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Art & Nature | Walking with Senses | BAU

[nemus_slider id=”55092″] Il 24 marzo ha preso il via la seconda edizione di Art & Nature, progetto culturale inserito nel festival Primavera Meranese che ogni anno la città di Merano (BZ) dedica all’arrivo della nuova stagione: manifestazione voluta dal Comune...

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Il 24 marzo ha preso il via la seconda edizione di Art & Nature, progetto culturale inserito nel festival Primavera Meranese che ogni anno la città di Merano (BZ) dedica all’arrivo della nuova stagione: manifestazione voluta dal Comune e dall’Azienda di Soggiorno di Merano, Art & Nature si sviluppa all’interno di tutto il territorio cittadino e lungo le valli dei paesi limitrofi quali Naturno, Scena e Tirolo. Il programma delle iniziative artistiche anche quest’anno è stato assegnato a BAU, un team curatoriale nato nel 2014 e formato da Simone Mair, Lisa Mazza e Filipa Ramos: il collettivo ha nella propria pratica la finalità di stabilire un dialogo tra produzione artistica, natura e contesto urbano, e per l’edizione in corso ha rinnovato l’invito ad artisti, performer, designer, architetti e danzatori.

Il progetto, denominato “ Walking with senses”, propone una serie di opere d’arte permanenti e temporanee negli spazi pubblici aderenti, un workshop e delle passeggiate che coinvolgono lo spettatore accompagnandolo a conoscere le opere in prima persona immergendosi nel contesto naturalistico altoatesino.

Di seguito un’intervista al team di BAU che coordinerà i lavori dal 24 marzo al 05 giugno.

ATP: Come vi siete incontrate/conosciute? Come e quando è nata l’idea di formare BAU? Ognuna di voi, in maniera diversa, ha portato il proprio bagaglio di esperienze precedenti: quali quindi i vostri ruoli?

BAU: BAU è nato da diverse volontà messe insieme. Da una parte, dal desiderio di iniziare un progetto collettivo che univa i nostri interessi nell’intensificare i rapporti tra artisti e saperi contadini, mestieri tradizionali, coscienza ecologica e conoscenza di un territorio davvero speciale. Dall’altra, dal senso di trovarsi bene insieme e di voler aggiungere all’amicizia e alle comuni visioni ed etiche professionali un qualcosa che ci accomunasse e che ci facesse scoprire nuovi mondi e crescere insieme. Ci siamo conosciute in momenti e contesti diversi, tra Amsterdam, Londra e Milano, ma il punto di ritrovo è sempre stato l’Alto Adige. Infatti BAU è specificamente nato nel inverno del 2014, in una baita quasi sperduta, dalla quale siamo poi scese in slitta fino a valle, cosa che ora, guardando indietro, ci sembra un inizio perfetto.

ATP: L’iniziativa: BAU dal tedesco “costruire”; che significato ha per voi?

BAU: Sì, in tedesco, BAU allude all’importanza dell’atto di costruire, ma significa anche un cantiere, un rifugio, una casa: luoghi e gesti in cui fare e sapere si formano a vicenda. Il nome di BAU rende anche omaggio al Bauhaus e al suo approccio educativo interdisciplinare, basato sullo scambio tra arti visive e arti applicate, per noi fondamentale. BAU può essere anche un cane che abbaia, quindi un animale che ha una familiarità speciale con il suo territorio e che è sempre entusiasta di riscoprirlo tramite lunghe passeggiate, da solo o in compagnia.

ATP: La tecnica: Le azioni curatoriali che proponete sono qualcosa che viene creato ex ante da BAU e poi proposto al pubblico oppure si tratta di una costruzione che avviene ab origine con esso? In altre parole, in che termini/intensità si manifesta la vostra funzione curatoriale?

