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Adam Berg, Pranzo con Heidegger – cena con Leopardi | Galleria PIOMONTI, Roma

[nemus_slider id=”73581″] — Testo di Ruggero Barberi Il tema che Adam Berg propone per la mostra in corso presso la storica galleria PIOMONTI, Pranzo con Heidegger – cena con Leopardi, si riveste di molteplici mezzi visivi, quali video e fotografie, dipinti...

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Testo di Ruggero Barberi

Il tema che Adam Berg propone per la mostra in corso presso la storica galleria PIOMONTI, Pranzo con Heidegger – cena con Leopardi, si riveste di molteplici mezzi visivi, quali video e fotografie, dipinti a olio e sculture in acciaio. Il pregio dell’artista è quello di consentirci di accostarci senza timori reverenziali a questioni altrimenti serissime, ma non per questo taciute, spunti più seriosi sono infatti inseriti nel testo di approfondimento, calibrato per fornire un ausilio alla lettura del presente lavoro.

La mostra si basa su di un evento irripetibile: una video-proiezione a muro narrata in prima persona ci fa rivivere quei momenti dalle stesse parole del protagonista: nel ‘69 Pio Monti incontra un Martin Heidegger ottantenne e che perciò ha già espresso praticamente tutto del suo pensiero. L’occasione è la presentazione di un suo volume, guarda caso un libro sull’arte – Die Kunst und der Raum, ossia “L’arte e lo Spazio” – che vede tra i presenti Giuseppe Capogrossi lo stesso il gallerista e la moglie.

Pio non conosce il filosofo, né tantomeno la sua enormità, fatto che suscita sin da subito un candido equivoco: Pio Monti è, sul piano degli orizzonti fisici e non metafisici, un vero e proprio gigante, per cui non esita a ricordare di come al suo incontro guardasse il “gigante interrotto” Heidegger da un’altezza per così dire privilegiata. Va detto di Pio che la sua persona fa parte di quella genìa di italiani – oramai sempre più in declino – di comunicatori totali e imperterriti intrattenitori; ci rivela dunque che, pur non avendo nessuno dei due dimestichezza con la lingua dell’altro, riescono, con Martin, a entrare in una sintonia metalinguistica speciale: Pio prende a raccontargli indiscrezioni incomprensibili in marchigiano, lo importuna amabilmente dandogli dei pizzichi sul viso e tutto ciò con un arrossito Capogrossi che tenta di porgli un freno. Da formidabile amatore, quale è Pio, l’unica frase in tedesco a lui nota per intero suona «ich liebe dich» e che non manca di sfoggiare per la circostanza, provocando in tal modo le divertite risa di Martin.

Fu così dunque che Pio, assolutamente incurante del principio di autorità, si arruffianò il più grande filosofo del Novecento. A fine evento Martin gli regalò una copia del suo libro, impreziosita da una dedica tale da far invidia a qualsiasi suo studioso, anch’essa ritratta da una foto in mostra.

8Adam Berg, Heidegger con Celan, 2018, olio su tela e disegno su parete, 48x52 cm, courtesy of the artist and PIOMONTI, Rome
8 Adam Berg, Heidegger con Celan, 2018, olio su tela e disegno su parete, 48×52 cm, courtesy of the artist and PIOMONTI, Rome

La cifra stilistica fondamentale delle opere in mostra è da rinvenire in questa ricercata leggerezza e ironia, che emerge del tutto in occasione delle photo-fiction, semplici fotomontaggi che rivelano le possibili ucronie tra i due personaggi – ottenebrati, chi per un motivo, chi per un altro – da una tangibile “pesantezza”. Entrambe le figure infatti sono storicamente pervase da una certa incrinatura: nel testo che accompagna la mostra, Berg non manca di rimarcare i puntuali ammonimenti per l’infausta scelta politica del filosofo, per non parlare poi del suo antisemitismo metafisico, come è stato definito ultimamente, a partire dalla recente pubblicazione degli oramai celebri “Quaderni neri”. Mentre Leopardi è ricordato piuttosto per il suo umbratile trascorso di vita e per il suo schietto e crudo nichilismo.

