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DAMA 2018 | Intervista con il fondatore Giorgio Galotti

Essere o non essere una fiera d’arte contemporanea sembra essere il dilemma (risolto!) di DAMA, il progetto espositivo che inaugura negli stessi giorni di Artissima: Mercoledì 31 Ottobre 2018 (preview su invito alle ore 15.00) fino a Domenica 4 Novembre...

Meriem Bennani FARDAOUS FUNJAB CATALOGUE: Avant-garde Funjabs by Avant-garde Designer for Avant-Garde Women, 2015 Courtesy the artist
Meriem Bennani FARDAOUS FUNJAB CATALOGUE: Avant-garde Funjabs by Avant-garde Designer for Avant-Garde Women, 2015 Courtesy the artist

Essere o non essere una fiera d’arte contemporanea sembra essere il dilemma (risolto!) di DAMA, il progetto espositivo che inaugura negli stessi giorni di Artissima: Mercoledì 31 Ottobre 2018 (preview su invito alle ore 15.00) fino a Domenica 4 Novembre 2018 con accesso da Via Bligny 2.
Quella di quest’anno è la terza edizione: consolidata, conosciuta ma non cresciuta perché, come ci racconta nell’intervista che segue Giorgio Galotti, sarebbe un errore lasciarsi guidare dall’entusiasmo e “crescere a dismisura”. Ecco allora che vige sempre la regoletta che è meglio puntare sulla qualità che la quantità.
Fondamentale resta la sinergia che, nel tempo, si è andata a creare tra la location – accattivante, ma decisamente complessa – e le gallerie invitate che, con le loro proposte – per lo più giovani – devono sintonizzarsi e armonizzare con gli ambienti. Da qui la necessità di un taglio curatoriale molto determinato e, si spera, convincente. Anche quest’anno si conferma Domenico De Chirico come curatore-selezionatore, mentre il programma Live è curato da Martha Kirszenbaum.

Tra le novità una nuova sezione, CORTE, dedicata a opere per l’esterno; la collaborazione con la Camera di Commercio di Torino che mette a disposizione le sale del Palazzo Birago di Borgaro per un’evoluzione di DAMA dal 2019; infine l’associazione di collezionisti ‘Collection of Collections’ sosterrà la produzione di un libro d’artista partecipante a DAMA: il progetto premiato quest’anno è di Francesco Carone.

Sono molto chiare le parole di Galloti in merito alla relazione / confronto che si è creato nel tempo con le altre fiere, non solo torinesi: “Con DAMA stiamo provando a relazionarci con la storia della città e con quello che naturalmente offre. Una fiera d’arte nel 2018 non può ispirarsi a un modello che si avvicina alla struttura dei centri commerciali, è deprimente, e credo che la direzione di Artissima se ne stia accorgendo prima di altre realtà internazionali. La nuova sezione alle OGR suppongo sia un tentativo di provare a bilanciarsi con una struttura architettonica che parte dalla storia della città e guarda al futuro, una modalità sicuramente più allineata ai giorni nostri e a quello di cui la nostra generazione ha bisogno.”

DAMA, Palazzo Saluzzo Paesana courtyard
DAMA, Palazzo Saluzzo Paesana courtyard

Segue l’intervista con il fondatore di DAMA —

Elena Bordignon: Terza edizione. Direi di tirare un po’ le somme. Dopo le precedenti edizioni, quali grandi errori avete evitato e quali certezze avete raggiunto con questa fiera-mostra sperimentale?

Giorgio Galotti: Sicuramente un errore evitato è stato quello di essere riusciti a non farsi prendere dall’entusiasmo e crescere a dismisura, come accade spesso a progetti che hanno un buon riscontro. Non è stato semplice rinunciare a gallerie con splendide proposte ma è stato necessario per preservarne la qualità, bilanciarsi con le sale e assomigliare il meno possibile a una fiera.
Parlare di certezze invece è più difficile ma credo che il prodotto finale che da tre anni proponiamo sia la prima certezza dimostrabile e una chiave per continuare a lavorare in questa direzione per rendere questo progetto il più solido possibile.

EB: ‘Selezione’ sembra la parola che più di altre caratterizza DAMA. Le gallerie sono accuratamente vagliate, così come i progetti.

GG: Se confrontiamo DAMA con alcune realtà estere della nostra stazza, ci si può rendere conto facilmente di come la nostra proposta sia volutamente contenuta e sostenibile. Questo ci consente di invitare quelle realtà che cerchiamo in rapporto con le sale che ci ospitano. Il nostro metodo di selezione infatti è graduale, sala per sala, evitando l’open call e mirando a quello che potrebbe essere interessante vedere in relazione con quegli ambienti. Da questo ne deriva l’approccio curatoriale.
Ma non sottovaluterei anche il termine ‘collaborazione’ essendo DAMA come una grande galleria composta di esperienze provenienti da varie zone del mondo.