BAU: La questione curatoriale è stata messa in primo piano durante questi ultimi decenni, estendendosi dal contesto artistico contemporaneo alle più diverse attività, e forse è il momento di pensare oltre a questo modo di fare spesso individuale, auto-centrato, autoritario. Per ora, BAU esiste per attivare e stabilire dei rapporti tra persone e attività che altrimenti difficilmente si parlerebbero, sia per pure questioni linguistiche che per una questione geografica. Quindi il processo – più che la tecnica – si basa su uno sviluppo progressivo delle molteplici componenti che costituiscono ciascuno dei nostri progetti, in cui le classiche distinzioni tra, appunto, curatore, produttore e fruitore sono praticamente irrilevanti.

Alvaro Urbano,   My Boy,   with such Boots,   we may Hope to Travel Far,   2016 - Dorf Tirol:Tirolo - Foto Daniel Mazza
Alvaro Urbano, My Boy, with such Boots, we may Hope to Travel Far, 2016 – Dorf Tirol:Tirolo – Foto Daniel Mazza

ATP: La realtà montana: Sta crescendo l’attenzione verso la vostra realtà, in cui un territorio, che solitamente è associato alle “attività di montagna”, si apre all’arte contemporanea. Qual è stato l’approccio iniziale delle persone alle vostre attività? E come si è evoluto il rapporto?

BAU: Curiosamente, una delle prime questioni che ci siamo poste è stata esattamente quella del rapporto con la montagna. Quando gli Åbäke – i designer che hanno creato l’identità visiva di BAU – ci hanno proposto una prima bozza fortemente basata sull’idea di montagna, è stato immediatamente chiaro per noi che dovevamo andare oltre alla più classica topografia dell’immaginario dell’Alto Adige. Le montagne ci sono e ci saranno sempre, ma esattamente come c’è dell’altro oltre al tropicalismo in Brasile, c’è anche molto di più oltre all’alpinismo in Alto Adige. Quindi BAU cerca di scavalcare queste eterne montagne, in modo reale e figurativo. Come? Mappando un territorio in modo orizzontale, stabilendo dei rapporti di intensa prossimità tra persone, realtà, animali e boschi che appartengono a delle valli diverse tra loro.  

ATP: I luoghi dell’arte: L’aver creato un nuovo panorama, ampliando il giro dei circuiti già noti dell’arte contemporanea, vi ha permesso di proporvi anche tramite residenze d’artista: come vi rapportate con gli artisti e come agiscono le vostre residenze? Come si interfacciano gli artisti con l’ambiente montano?

BAU: L’attivazione di residenze è, per ora, il cuore di BAU: la nostra principale attività è quella di invitare artisti, spesso stranieri, a passare del tempo in Alto Adige, sviluppando progetti che nascano dalla collaborazione con realtà locali. Abbiamo voluto far partire tutto il progetto con i designer stessi che ci hanno creati il sito e l’immagine. Quindi, prima di proporci un layout, abbiamo chiesto agli Åbäke di essere ospiti da BAU e di passare del tempo a conoscere e incontrare persone, animali e luoghi che potessero aiutarli a capire che immagine dare a BAU. Ed è da questo periodo tra Merano, Bolzano e Parcines che è nato il sito, il font e l’intera immagine coordinata di BAU: ispirati alla tipografia Offizin S a Merano, all’officina di lavoro della pelle Alois Thaler, sempre a Merano, alla chiesa di San Procolo a Naturno (dove c’è il meraviglioso e divertente affresco di San Procolo che sembra viaggiare su un’altalena), all’allevatore di pecore Walter Prünster a Parcines, alle conversazioni con il lavatore di lana Franz Haller a San Leonardo, con il conciatore Martin Gabriel Schwienbacher della Val d’Ultimo e agli oggetti del museo delle macchine da scrivere, dedicato a Peter Mitterhofer, l’inventore della macchina da scrivere, nato a Parcines.

In generale gli artisti che invitiamo hanno un’attività di grande vicinanza alle questioni al cuore di BAU, quali interdisciplinarietà, collaborazione, ecologia, ripensamento delle tradizioni con uno sguardo proiettivo e non nostalgico: si tratta quindi in gran parte di creare le condizioni per lo sviluppo ottimale delle loro pratiche artistiche e interessi di base.

