Testo di Giuseppe Amedeo Arnesano —
From There We Came Out and Saw the Stars è il titolo della mostra di Hera Büyüktaşçıyan (Istanbul, 1984) realizzata in occasione del programma Underneath the Arches. Il progetto in questione, a cura di Chiara Pirozzi e Alessandra Troncone, è orientato in particolar modo verso la sperimentazione artistica con interventi site-specific di riqualificazione archeologica. La nuova installazione, inaugurata dopo la prima mostra di Arturo Hernández Alcázar, si configura negli spazi labirintici dell’acquedotto romano, rinvenuto casualmente dopo il crollo del seminterrato di Palazzo Peschici Maresca in via Arena Sanità nel 2011. Napoli è una città fortemente stratificata e i segni dello scorrere del tempo, sia essi visibili che invisibili, sono legati anche alla conformazione morfologica e geologica del territorio caratterizzato dalla presenza del tufo, una roccia particolarmente leggera e friabile che ha permesso all’uomo di sviluppare nel sottosuolo della città, un antico e complesso sistema di approvvigionamento idrico fatto di pozzi, cunicoli, cisterne, acquedotti, bacini naturali e artificiali.
Hera Büyüktaşçıyan, che guarda all’elemento dell’acqua come strumento di indagine per leggere e ricostruire i processi legati alla fluidità della percezione mnemonica, elabora nel sottosuolo un’istallazione che si immerge fisicamente e simbolicamente nel contesto architettonico del luogo. Una rete industriale a maglie strette, di un suggestivo blu oltremare, è sostenuta da una solida struttura in legno che segue il perimetro curvilineo dell’acquedotto.
Quello stesso colore, che ricorda i toni dei Lapislazzuli della Porta di Ishtar a Babilonia e le campiture del cielo negli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, è un continuum culturale e iconico che collega passato e presente e rafforza lo spirito di identità mediterranea. Lungo tutto il percorso della rete, tenuta in sospensione tra le ampie arcate dell’acquedotto, una teoria di piastrelle bianche intervallate dalle tipiche riggiole, che ricordano nell’insieme i san pietrini del centro storio, è adagiata sulla superficie artificiale del fiume sotterraneo.
Con questo lavoro Hera Büyüktaşçıyan regala allo spettatore una doppia visione che dall’ingresso dell’acquedotto, prima di scendere nel letto del fiume e riscoprire un ideale cielo stellato, l’opera appare fluire tra contemporaneità e storia in un confronto visivo serrato tra sopra e sotto, tra ciò che è visibile e ciò che è invisibile.
Il lavoro site-specific dell’artista turca, che assorbe forza e dinamismo dalle evoluzioni urbanistiche di Napoli e da quelle architettoniche dello spazio interessato, innesca una semplice e allo stesso tempo articolata riflessione sulle variegate stratificazioni sociali e culturali della città, proponendo un’opera che guarda con attenzione e rispetto alla promozione e valorizzazione del patrimonio storico già esistente e alla ricostruzione concettuale di un nuovo significato dello spazio espositivo.