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#ArtissimaLive | Abstract Sex: We don’t have any clothes, only equipment

Ne abbiamo già sentito parlare in abbondanza ma, per ora, la nostra curiosità deve attendere ancora un po’. Inaugura tra pochi giorni a Torino, nella storica boutique torinese Jana (via Maria Vittoria 45/A), la mostra “hot” (è vietata ai minori di 18 anni!) Abstract Sex: We don’t have any clothes, only equipment, nata da un’idea […]

Iván Argote Altruism, 2011 HD video, 01’ 20’’ Courtesy the artist

Ne abbiamo già sentito parlare in abbondanza ma, per ora, la nostra curiosità deve attendere ancora un po’. Inaugura tra pochi giorni a Torino, nella storica boutique torinese Jana (via Maria Vittoria 45/A), la mostra “hot” (è vietata ai minori di 18 anni!) Abstract Sex: We don’t have any clothes, only equipment, nata da un’idea di Ilaria Bonacossa e curata da Lucrezia Calabrò Visconti e Guido Costa.
Il tema è in linea con la 26° edizione di Artissima – “Censura desiderio” – e ha l’ambizione di disarmare le rappresentazioni tradizionali del desiderio, “suggerendo alleanze inattese tra corpi, batteri, oggetti, macchinari e tecnologie. Attraverso un intreccio di narrazioni minori, storiche e contemporanee, propone una prospettiva trasversale tra virtualità e materialità, secondo la quale tutto ciò che ci circonda può venire ripensato come equipaggiamento, arma al servizio della definizione di nuove mitologie.”  
Limitatissimo il tempo per visitarla: il 30 ottobre 2019 c’è la Preview solo su invito (dalle ore 22.30–24.00), nelle giornate del 1 e 2 novembre ore (10.00–21.00), e il 3 novembre fino alle 18.

Disidentificazione, post-pornografia, l’opacità e l’ibridazione come possibili ambiti di produzione di autonomia, l’ambiguità intrinseca alla definizione di “essere umano”: questi e molti altri i punti nodali che le opere esposte cercano di indagare, sovvertire e restituire in una nuova e, forse più vivace, connotazione.
Nelle parole dei curatori: “Se le esperienze radicali degli anni Settanta invocavano le strategie emancipatorie e rivoluzionarie del desiderio come possibilità di fuga dagli apparati di controllo capitalistici, la ‘società libidinale’ contemporanea sembra aver addomesticato il desiderio, indirizzandolo verso oggetti di consumo e stili di vita normalizzati, suggeriti online da strutture algoritimiche. Termini come piacere, sesso e amore sembrano essere stati così completamente integrati in quello che è stato definito da Paul B. Preciado un ‘regime farmacopornografico’. Che tipo di strategie e alleati esistono oggi per riappropriarsi del desiderio, emancipandolo dalle dicotomie e dai valori imposti dal tecno-patriarcato?”.

Andra Ursuţa Untitled (fragment from “Alps”), 2016 Aqua resin, urethane plastic, hardware, polyester 109.2 x 142.2 x 17.8 cm / 43 x 56 x 7 inches Courtesy the artist and Massimo De Carlo, Milan/London/Hong Kong
Steve Reinke Andy, 1996 9 minutes Courtesy the artist and Galerie Isabelle Bortolozzi, Berlin

Per sondare queste tematiche abbiamo posto alcune domande a Guido Costa, co-curatore con Lucrezia Calabrò Calabro.

Elena Bordignon:  Prima di entrare nel merito del tema della mostra, vorrei chiedere qualche delucidazione sul luogo che ospita la mostra, gli spazi della boutique di moda Jana. Per chi non lo conosce, mi racconti perché, nel tempo, è diventato uno storico punto di riferimento per artisti, scrittori e protagonisti della cultura?

Guido Costa: Jana è un indirizzo storico a Torino per chiunque si occupi o abbia interesse per la moda fin dagli anni ’70. Tra gli anni ’80 e ’90, nel suo periodo di massima tendenza, è stato anche un luogo di incontro e di scambio per molti che, come me, si occupavano di arte, di musica e di scrittura. Ai tempi era in piazza Vittorio, in uno spazio un po’ austero e decostruito, spesso disegnato da artisti, come Maurizio Vetrugno, che si occupò del progetto di allestimento per alcuni anni. I capi erano pochi, distillati ed estremi, appesi tra le lapidi di Salvo e tanta arte povera. Trovavi ciò che altrove proprio non si vedeva, da Margiela a McQuinn, dalla Westwood a Yohji. Non era un posto per chi cercava Armani o Prada, era l’opposto, anche come pubblico. Poi sono arrivati i megastore, l’imperialismo dei grandi marchi, gli store monomarca e per Jana sono iniziati tempi difficili. Aver scelto il suo spazio di via Maria Vittoria per la mostra è stato un po’ rendere omaggio alla sua storia e alla sua strenua opera di resistenza, ma anche il tentativo di coniugare l’assoluto presente con le tracce di un passato puro e radicale.

EB: Curi un progetto descritto come in “sospeso tra un’azione pirata e una mostra”. In che senso è da considerarsi come un’azione corsara o, in altre parole, fuori da quelli che sono i canonici percorsi per realizzare una mostra? Di provocatorio, oltre al tema, c’è anche il modus con cui l’avete organizzata?

