PUPA è un momento di tensione.
In quel momento sono racchiusi elementi della mia ricerca, ma anche ricordi, pulsioni e desideri.
Il rituale tribale si mischia con un incidente stradale. E questo è inevitabilmente legato a Saruz, che si è sganciata dalla realtà che conosciamo anticipando tutti noi. E quando dico noi parlo dei miei.
Mi sono preso la libertà di cambiare la storia immaginando il finale che avrei voluto: la mutazione che avviene nell’impatto di uno scontro automobilistico non si compie in maniera definitiva e la tribù abbandona la scena del rito unita.
PUPA esiste solo per l’amicizia.
Impregna tutto il processo di creazione. È la sua sostanza.
Diventa la prova tangibile della propria esistenza.
Questo affetto è quello che trasforma un gruppo di persone in qualcosa di altro. In un NOI che si esprime nelle sue molteplicità e con le sue differenze. Con i propri riti e le proprie efferatezze. Un’amicizia iperbolica.
La performance non esisterebbe se non ci fossero stati tanti amici a renderla possibile: dalla Romagna a Milano. Grazie a Vale, la mia complice. Grazie a Osso, l’amico di sempre. Grazie a quelli che mi hanno prestato i motorini e grazie alla selvaggia tribù di amici che li ha guidati: Claudia, Niki, Linda, Stefano e Ste. Grazie a Nat perchè senza di lei una carena di scooter non sarebbe mai diventata una maschera indossabile. Grazie a Marco ed Edo che hanno girato il video. Grazie a Sinuo, la ballerina, che ha capito tutto senza bisogno di parole.
Grazie a te Sister!
Ha collaborato alla rubrica Irene Sofia Comi
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I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.