Elena Bordignon: Mi introduci il Live Programme curato da Martha Kirszenbaum?

GG: Il programma di Martha è molto ambizioso per una piccola manifestazione come la nostra, e senza il supporto della Compagnia di San Paolo non sarebbe possibile realizzarlo. Si apre mercoledì 31 ottobre con una performance di Tobias Spichtig e Theresa Patzschke che stanno preparando un intervento inedito e ironico dal titolo ‘Songs for Torino’. Il lavoro di Tobias è complesso ma tra i più promettenti a livello europeo, tanto che è stato scelto per inaugurare una nuova galleria a Londra in questi giorni di Frieze.
Si prosegue giovedì e venerdì con una retrospettiva di film di Meriem Bennani, artista marocchina del 1988 che vive a New York e che a mio avviso è estremamente interessante per questo momento storico, in quanto tutta la sua ricerca sottolinea le influenze tra la cultura africana e quella occidentale creando un melting-pot di suoni, linguaggi visivi e messaggi al limite del kitsch ma molto attuali. Infine nel weekend presenteremo un artista di Varsavia più complesso, Alex Baczynski-Jenkins, che per due giorni porterà avanti una performance a momenti alternati, basata sulla gestualità quotidiana e la sinuosità del corpo umano, si intitola ‘Federico’.

Tina Lechner  Cecila, 2018 Courtesy the artist and Galerie Hubert Winter, Vienna
Tina Lechner Cecila, 2018 Courtesy the artist and Galerie Hubert Winter, Vienna

EB: Quali sostanziali novità avete in serbo per questa terza edizione?

GG: Tre importanti novità. La prima riguarda una nuova sezione che avevamo in mente dalla prima edizione. Si chiama CORTE ed è dedicata ad opere per esterno. Partirà da quest’anno nell’antico cortile di Palazzo Saluzzo con un’opera site specific di Nick Oberthaler presentato da Furiosa, una galleria emergente di Montecarlo. L’intenzione è quella di estenderla dal prossimo anno ad altri cortili o spazi aperti. Non sarà semplice ma ci proveremo.
La seconda notizia è l’affiancamento della Camera di Commercio di Torino che ci metterà a disposizione le sale dello splendido Palazzo Birago di Borgaro per un’evoluzione di DAMA dal 2019 che sveleremo in sede di conferenza stampa il 31 Ottobre, proprio in quelle sale.
Infine c’è una novità legata all’associazione di collezionisti ‘Collection of Collections’, che dopo aver visitato DAMA nel 2017, ha deciso di affiancarsi a noi per sostenere la produzione di un libro d’artista. Il progetto premiato quest’anno è di Francesco Carone e in quei giorni una copia sarà consultabile in una zona del Palazzo.

EB: Come vanno i rapporti con la fiera ‘madre’ Artissima? Collaborazione o tacito consenso da parte di entrambe le organizzazioni? Nel tempo non mi sembra si sia innescata una sinergia fruttuosa per entrambe. Cosa pensi?

GG: Ancora oggi non c’e’ mai stato un confronto, ma non per volere nostro. Ti ricordo però che DAMA è nata come reazione a un modello per noi inadatto e obsoleto. Per spiegarmi meglio: se il mondo va verso la sostenibilità e l’adattamento all’ambiente che ci circonda, la struttura di queste fiere fa esattamente il contrario, continuando a mantenere un approccio da fiction. Non parlo di contenuti ma di modalità di espressione.
Con DAMA stiamo provando a relazionarci con la storia della città e con quello che naturalmente offre. Una fiera d’arte nel 2018 non può ispirarsi a un modello che si avvicina alla struttura dei centri commerciali, è deprimente, e credo che la direzione di Artissima se ne stia accorgendo prima di altre realtà internazionali. La nuova sezione alle OGR suppongo sia un tentativo di provare a bilanciarsi con una struttura architettonica che parte dalla storia della città e guarda al futuro, una modalità sicuramente più allineata ai giorni nostri e a quello di cui la nostra generazione ha bisogno.
Dall’altro lato, nel frattempo, la situazione è giunta al limite del paradossale, perché da un paio di anni ci accadono interazioni involontarie, come il fatto che una delle gallerie invitate a DAMA quest’anno partecipi anche ad Artissima. Tanto per sottolineare quanto il nostro profilo, al di fuori del Piemonte, non sia percepito come antagonista ma piuttosto di rafforzamento. Vorrei fosse chiaro che il nostro obiettivo non è mai stato quello di mettere in discussione una realtà che ha reso questo territorio tra i migliori a livello globale per la ricerca artistica, ma è giusto che dopo oltre 20 anni ci si renda conto che i modelli possano cambiare. La nostra proposta tende a sottolineare questi aspetti. Per questo il fatto di non poterne discutere apertamente è molto limitante, non tanto per noi, quanto per l’evoluzione del territorio stesso.

