ATP DIARY

Interview with Silvia Mariotti – AplusA Gallery

[nemus_slider id=”50300″] In occasione della mostra  Dawn On A Dark Sublime di Silvia Mariotti, ospitata alla AplusA Gallery di Venezia fino al 10 febbraio 2016, ATPdiary ha posto alcune domande all’artista. ATP: Per la tua personale alla galleria AplusA di Venezia, hai scelto di indagare un fenomeno naturale molto particolare, le foibe dei territori dell’Istria e del Carso. […]

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In occasione della mostra  Dawn On A Dark Sublime di Silvia Mariotti, ospitata alla AplusA Gallery di Venezia fino al 10 febbraio 2016, ATPdiary ha posto alcune domande all’artista.

ATP: Per la tua personale alla galleria AplusA di Venezia, hai scelto di indagare un fenomeno naturale molto particolare, le foibe dei territori dell’Istria e del Carso. Cosa ti ha affascinato di queste particolari forme naturali?

Silvia Mariotti: È iniziata quasi casualmente mentre ero in visita ad un amico in residenza proprio in Slovenia. Sapevo di questo territorio così fortemente connotato ma non avevo esattamente idea di come si presentassero questi luoghi, finché non ho visto per la prima volta la foiba di Pisino in Istria.  Sono stata subito colpita dal silenzio estraniante di quel luogo ed era come se tutto appartenesse ad un altro tempo. Le vicende storiche, le ambientazioni e le ispirazioni erano tutte connesse in un unico spazio ma non si percepiva in quale dimensione oggettiva fosse il presente.

ATP: A cosa si riferisce il titolo della mostra, “Dawn on a dark sublime”?

S.M.: Dawn on a dark sublime si traduce in italiano come   l’alba che fa luce su un soggetto sublime e oscuro. Allo stesso tempo “to dawn” in inglese significa “venire in mente”, “rendersi conto”. Il titolo fa dunque riferimento sia alla percezione estetica del fenomeno naturale che alla connotazione storica del soggetto, le foibe.  La polarità tra luce e oscurità è forse la distinzione fondamentale che sta alla base di ogni percezione estetica. Da Edmund Burke a Kant vi è sempre stata una differenziazione tra il bello e il sublime, dove il bello e sempre connotato con la luce, le misure armoniche di soggetti piccoli e il mondo sociale, mentre il sublime è legato ai colori scuri, la smisuratezza, le grandi dimensioni e la solitudine, o meglio ad uno sguardo individuale. Il titolo Dawn on a dark sublime va dunque letto in vista di una fondamentale dialettica estetica: quella tra il bello e il sublime, la luce e il buio, la società e la solitudine, la storia e la natura.

ATP: In mostra sculture, fotografie, video e installazioni sonore: diversi mezzi espressivi per raccontare un unico progetto. Come hai messo in relazione i vari media?

S.M.: L’idea era di portare il progetto su diversi piani di lettura attraverso una serie di media che potessero esprimere più aspetti collegati al tema delle foibe. Mentre mi trovavo in quei luoghi, mi arrivavano degli input che necessitavano, in qualche modo, di prendere forma. Così mi è venuto in mente di riportare quelle suggestioni attraverso degli scatti notturni e conferire un valore differente della notte come contenitore.  Ragionando sul concetto di cavità, ad esempio, ho pensato al Giudizio Universale di Beato Angelico, al centro del quale sono raffigurati dei sepolcri scoperti, come se fossero quelle stesse cavità ad essere rappresentate nel passato. All’interno della pala di Angelico sono rappresentati gli angeli dell’Apocalisse che, suonando le trombe, risvegliano le anime dai sepolcri per indirizzarle tra i beati o i dannati. Ho deciso quindi di riprodurre la sagoma della pala all’interno della mostra, dipingendola con il colore del cielo e accostandola a due tracce sonore della tradizione italiana e slava. Le tracce si sovrappongono per indicare simbolicamente che non vi sono né dannati né beati in questa vicenda storica, ma un unico responsabile, l’uomo nella sua individualità. Tutto ciò mi ha permesso di costruire un percorso espositivo che, dalla magnificenza della natura e della geologia millenaria, passa attraverso la storia europea del ventesimo secolo per poi calarsi simbolicamente all’interno dei buchi neri e riconnettersi a tutta una serie di suggestioni letterarie, psicologiche, mitologiche ed estetiche.

