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La “grammatica combinatoria” di Giovanni Kronenberg

Testo di Marta Silvi — “Le sue opere sono metafore, sia pure sui generis: creazioni che istituiscono analogie fra le cose per mezzo delle cose stesse, anziché nell’ordine mediato e indiretto del discorso; metafore materiali.” [1] Le metafore cui accenna...

Giovanni Kronenberg, 2019, installation view, room 3, z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, 2019, installation view, room 3, z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni

Testo di Marta Silvi

“Le sue opere sono metafore, sia pure sui generis: creazioni che istituiscono analogie fra le cose per mezzo delle cose stesse, anziché nell’ordine mediato e indiretto del discorso; metafore materiali.” [1]

Le metafore cui accenna Simone Menegoi nel suo testo dedicato al lavoro di Giovanni Kronenberg, rappresentano dei ponti tra diversi elementi, congiunzioni che mettono in relazione materiali e temporalità differenti. L’artista si avvale di una “grammatica combinatoria” che lo spinge a mettere in dialogo elementi apparentemente distanti per natura, per collocazione cronologica, per struttura e dimensione.

Cosa rappresenta un dorso di gallo tenuto insieme da elastici, un braccino di porcellana, che potrebbe essere caduto da qualche statuina rococò, che fa capolino da un blocco di lava solidificata, un uovo di struzzo riempito di cemento, una farmacia militare portatile del XIX secolo le cui boccette sono riempite di granuli d’argento, un piede di legno da ciabattino completato nel tallone mancante da una sagoma di malachite, un vecchio ferro da stiro al cui interno si lascia intravedere la tempera residua di una matita rossa, un legume essiccato gigante di cui un baccello ricoperto in foglia d’oro, un blocco di zucchero di canna pressato ed essiccato, una scultura di cioccolato fondente al 90% grattugiato in alcune parti tanto da emanare ancora il suo profumo? Gli inconsueti accostamenti che Giovanni Kronenberg esegue nei suoi lavori lasciano spiazzati ed esitanti. Materiali eterogenei, prelevati dal mondo organico/animale e accostati a oggetti o frammenti di produzione industriale attraggono la riflessione sulla dualità e polarità delle forze che si incontrano sommandosi, alimentate dalle molteplici dimensioni esistenziali che si corteggiano in una linea spazio temporale asincrona e vagamente distopica. Eppure, in questo teatro onirico, ciascun oggetto diventa più reale della realtà stessa, avvantaggiandosi di queste forme di intrusione come di un punctum (Roland Barthes insegna) che calamita l’epicentro dello sguardo.

Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, piede in legno, malachite, cm 33 x 26 x 5 ca- z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, piede in legno, malachite, cm 33 x 26 x 5 ca – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, SenzaTitolo, 2018 - Matite Colorate su Carta, Cm 24,5x32,5x3 - - z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, SenzaTitolo, 2018 – Matite Colorate su Carta, Cm 24,5×32,5×3 – – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni

Cosa condividono questi lavori con l’objet trouvé di duchampiana memoria? Possono essere annoverati nel computo del readymade, o direi piuttosto, del readymade aiutato, un oggetto il cui consueto angolo di percezione è modificato dall’intervento dell’artista? Duchamp riteneva che quando si guarda una cosa, basta un attimo perché finisca per diventare interessante. Mentre per lui avrebbe dovuto essere così insignificante da permettere allo sguardo-coscienza di scivolare via, e di non soffermarsi catturato da una qualche implicazione di gusto o di piacere. I suoi oggetti “già fatti” dovevano risultare il meno amabile possibile.
Duchamp si prefiggeva di evitare le trappole del sistema retinico, del piacere visivo, a cui invece Kronenberg sembra piuttosto interessato, tanto è che l’impianto della messa in scena, dell’illuminazione, della regia dello spazio nelle sue mostre occupa un aspetto importante della presentazione. Sebbene i due approcci siano formalmente distanti, l’importanza delegata alla “scelta” eseguita dall’artista, il cui potere Duchamp riconosce e libera disegnando le sorti dell’arte del XXI secolo, torna come elemento strutturante nella ricerca dell’artista milanese.

Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, legume essiccato, foglia d’oro, cm 100- z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, legume essiccato, foglia d’oro, cm 100 – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni

Kronenberg va oltre. Una volta individuato l’oggetto del suo desiderio, lo corteggia e lo ricerca come un esploratore, un collezionista avido di tesori che arricchiscano la sua personale caverna delle meraviglie. Non si tratta perciò quasi mai di oggetti banali o industriali, come potevano essere la ruota di bicicletta, l’orinatoio, lo scolabottiglie, ma di piccole rarità, oggetti inconsueti, suggestivi. Come spiega Menegoi “il gusto per il raro e l’insolito, l’alternanza di naturalia e artificialia, le tassonomie improbabili che gli accostamenti fra gli oggetti suggeriscono, evocano immediatamente le collezioni aristocratiche del XVI e XVII secolo che stanno all’origine del museo moderno.” A questi l’artista aggiunge sempre l’accostamento/inserimento di un secondo materiale, della medesima o di diversa natura, che crea una dialettica, lontana ormai dall’estetica duchampiana, modificando la forma, la presentazione, l’odore o la percezione dell’oggetto originario.
Alcune volte queste incursioni assomigliano a protesi (come l’arto in ceramica inserito nella lava solidificata o la malachite che completa la forma di legno da calzare o la foglia d’oro che impreziosisce il legume essiccato gigante) come se anche l’opera d’arte uscisse dai propri confini per assumere la forma di un corpo postorganico e performativo (cit. Teresa Macrì). Un tempo diacronico si dispiega nelle sale accorciando le distanze come un elastico e appellandosi alla memoria personale e collettiva dello spettatore.
I disegni a matita che aprono la mostra annunciano un’esplosione cromatica poi completamente disattesa, che lascia invece spazio a tinte tenui tendenti al monocromo che serpeggia negli oggetti-sculture collocati nel percorso successivo.
Kronenberg abbandona i titoli lunghi e immaginifici che accompagnavano i lavori esposti nella precedente personale in galleria (2016) sostituendoli a semplici e lapidari “senza titolo” che intenzionalmente eludono postille o indizi, lasciando l’opera raccontarsi senza filtri.
Un incontro tra elementi estranei che condividono però qualcosa di alchemico, che rimane tuttavia per noi spettatori ancora imperscrutabile.

[1] Simone Menegoi, Giovanni Kronenberg. Metafore materiali, testo per la mostra omonima presso Renata Fabbri, Milano, 2017.

Giovanni Kronenberg
Z2O Sara Zanin, Roma
Fino al 6 aprile 2019

Venerdì 29 marzo, alle ore 19, l’artista sarà in dialogo con Cecilia Canziani e Davide Ferri 

Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, dorso di gallo, elastici, cm 38 x 26 x 10 ca. - z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, dorso di gallo, elastici, cm 38 x 26 x 10 ca. – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, Matite Colorate Su Carta, Cm 32,5x24,5x3 - z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, Matite Colorate Su Carta, Cm 32,5×24,5×3 – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2017, farmacia portatile dell’Ottocento, granuli d’argento, cm 22 x 100 x 65 ca. - - z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni (dettaglio)
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2017, farmacia portatile dell’Ottocento, granuli d’argento, cm 22 x 100 x 65 ca. – – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni (dettaglio)
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2017, farmacia portatile dell’Ottocento, granuli d’argento, cm 22 x 100 x 65 ca. - - z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2017, farmacia portatile dell’Ottocento, granuli d’argento, cm 22 x 100 x 65 ca. – – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, ferro da stiro, matita temperata, cm 30 x 29 x 15 ca- z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, ferro da stiro, matita temperata, cm 30 x 29 x 15 ca – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, Penna Gel Matite Colorate Su Carta, Cm 32,5x24,5x3 -  z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, Penna Gel Matite Colorate Su Carta, Cm 32,5×24,5×3 – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, lava solidificata, porcellana, cm 20 x 25 x 27 ca. - z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni (detail)
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, lava solidificata, porcellana, cm 20 x 25 x 27 ca. – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni (detail)
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, lava solidificata, porcellana, cm 20 x 25 x 27 ca. - z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni
Giovanni Kronenberg, Senza Titolo, 2018, lava solidificata, porcellana, cm 20 x 25 x 27 ca. – z2o Sara Zanin Gallery, Roma, ph. Giorgio Benni