ATP DIARY

I (never) explain #108 | Alberto Tadiello

Mai guardare la Gorgone!!! Blind! Blind! Blind!May the light of our striving still shineAnd may the light of our striving still shine Così recita la chiusura di BlindBlindBlind ultima traccia dell’album “13 Blues for Thirteen Moons” della band canadese Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra registrato presso Hotel2Tango di Montreal e rilasciato da Constellation Records […]

Alberto Tadiello, Blind#2, 2020 Materiale elettrico, LED, legno, ferro, cavi 40 xx 40 x 20 cm Courtesy dell’artista e VIN VIN, Vienna Foto: Flavio Palasciano

Mai guardare la Gorgone!!!

Blind! Blind! Blind!
May the light of our striving still shine
And may the light of our striving still shine

Così recita la chiusura di BlindBlindBlind ultima traccia dell’album “13 Blues for Thirteen Moons” della band canadese Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra registrato presso Hotel2Tango di Montreal e rilasciato da Constellation Records nel 2008. 
Un album viscerale e contorto, dalle timbriche acerbe e martellanti. Un lavoro di grande potenza corale, carico di speranza e inesorabilità, che si apre con una dozzina di fischi, un’infilata implacabile, estremamente insidiosa e secca. 

Blind#1 e Blind#2 sono i titoli della coppia di sculture a parete che sono esposte nella personale MALACLIPTICOPTIROSI inaugurata 11 febbraio 2021 presso la galleria VIN VIN di Vienna. 
Blind#2 è un agglomerato di materiale elettrico, fissato su un supporto ligneo circolare e avvitato ad un disco metallico dai bordi segmentati e slabbrati. Portatore di un’estetica scarna, cruda, grezza.
Delinea un volto solcato dalle orbite degli occhi in perpetua rotazione e da una bocca spalancata.
Si compone di due sfere a led stroboscopiche aperte, smontate e riallestite seguendo la fisionomia di una maschera: due motorini elettrici in una rotazione strabica muovono delle placche con innestati diversi led colorati che si alternano e pulsano in un andamento proprio. Quattro piccoli coni magnetici contenuti in una bocca di plastica termostampata diffondono un gracidare sincopato e denso di sibili. 

Il tutto è cablato attraverso delle schede elettroniche che permettono il funzionamento a dei minimi amplificatori audio e a dei lettori usb che contengono brevissimi file mp3, di pochi secondi ciascuno. L’effetto sonoro è un singhiozzo rauco e sinistro ottenuto rielaborando diverse campionature del vociferare di raganelle e rospi che, in un loop continuo, ricordano vagamente una risata, uno sghignazzo, un noise di funzionamento low profile. 

Sono versi di musi intenti a gonfiarsi, che ricalcano andamenti circolari e raccontano di rotondità, di sfiati, di deformità. 

La dimensione cinetica è intensificata dal pulsare regolare dei led spia di funzionamento delle pennette usb e dal riverbero spaziale di scaglie di luce che con tonalità acquerellate e naïf si deflagrano nello spazio, slavandolo e contaminandolo con un effetto prismatico.

Alberto tadiello, Blind#2, 2020 Materiale elettrico, LED, legno, ferro, cavi 40 xx 40 x 20 cm Courtesy dell’artista e VIN VIN, Vienna Foto: Flavio Palasciano
Alberto Tadiello, Blind#2, 2020 (dettaglio) Materiale elettrico, LED, legno, ferro, cavi 40 xx 40 x 20 cm Courtesy dell’artista e VIN VIN, Vienna Foto: Flavio Palasciano

Mi tornano alla mente una moltitudine di appunti che ho in testa: dai volti dei clown agli spaventapasseri, dall’andamento ipnotico delle slot machine al pullulare puntiforme e cangiante dei girini in una pozza, dalla fissità di sguardo dei rapaci notturni ai fantasmi che popolano allucinazioni ed emicranie. Ho guardato ai mostri di Ulisse Aldrovandi, alle creature alpine di Johann Jakob Scheuchzer, alle visioni di Hildegarde di Bingen, al potere apotropaico di maschere tribali, alla profusione di emoticon nei display degli smartphone. 

Mi è difficile definire la genesi esatta di questo lavoro. Potrei rintracciarla in alcuni disegni concentrici e fantasmatici accumulati durante le telefonate, nelle speculazioni naturalistiche intorno agli occhi compositi delle mosche, o nei fori svasati di certe concrezioni dolomitiche o calcaree che noto durante le scalate.
Un giorno in studio mi è capitato di rompere una palla a led stroboscopica, di fracassarla per rabbia.
Si è svuotata, e il suo interno si è dato a vedere molto lentamente. Qualcosa ha fermato la mia attenzione. 
Penso che a volte alcuni pensieri nascano sotto il segno di una distruzione che poi ad un certo punto cambia di segno, facendosi in qualche modo germinativa. Di una furia che rivela un inizio, una possibilità.

Penso a questo lavoro come ad un pezzo scartato, ad un coagulo di rottami incastonati tra loro, che malgrado tutto si sforza per riverberare ancora luce e suono. 

Credo che la suggestione centrale stia nella misura di uno sguardo, in un contatto, in un’impressione retinica perforante, dovuta all’intensità accecante dei led puntiformi.
Il lavoro è posto all’altezza dello sguardo di chiunque. Probabilmente è lì per incontrare quello di chi ci si ferma davanti. 
Parlare oggi di contatto è tanto mai urgente quanto delicato. È decisivo criterio politico. 

C’è un paradosso notevole che Jaques Derrida prova a districare in un testo intitolato Toccare, Jean-Luc Nancy: «… si tocca e si è toccati ancora prima di vedere e di essere visti».
È come se lo sguardo disponesse di una fisicità per cui arriva a posarsi, ad adagiarsi, ad essere prossimo a qualcosa, a tangere per realizzare il visibile, l’intelligibile. 

Uno sguardo che non tocca è affetto da cecità.

D’altro canto, non c’è alcun dubbio sul potere dello sguardo della Gorgone: prendeva il malcapitato. 

Alberto Tadiello, Blind#2, 2020 Materiale elettrico, LED, legno, ferro, cavi 40 xx 40 x 20 cm Courtesy dell’artista e VIN VIN, Vienna Foto: Flavio Palasciano
Alberto Tadiello, Blind#2, 2020 (dettaglio) Materiale elettrico, LED, legno, ferro, cavi 40 xx 40 x 20 cm Courtesy dell’artista e VIN VIN, Vienna Foto: Flavio Palasciano

Per leggere gli altri interventi di I (never) explain

I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.