GC: Un’azione pirata è innanzitutto un’incursione, un atto circoscritto ed esemplare. La mostra dura quattro giorni, il tempo della fiera. È un intervallo brevissimo, ma che ha richiesto mesi di lavoro e la creazione di una piattaforma teorica complessa.
Non dimentichiamo che la mostra è una sorta di prolungamento extra moenia della fiera e che la stessa selezione degli artisti è stata fatta tra quelli rappresentati dalle gallerie partecipanti ad Artissima. Insomma, una sfida nel trasformare tanti vincoli in un atto creativamente libero. E il tema scelto lo permetteva.

Anna Uddenberg Psychotropic Lounge (II), 2019 Styrofoam, polyurethane foam, aqua resin, fberglass, printed fabric, leather, polyester fabric, carpet, paint, car interiors, suitcase 70 x 155 x 86 cm Unique Photo: Gunter Lepkowski Courtesy the artist and Kraupa-Tuskany Zeidler, Berlin
Benni Bosetto Così le notti volano, 2018 Acrylic on wall Environmental dimensions Installation view at Fondazione Baruchello, Roma

EB: Nella mia personale – e forse limitata – visione parlare, raccontare, rappresentare la sessualità e tutto ciò che ci sta attorno è, non solo pericolosissimo, ma anche – per paradosso – decisamente difficile. Cresciuti con youporn e con un sempre più ambiguo ‘senso del pudore’ la sessualità e l’immaginario che gli sta attorno è diventata sempre meno appannaggio dell’immaginazione e sempre più ‘ostaggio’ di un realismo crudo e sfiorito. Come arricchisce questa mostra l’immaginario sessuale? Come ne ampia la visione e, in definitiva, l’esperienza sessuale?

GC: Sì, fare una mostra sulla sessualità è decisamente difficile, in bilico tra la banalità ed il grottesco. Proprio per questo abbiamo deciso da subito di affrontare l’argomento in maniera astratta, da una prospettiva teoretica e politica. Abbiamo innanzitutto cercato di evitare il più possibile i corpi e tutto ciò che nell’arte contemporanea è stato prodotto esplicitamente riguardo al tema.
Abbiamo ragionato per frammenti, allusioni e scarti. Abbiamo anche evitato di confezionare l’ennesima mostra di arte queer, ragionando più sulla politica del desiderio, che sulla sua rappresentazione. È un territorio antagonista per eccellenza, refrattario alla normatività. È forse l’ultima palestra rivoluzionaria che ci resta.

EB: Cos’è il ‘regime farmacopornografico’? Chi ne ha dato una definizione e perché?

GC: Regime farmacopornografico è una definizione che abbiamo preso in prestito da Paul B. Preciado, i cui testi, assieme a quelli di Lorenzo Bernini, Luciana Parisi e tanti altri, sono stati la base teorica su cui abbiamo costruito la mostra. Nello specifico, il termine definisce il nuovo capitalismo (“caldo, psicotropico e punk”, secondo Preciado), all’indomani dello sgretolamento dell’economia fordista, tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni ’70. È il periodo in cui nasce un nuovo regime postindustriale, globale e mediatico, in cui si cerca di dominare e governare la soggettività sessuale, sia dal punto di vista biomolecolare (farmaco), che semiotico-tecnico (porno).

Marcel Bascoulard Pose 3, 18 sept 67, 18 septembre 19 Vintage silver gelatin print 12,7 x 9 cm Courtesy Galerie Christophe Gaillard, Paris
Thomas Hämén Asstral traveler, 2016 Coprolite 12 x 5 x 5 cm Courtesy the artist
Tom Of Finland Untitled, 1989 Graphite on paper 29,5 x 21 cm Unique Courtesy Galería Espacio Mínimo, Madrid

Gli artisti e le gallerie invitati a prendere parte alla mostra sono:
Iván Argote, VERMEHLO San Paolo
Josefin Arnell, LILY ROBERT Parigi
Marcel Bascoulard, CHRISTOPHE GAILLARD Parigi
Benni Bosetto, ADA Roma
Simon Fujiwara, DVIR Tel Aviv, Bruxelles
Thomas Hämen, ISSUES Stoccolma
Barbara Hammer, KOW Berlino Madrid
Corrado Levi, RIBOT Milano
Sidsel Meineche Hansen, RODEO Londra, Pireo
Jacopo Miliani, ROSA SANTOS Valencia
Athena Papadopoulos, EMALIN Londra
Joanna Piotrowska, MADRAGOA Lisbona
Agnieszka Polska, GEORG KARGL Vienna
Karol Radiszewski, BWA WARSZAWA Varsavia
Steve Reinke, ISABELLA BORTOLOZZI Berlino
Tom of Finland, ESPACIO MINIMO Madrid
Wu Tsang ISABELLA BORTOLOZZI Berlino
Anna Uddenberg, KRAUPA-TUSKANY ZEIDLER Berlino
Andra Ursuta, MASSIMO DE CARLO Milano, Londra, Hong Kong

Joanna Piotrowska Untitled, 2015 silver gelatin hand print 27.2 × 21.6 cm edition of 7 + 3 AP Courtesy of the artist and Madragoa, Lisbon