ATP: “Walking with Senses”: Un’iniziativa che cresce di anno in anno grazie alle opere permanenti, integratesi nel contesto, e a quelle temporanee, che propongono contenuti e messaggi nuovi; quali le azioni che hanno avuto maggior riscontro e quali le novità di quest’anno?

BAU: Walking with Senses è stato un progetto realizzato da BAU su committenza del Comune di Merano e dell’Azienda di Soggiorno di Merano, che ogni anno realizzano un’iniziativa dedicata alla celebrazione della nuova stagione della città, la Primavera Meranese. Se è vero che le opere commissionate e prodotte da BAU, in particolare quelle permanenti, rimarranno in città e avranno un naturale processo di evoluzione e graduale cambiamento e assestamento al contesto in cui sono inserite, Walking with Senses è stata un’iniziativa unica, che darà spazio ad altri progetti e visioni negli anni successivi. Come viene espresso dal titolo, la nostra idea di base è stata quella di pensare ai modi di condivisione dei processi e gesti artistici in luoghi pubblici ben oltre a ciò che in generale viene chiamato “arte pubblica”. Ci interessava pensare a una mostra espansa tra diversi sedi sparse per la città di Merano fino alle località di Scena, Naturno e Tirolo, ospitando lavori commissionati ad hoc e inseriti nello spazio pubblico, quindi accessibili liberamente in qualsiasi momento. Quello che abbiamo chiesto agli artisti è di pensare a dei progetti che potessero innescare nuovi modi di scoprire e relazionarsi con i paesaggi urbano-naturali, spazi che noi vediamo come un continuum senza che ci siano delle divisioni dualistiche tra natura e cultura, città e campagna, strada e cammino, locale e straniero, umano e animale, erbe e mandrie, giorno e notte. L’arte diventa perciò una modalità di innescare processi multisensoriali che permeino e attivino i vari sensi dei nostri corpi e di produrre processi di un divenire diverso, attraverso la scoperta di nuove forme d’essere, di sentire, toccare, assaggiare, odorare e vedere il mondo.

Ogni artista ha risposto in un modo unico a questo invito. Se il Tube Meran del collettivo di architetti Numen è sempre affollatissimo di ragazzi e famiglie che vogliono passare del tempo tra gli alberi come il Barone Rampante di Calvino, in My Boy, with such Boots, we may Hope to Travel Far, le grandi rune sparse a terra lungo la Tappeiner Promenade di Alvaro Urbano vengono spesso fatte scoprire dai cani portati a passeggio tra Merano e Tirolo visto che sono dei grandi elementi nuovi per questi animali abituati a ogni sasso di questo tragitto, o l’enorme palma di Nanna Debois Buhl (Trajectories of the Trachycarpus Fortunei) porta alla scoperta della storia della presenza della palma nel paesaggio alpino. Questo per dire che dal nostro punto di vista le highlights sono tutte le nove opere prodotte, ogni una a modo suo.

Angelo Plessas,   Extropic Optimisms 2,   2016,   Naturno - Foto Daniel Mazza
Angelo Plessas, Extropic Optimisms 2, 2016, Naturno – Foto Daniel Mazza

ATP: Gli interpreti: Non solo artisti ma anche architetti, designer, danzatori: Come sono stati scelti? Cosa li accomuna?

BAU: Ci sembrava interessante invitare pratiche diverse a pensare lo spazio e le sue modalità di uso, di modo a mettere insieme persone che hanno come base di lavoro le specifiche considerazioni sullo spazio, sul tempo, sulle questioni visive, sonore, ambientali, o altre. Le idee di base sono state già descritte sopra. In comune, a livello di processualità, diciamo che tutti hanno avuto la voglia di lavorare in modo graduale, basandosi sul dialogo e scambio costanti e, ovviamente, hanno condiviso l’interesse per pensare l’incontro tra arte, ambiente, ecologia e spazi pubblici.