Nelle photo-fiction invece i due rispecchiano un lato umanissimo, ne vengono disegnate le reciproche tangenze. Il poeta rivive nelle foto in cui il filosofo è ritratto con altri celebri giganti dello spirito, Paul Celan e René Char – poeti anch’essi – e lo psicanalista Jacques Lacan, o come semplice convitato oppure come fantasma paradigmatico.

Per certi versi nella figura di Leopardi è dissimulata, ancora una volta, la presenza “ingombrante” di un personaggio come Pio Monti, marchigiano come il poeta e che in passato ha già realizzato mostre a lui dedicate, vi sottende però a questo pensiero un’ulteriore chiave di lettura: l’intervento di Berg, PhD in discipline filosofiche, si bea di una felice convergenza, perché permette di ricordare la stretta relazione tra lo “sciamano della parola” Heidegger – per ricordare una suggestiva definizione di Franco Volpi, suo grande e compianto studioso – e la poesia.
Il linguaggio e in particolar modo la poesia sono tra i temi più considerati dal filosofo a partire dalla seconda metà degli anni Trenta, e questo fu possibile attraverso un’attenta rilettura del poeta romantico Hölderlin. Il filosofo comincia a parlare di un “abitare poetico del mondo”, a prima vista mutuato dal “poetico abitare dell’uomo su questa terra” di Hölderlin, da cui prende in verità numerosi prestiti.

Leopardi non è dissimile dal poeta tedesco, incarna lo stesso alto spirito del vate. Nell’inoffensivo fantasma di Leopardi – proprio quello ectoplasmatico ritratto dai fotomontaggi di Berg – non è dunque il solo Pio a doversi riconoscere, con lui tutta una moltitudine non unicamente di marchigiani, ma di tutti coloro i quali si sono cibati della lingua leopardiana e che hanno attinto da lui una sorta di liquore sacro. Citando lo stesso Heidegger, la poesia è “il linguaggio originario di un popolo”.
La presenza di leopardi come ghost – fantasma e spirito – redivivo nelle foto di Heidegger, darebbe tutt’altro che fastidio al filosofo: per lui i poeti – quelli autentici – offrendoci, concedendoci la parola, non forniscono semplicemente degli strumenti di conoscenza e condivisione, essi inaugurano degli “orizzonti aurorali” che creano i confini più estremi del nostro mondo linguistico e relazionale, e che perciò segnano dei territori che ci riguardano. Per così dire, essi rivivono assieme a noi anche nei nostri corsi più conviviali, la loro “ombra” in mezzo a noi si fa sempre presente. Nel riuscire a lasciar intravedere ciò, in questa consapevole eco heideggeriana risiede l’anima del presente lavoro artistico.

Oltre ai lavori fotografici vanno menzionati infine i lavori pittorici tra l’astratto e il figurativo (riconoscibilissimi i lineamenti del filosofo, appena tratteggiati) perché a loro modo riescono a sintetizzare quei vortici spaziotemporali, quei cronotopi, diversamente narrati e per l’appunto resi narrativi dalle photo-fiction.

Giunti a tal punto, verrebbe di concludere con un ultimo prestito dal grande poeta romantico tedesco, senza che il fantasma di Leopardi si debba sentire per questo offeso:
“Ma ciò che resta, lo istituiscono i poeti”

Adam Berg | Pranzo con Heidegger, cena con Leopardi
Fino al 20 marzo 2018
PIOMONTI arte contemporanea Piazza Mattei 18, Roma

3Adam Berg, Photo-memory, Heidegger e Celan nella foresta nera, 2018, stampa su carta metallica, 42x60 cm, courtesy of the artist and PIOMONTI, Rome.
Adam Berg, Photo-memory, Heidegger e Celan nella foresta nera, 2018, stampa su carta metallica, 42×60 cm, courtesy of the artist and PIOMONTI, Rome.
4Adam Berg, Photo-fiction 11, Heidegger con il manoscritto di Leopardi, 2018, stampa su carta metallica, 42x60 cm, courtesy of the artist and PIOMONTI, Rome
Adam Berg, Photo-fiction 11, Heidegger con il manoscritto di Leopardi, 2018, stampa su carta metallica, 42×60 cm, courtesy of the artist and PIOMONTI, Rome