Intervista con Giuseppe Buzzotta | Operativa, Roma

Credo che per tutte le forme che si realizzano, fra queste le opere (trasversalmente dalla composizione musicale alla scultura), vi siano dei tempi di maturazione che dipendono da tantissimi fattori.
13 Maggio 2016

Ancora pochi giorni per vedere la mostra “Moon Screens” del giovane artista palermitano Giuseppe Buzzotta, ospitata allo spazio Operativa Arte Contemporanea di Roma. Seguono alcune domande all’artista.

ATP: La tua mostra da Operativa ha come ‘centro’ una grande matrice xilografica. Cosa ti interessa di questa particolare tecnica di incisione? 

Giuseppe Buzzotta: La storia della xilografia è davvero complessa, le sue origini in Occidente rimangono imprecisabili. Sappiamo che veniva utilizzata già nell’Antica Roma e in Egitto, quello che è certo che la xilografia arriva in concomitanza con l’introduzione in Europa della carta. Un lavoro su carta ha tanti vantaggi: economici, facile conservazione e può essere trasportato con grande facilità, non è né molto fragile né molto rigido. Purtroppo deperisce rapidamente e questo è uno dei punti centrali di questo lavoro.  La vita di un’opera, la sua permanenza nel mondo.

Spesso le stampe vanno perdute ma arrivano a noi le matrici, questa è una straordinaria analogia con la civiltà umana, che negli Eoni si perde e si rinnova, e tuttavia attraverso la sua frammentazione e qualche reperto possiamo intercettare la matrice che la anima, che è sempre un pensiero. Un pensiero collettivo e un pensiero individuale, mosso da una matrice sempre e fortunatamente ignota , nei millenni. C’è un eccezione però, quella che riguarda “La Madonna del Fuoco” di Forlì, che è la più antica immagine italiana databile con certezza, una stampa silografica uscita indenne da un incendio del 1428;  ne deriva che la matrice lignea sia stata intagliata almeno decenni prima. Quel fuoco “sconfitto” è la forza che noi chiamiamo tempo, ed è anche il tema centrale del dipinto grande in mostra.

ATP:  Hai messo in relazione la tua ricerca con il germogliare delle piante. Mi racconti perché hai utilizzato questo paragone? Cosa intendi con ‘processo di attivazione’ tra le opere?

GB: Credo che per tutte le forme che si realizzano, fra queste le opere (trasversalmente dalla composizione musicale alla scultura), vi siano dei tempi di maturazione che dipendono da tantissimi fattori. Questa interdipendenza è il processo di attivazione, che non ha preciso inizio o conclusione. Come per la vita delle piante e il suo sviluppo, la storia dell’arte è un flusso continuo che sia aggiorna, molto sbagliato per tanto prendersi i meriti quando viene fuori un bel lavoro, semmai ha più senso prendere consapevolezza di cosa è successo.

ATP: Altra immagine che evochi è quella dell’assenza di segnale su un vecchio schermo a tubo catodico. Che reazione c’è tra le tue opere astratte e i pixel informi di uno schermo?

GB: I dipinti possiedono la logica visiva di un sogno: sono senza motivo facilmente identificabili ed hanno un senso nel momento (in cui si osservano) per poi cambiare rotta; si aprono  all’immaginazione dell’osservatore, come quando ci si fermava ad osservare l’assenza di segnale su un vecchio schermo a tubo catodico. Da qui la proprietà “ammonea”o passiva delle opere, non raccontano niente di stabilito, per farla breve tutto sta nel coinvolgere chi osserva, ponendo al centro la sua energia e il suo ingegno creativo. Sono dei quadri “dispositivi”, dei quadri “rebus”per sbriciolare l’immaginario di chi li osserva, mettendo in risalto il potere dell’immaginazione. Condurre lo spettatore nello stato che gli alchimisti e incisori come Christian Knorr o Robert Fludd ( metà 1600) chiamavano “MAG” cioè, in potenza di ricezione, ecco questa è la più forte relazione tra l’immagine dello schermo e le opere a mio avviso.

ATP:  Nelle opere in mostra c’è la predomina del grigio e del rosso. C’è un significato particolare per queste cromie?

GB: Ho usato per la stampa della matrice il classico nero calcografico che si utilizzava per stampare i primi testi, metodo che ha contribuito alla diffusione dei libri anche a livello popolare, l’ho utilizzato per ricreare quella sorta di pattern vibrante degli schermi. Il rosso indiano è il colore della composizione dei 18 acquerelli , quello è il pigmento “guida” della diffusione della stampa silografica, arrivò in europa, infatti, proprio insieme alle prime matrici dal continente Indiano.

Giuseppe Buzzotta,   Moon screens 2016. Installation view

Giuseppe Buzzotta, Moon screens 2016. Installation view

Giuseppe Buzzotta,   Moon screens 2016. xilografia - Operativa,   Roma

Giuseppe Buzzotta, Moon screens 2016. xilografia – Operativa, Roma

Giuseppe Buzzotta,   Untitle,   ( G,   15-2) 2016. Tempera e acrilico su tela 205x 145 cm - Operativa,   Roma

Giuseppe Buzzotta, Untitle, ( G, 15-2) 2016. Tempera e acrilico su tela 205x 145 cm – Operativa, Roma

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