ATP: La serie di performance: Quali le particolarità o le più attese o quelle di maggior impatto?

BAU: Ci saranno due performance, quella di Michael Fliri e quella di Manuel Pelmu? e Alexandra Pirici. Pelmu? e Pirici presenteranno al Palazzo Mamming, il Museo Civico di Merano, una serie di gesti performativi volti a evocare strategie di embodiment di oggetti che questionano le relazioni tra il soggetto e l’oggetto, offuscando la distinzione tra il vivente e il non vivente, l’umano e il non umano, il sè e l’altro. Vari performer incarneranno elementi e oggetti diversi, diventando loro stessi legno, pietra, acciaio o altro, muovendosi tra l’essere umano, vegetale o minerale. Con Returning from places I have never been II Michael Fliri prosegue la ricerca sulla metamorfosi del suo proprio corpo in una figura futuristica, ambigua e fantastica, passando dalle fattezze umane a quelle di un essere irriconoscibile e astratto: l’artista è trasmutato in una forma altra dell’essere, tra la macchina e l’animale. SI può pensare a figure come il Saltner, il custode dei vigneti, che si veste in un modo davvero esotico, con un completo di cuoio, esuberanti collane appese sul collo, ornate con zanne di cinghiale, rami e monete: sulla testa ha un capello enorme fatto di lunghe piume di pavone e galli forcelli, uniti da code di volpe che pendono ai lati. Oppure ai Krampus, esseri metà capre metà diavoletti che accompagnano San Nicolò durante l’Avvento e che sono presenti in tutta la cultura alpina. In una regione traversata da una cultura visiva in cui il reale e il fantastico vanno mano nella mano, il continuum persona-cosa-animale di questi momenti performativi è abbastanza consuetudinario e fa rientrare, tramite un contesto artistico, degli elementi profondamente radicati nell’immaginario locale.

ATP: Presente e futuro: Prime impressioni sulla risposta del pubblico in questi giorni iniziali e previsioni per questa edizione? C’è già qualche idea in cantiere per la prossima edizione? O collaborazioni con realtà di altri territori?

BAU: Dopo i lunghi mesi di preparazione e dialogo stretto con gli artisti è affascinante osservare come i singoli progetti vengano attivati attraverso gli spettatori. I bambini adorano arrampicarsi sulla Blue Wave di Andreas Angelidakis, una scultura dalla sagoma di un’onda, nella stazione dei treni di Naturno, e gli adulti si sdraiano all’interno per fare una chiacchierata. Sono ancora i bambini che seguono l’invito del campo da gioco immaginario di Kristina Buch (It’s normal that reality happens. (these games will fall apart)) per correre sul prato e saltare sulle lastre di marmo che lo delimitano, in un’area verde che finora era soprattutto frequentata da cani e dai loro proprietari. Anche i teenager abbracciano l’arte contemporanea con grande entusiasmo passando delle ore nella Tube Meran di Numen/For Use ad ascoltare musica, attivando così una zona verde della città finora poca conosciuta. E questi sono solo alcuni esempi. Le Walking with Senses Tour, format di mediazione con appuntamenti fissi di passeggiate per esplorare le opere nei singoli luoghi, sono state accolte con successo da abitanti e ospiti e siamo curiose riguardo a come si svilupperanno. Ovviamente rimane una sfida agire nello spazio pubblico dove l’incontro con l’arte è molto più presente e immediato che negli spazi solitamente a ciò dedicati, come musei e gallerie.

La nostra collaborazione al progetto per ora terminerà il 5 giugno e la pianificazione della prossima edizione è nelle mani del Comune di Merano e di Merano Arte.

Kristina Buch,   It’s normal that reality happens. (these games will fall apart),   2016 - Merano:Meran  Foto Daniel Mazza
Kristina Buch, It’s normal that reality happens. (these games will fall apart), 2016 – Merano:Meran Foto Daniel Mazza