negli stessi giorni un programma Live animerà le sale di Palazzo Saluzzo Paesana attraverso performance e proiezioni di video. L’intero programma, intitolato ‘Smoke and Mirrors’, prevede opere di: Sasha Litvintseva, Sam Smith, Laure Prouvost, Diogo Evangelista, Anna Franceschini, Guan Xiao.
Le gallerie partecipanti: Arcade -London / John Wallbank – Berthold Pott – Cologne / Colin Penno – BWSMX – Mexico City / Morgan Mandalay with Kim-Anh Schreiber – Giorgio Galotti – Turin / Adam Cruces – Hawaii-Lisbon – Lisbon / Daniel Van Straalen – Leto – Warsaw / Honza Zamojski – Lily Robert – Paris / Jonas Wijtenburg – Tobias Nahering – Leipzig / Sebastian Burger – Neochrome – Turin / Alexandra Noel – Neumeister BarAm – Berlin / Sinae Yoo – Svit – Prague / Jimena Mendoza with Ajit Chauhan – Weiss Berlin – Berlin / Elif Erkan – + No-profit: Meyohas –  New York / Virginia Lee Montgomery – Pina – Vienna / Sasha Auerbakh

Domenico De Chirico, direttore  artistico DAMA © Tassili Calatroni

Domenico De Chirico, direttore artistico DAMA © Tassili Calatroni

Claudia Santeroni ha intervista il direttore artistico della manifestazione, Domenico De Chirico —

Claudia Santeroni: Come mai avete strutturato un evento d’arte contemporanea in una settimana già così ricca? Cosa aggiunge DAMA alla programmazione preesistente della Torino Art Week?

Domenico De Chirico: DAMA nasce con l’intenzione di dare forma a un nuovo “aditus” il cui obiettivo è quello di creare e presentare una “grande esposizione” che si sviluppa attraverso un percorso architettonico fluido poiché di carattere originariamente domestico. Per sua impostazione non ha “pretese” di tipo fieristico ma attraverso un’accurata selezione di progetti espositivi vuole aprire un dialogo tra l’eleganza del patrimonio torinese e la qualità delle opere d’arte selezionate.

CS: Un palazzo settecentesco anziché un white cube da galleria o l’anonimo ambiente fieristico. Quanto le opere e la proposta sono nobilitate dalla sede stessa?

DDC: L’intenzione curatoriale di DAMA ha un approccio oserei dire museale, ciò che viene prima di tutto è la qualità del progetto, che è un insieme di progetti differenti in “cohousing”, e che si sposa con la caratterizzata morfologia dello spazio che li ospita. Gli ambienti in cui si sviluppa DAMA sono stati l’indiscusso punto di partenza per avviare una riflessione sulla collocazione dell’opera d’arte al giorno d’oggi. Osservare un’opera in uno stand bianco e immacolato è sicuramente la scelta più neutrale, ma se si fruisse della visione di un’opera in maniera differente? E soprattutto, se si riuscisse ad avere in un unico spazio un numero contenuto di progetti espositivi che insieme dialogano l’un l’altro respingendo l’atmosfera a volte caotica del tipico ambiente fieristico?

CS: Il termine “fiera” non è quello in cui vi riconoscete. L’anno scorso è stato dichiarato che “Dama recupera l’intimità dei rapporti e il tempo per valutare la ricerca di un artista in relazione ad uno spazio”. Sembra che DAMA si ponga in contrapposizione alla fiera, ripristinando il lato contemplativo. Ma allora, perché mantenere il lato commerciale, in parallelo all’evento espositivo?

DDC: Chi partecipa a DAMA lo fa per offrire all’artista che presenta una sfida e un’opportunità.
Le Biennali o le partecipazioni in mostre museali non sono pensate per vendere opere, eppure sono i momenti in cui potenzialmente si vende di più perché con il lievitare del valore dell’opera in termini economici si acuisce l’interesse di un collezionista verso un artista. DAMA ha come interesse principale quello di esporre ma se si palesano delle possibilità di vendita perché tagliare un filo diretto di questo tipo se anche questo aspetto è nell’interesse sia dell’artista sia del gallerista?

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CS: E’ apprezzabile il numero limitato di gallerie partecipanti, che consente una fruizione attenta e non obbliga ad un tour alienante. Con quali criteri vengono selezionati i partecipanti? Sempre per questioni di “stima e interrelazioni preesistenti”, come è stato per l’edizione 2016, o ci sarà qualche variazione?