EB: DAMA si è aperta agli spazi no-profit. Quale’è la ragione di questa apertura? Un voler ribadire che DAMA è, sostanzialmente, un luogo che fa cultura e business in simbiosi?  

GG: Il vero motivo per cui abbiamo deciso di inserire dalla scorsa edizione questa finestra sugli spazi indipendenti sta nel fatto che molti luoghi del mondo oggi vantano la presenza di spazi dedicati allo studio dei nuovi linguaggi.
Per di più molte gallerie, di piccola struttura o di nuova generazione, hanno un approccio simile ai no-profit, nel senso che gran parte delle vendite realizzate sono investite per supportare gli artisti e mandare avanti il programma. Questo dettaglio è venuto fuori in modo limpido durante due giorni di meeting organizzati al Castello di Rivoli la scorsa estate, dove uno degli argomenti più dibattuti è stato individuare la sottile linea di demarcazione tra una piccola galleria e uno spazio indipendente. Si sono abbozzate ipotesi di vario genere ma alla fine siamo rimasti tutti con la patata bollente in mano.
Aprire ai no-profit, oltre a sottolineare la natura indipendente di DAMA, potrebbe aiutare queste realtà ad avere una voce in capitolo più presente nel dibattito contemporaneo.

DAMA, Live Programme theatre
DAMA, Live Programme theatre

EB: Una sola galleria italiana (la tua!). Perché escludere i colleghi nazionali? C’è una ragione specifica?

GG: Sono egocentrico. Scherzi a parte, con la galleria ho fatto la scelta di non partecipare più a fiere impostate come negli anni 90 e DAMA rappresenta appieno come voglio supportare un artista oggi fuori dal mio spazio. Va da sé che, essendone il primo promotore, finché avrò una galleria cercherò di esserci ma il giorno in cui una galleria migliore della mia vorrà prendere il mio posto non sarà un problema. Resta il fatto che il progetto deve restare necessariamente bilanciato sull’internazionalità altrimenti non ha senso e su 15-16 gallerie più di tre italiane non potranno mai esserci. Nei primi due anni eravamo in due, quest’anno diverse realtà italiane si sono dimostrate interessate ed è stato avviato un dialogo concreto con alcune di loro come sempre, ma poi per un motivo o per un altro Domenico de Chirico, che ne cura la selezione, ha calibrato il progetto su altri artisti. In ogni caso non è una scelta che spetta a me.

EB: Come funziona la buona (letteralmente) iniziativa GUEST?

GG: E’ nata nel 2017 su idea di Andrea Busto e Giuseppe Galimi, del Museo Ettore Fico, che dopo la prima edizione ci hanno dimostrato un interesse concreto a voler supportare il progetto attraverso nuove formule di sponsorizzazione. Così abbiamo proposto un premio che punta a offrire a una galleria la copertura delle spese di partecipazione, rendendola un vero e proprio ospite. E funziona talmente bene che altre manifestazioni l’hanno presa come spunto per invitare aziende o collezionisti a supportare le partecipazioni di alcune gallerie, che altrimenti non sarebbero in grado di partecipare ai loro programmi.

Caroline Achaintre Trainierte Leberwurst, 2011, ceramic, leather courtesy Arcade, London
Caroline Achaintre Trainierte Leberwurst, 2011, ceramic, leather courtesy Arcade, London

Partecipanti:

Arcade, London / Caroline Achaintre
Berthold Pott, Cologne / Johanna Von Monkiewitsch
Bonny Poon, Paris / Marie Karlberg
Cassina projects, New York / Yves Scherer
Edel Assanti, London / Marcin Dudek
Fiebach-Minninger, Cologne / Lisa Tiemann
Giorgio Galotti, Torino / Renata De Bonis
Hubert Winter, Vienna / Tina Lechner
Leto, Warsaw / Konrad Smolenski
Osnova, Moscow / Nika Neelova
Piktogram, Warsaw / Florian Auer
Svit, Prague / Habima Fuchs
The Goma, Madrid / Cristina Garrido

NO–PROFIT

Siliqoon, Milan / Ohlsson-Dit Cilinn
Tenderpixel, London / Peter Bartoš curated by Petra Feriancová and Borbàla Soòs

CORTE (new section)

Furiosa, Monte-Carlo / Nick Oberthaler

Yves Scherer Emma, 2018, lenticular print courtesy Cassina Projects, New York
Yves Scherer Emma, 2018, lenticular print courtesy Cassina Projects, New York