ATP: Luoghi densi di storia e suggestioni, le foibe sono diventati dei veri e proprio simboli. A livello personale, cosa hai scoperto che ti ha particolarmente stupito di questi luoghi?

S.M.: Sicuramente sono luoghi carichi di suggestioni ma anche di memorie e come tali portano con sé un valore intrinseco di mistero. Un mistero che mi ha portato a ricercare per mesi attraverso fonti restituite da speleologi o degli abitanti del posto.  Spesso le ricerche erano vane ma capitava poi che , dopo ore di tentativi, si palesassero davanti agli occhi queste enormi cavità e lo spettacolo che si manifestava era assolutamente disarmante. Davanti a questo splendore naturale, è come se lo stupore e il timore si sovrapponessero per suscitare due diverse sensazioni: da un lato il senso di meraviglia, legato alla bellezza della natura, dall’altro una sorta di meccanismo di difesa dovuto alla tragicità di quel luogo e del suo passato.

ATP: A più riprese, nel testo che presenta la mostra, si parla del concetto di ’sublime’ in merito al tuo lavoro. Mi dai una tua definizione o spiegazioni di questo complesso concetto in relazione alle tue opere?

S.M.:Il sublime è un concetto antico, che nella storia dell’arte moderna e contemporanea sottolinea sempre le responsabilità individuali. Le opere in mostra richiedono soprattutto uno sguardo e un ricordo individuale. Esse non sono fatte per essere esposte di fronte ad una nazione, un gruppo etnico omogeneo, o di fronte ad una qualsivoglia comunità, poiché la dimensione del ricordo e l’elemento propriamente storico è qualcosa che riguarda soprattutto l’individuo. È proprio questa la magia del sublime: nonostante riguardi una sfera intima ha la forza di aprire l’accesso ad una dimensione più autentica della natura e della storia.

ATP: Ti sei ispirata ad alcuni artisti, scienziati o fotografi per questo tuo progetto espositivo?

S.M.: Molti sono stati i riferimenti artistici o letterari che mi hanno accompagnato durante questo progetto, da Dante a Jules Verne, da Beato Angelico a Thomas Ruff. Rileggendo il Viaggio al centro della terra – libro per il quale Verne si è ispirato pensando alla foiba di Pisino – ho voluto ad esempio sintetizzare l’immaginario in cui i protagonisti si perdono, scoprendo un mare in tempesta colpito da irradiazioni elettriche; ho quindi formalizzato l’opera attraverso una scultura composta da una fotografia di un mare mosso su acetato, accostandola a dei neon che ricordano l’elettricità del mondo sotterraneo.  Mi sono inoltre interfacciata con diverse figure che ruotano attorno al tema delle foibe e che sono stati fondamentali per dare al progetto ulteriori chiavi di lettura: la storica Marta Verginella con cui ho avuto modo di incontrarmi a Lubiana e Paolo Fonda, direttore dell’Istituto Psicoanalitico dell’Est Europa. Entrambi hanno contribuito al progetto con un testo che sarà inserito nel catalogo della mostra.

Silvia Mariotti,   Dawn On A Dark Sublime,   Installation view,   AplusA Gallery,   Venezia
Silvia Mariotti, Dawn On A Dark Sublime, Installation view, AplusA Gallery, Venezia
Silvia Mariotti,   Dawn On A Dark Sublime,   Installation view,   AplusA Gallery,   Venezia
Silvia Mariotti, Dawn On A Dark Sublime, Installation view, AplusA Gallery, Venezia