DDC: L’identità di DAMA è connotata soprattutto da un’impostazione curatoriale che definirei a ingranaggio: selezione accurata delle gallerie, conseguente scelta concordata degli artisti per ciascuna galleria e assegnazione delle stanze che avviene in funzione del progetto espositivo, il tutto in dialogo con lo spazio in cui prende luogo questa “grande esposizione”. L’imminente edizione 2017 prevede la partecipazione di 12 gallerie internazionali (solo alcune riconfermate dall’edizione 2016), 2 spazi no-profit (novità integrata per questa seconda nuova edizione) ed un cambiamento nella direzione del live program egregiamente curato da João Laia.

CS: Due sole gallerie italiane, le restanti sono europee, con l’eccezione di BWSMX da Mexico City. Quale è la visione d’insieme che DAMA propone a fronte di questa compartecipazione?

DDC: Vorremmo avere un numero maggiore di gallerie italiane ma avendo scelto la linea progettuale di cui sopra abbiamo deciso di cercare il maggior equilibrio possibile in termini geografici. Rispetto alle partecipazioni fuori dal “vecchio continente”, oltre a quella di BWSMX da Mexico Cityquesta seconda edizione di DAMA ospiterà anche Meyohas di NYC, nella nuova sezione dedicata agli spazi no-profit.

CS: Ci sarà un tema dominante, un’omogeneità progettuale tra una stanza e l’altra, oppure ogni spazio è libero e indipendente dal suo vicino?

DDC: Nessun tema e nessuna briglia, solo una selezione accurata di contenuti scelti indipendentemente per qualità ma al contempo con il fine di preservarne e valorizzarne il dialogo con la sede ospitante.

CS: Talk; performance; eventi speciali; incontri con collezionisti e curatori; champagne: sei d’accordo che nel 2017 la fiera non può permettersi di essere solo una fiera? E se sì, perché? Se non sei d’accordo, per quale diverso motivo?

DDC: Non credo che nel 2017 una fiera non possa essere solo una fiera e tale scelta può dipendere da una serie di fattori pratici ma in primis il tipo di missione che ci si impone a priori. Mi piace credere a volte nell’austerità e nella sintesi, di conseguenza spesso l’orpello può diventare semplice intrattenimento, ciò che conta è che qualunque cosa venga fatta per ampliare un programma “canonico” non abbia carattere di futile supplemento.

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CS: Perché non calendarizzare in una settimana diversa da quella di Artissima e dare a DAMA una sua autonomia, anche temporale?

DDC: Siamo ancora troppo piccoli per ritenerci indipendenti al punto da convogliare un pubblico così ampio in un momento diverso dell’anno. Ci hanno offerto di sviluppare DAMA a Londra, in Brasile e a Milano, ma stiamo procedendo con molta attenzione, vogliamo prima raggiungere gli obiettivi prefissati nel luogo in cui il progetto è nato, per poi considerare queste proposte come possibili future estensioni. E’ importante sottolineare ancora una volta quanto effettivamente questo progetto sia unico e costruito ab origine tenendo conto imprescindibilmente del patrimonio della città di Torino, sia per il tipo di sede in cui si svolge sia per la sua composizione.

CS: Avete una particolare immagine coordinata, con questo rettangolo verde che si sovrappone alle immagini del palazzo. Puoi commentarla?

DDC: L’immagine coordinata del 2017 è un’evoluzione di quella del 2016, elaborata da Giovanni Pinzani, grafico di Robilant Milano, una delle agenzie di grafica più attente del settore. L’idea era quella di offrire varie forme geometriche basiche come il rettangolo o il cerchio che si inserivano negli ambienti barocchi. Questa impostazione si è evoluta nel 2017 espandendo le forme stesse e riempiendole quasi a coprirne l’intera superficie delle sale. Abbiamo curato il processo di crescita grafica come il processo di crescita di DAMA. Stiamo già elaborando la grafica del 2018 che sarà un’ulteriore evoluzione di questa stessa impostazione.

CS: Quali sono stati gli esiti conseguiti nell’edizione precedente in rapporto all’affluenza dei visitatori, alle vendite e alla tipologia di collezionisti che avete assorbito? Quali sono le aspettative per questa edizione?

DDC: Ottime, non ci aspettavamo un inizio del genere: oltre 6000 visitatori, un’ottima varietà di affluenza tra gente di settore, stampa, amatori o semplici curiosi. Anche il rapporto con i collezionisti è stato vincente non solo su scala nazionale e ovviamente quest’anno ci auspichiamo di poter confermare quei risultati e superarli.

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