La prima ospitata al MA*GA è un doveroso omaggio a Silvio Zanella (1918-2003), a cent’anni dalla nascita. Intellettuale a tutto tondo, Zanella è stato artista, docente, designer, uomo politico nonché ideatore e fondatore del Museo.
La mostra, curata dall’archivio Zanella, vuole evidenziarne l’importanza nel panorama dell’arte italiana e l’eredità in relazione al territorio locale, dove svolse una fondamentale attività di aggiornamento culturale. Non solo un percorso che ne racconta gli sviluppi artistici a partire dagli esordi pittorici tardo novecenteschi – fu allievo di Carrà, Carpi e Funi – fino alle opere degli ultimi decenni dove prevale il colore che liricamente dà forma al reale – in mostra con una notevole selezione di paesaggi –, ma approfondisce anche l’attività progettuale nell’ambito dell’architettura e del design con una selezione di disegni che diventerà parte della collezione del Museo.
La retrospettiva prosegue anche all’Università del Melo-Officina dove sono esposti altri documenti, allo Spazio Restauro del Museo della Basilica dedicato ai progetti per i luoghi sacri e al Museo degli Studi Patri dove sono presentati quelli per gli edifici e le opere civili. Viene proposto anche un itinerario cittadino che evidenzia il contributo di Zanella nella definizione della fisionomia urbanistica gallaratese, in particolare con l’impulso dato come Assessore al Lavori Pubblici negli anni settanta con l’ampliamento della Galleria Civica, l’edificazione di edifici pubblici tra cui i Licei di Viale dei Tigli e del Museo Artistico Archeologico e Storico della Società Studi Patri di Gallarate Un’occasione per ribadire lo stretto legame tra il Museo MA*GA e il territorio, promuovendo il presente e valorizzando il passato.
Accanto alla figura storica di Zanella, un’altra importante antologica è dedicata a Marina Ballo Charmet, artista che utilizza la fotografia e il video con un punto di vista originale e non etichettabile nell’ambito italiano. Intitolata Au bord del vue – Linee biografiche e curata dallo storico francese Jean-François Chevrier che segue da anni il suo lavoro, la personale sviluppa e amplia un progetto espositivo presentato lo scorso anno a Lione, includendo una selezione esaustiva di lavori dagli anni ottanta ai giorni nostri.
Ballo Charmet lavora sul concetto di scarto, di sempre visto e di marginale, spostando l’attenzione dalla realtà esterna al nostro sguardo, alla nostra percezione. Il “banale” quotidiano, conosciuto ma di fatto inconoscibile, che si deposita come residuo della disattenzione nel nostro preconscio, viene presentato monumentalizzato, inquadrato da una posizione ribassata, ad altezza dell’occhio di un bambino: l’inaspettata attenzione a qualcosa che normalmente viene emarginato e intravisto “con la coda dell’occhio”, destabilizza la nostra percezione selettiva, storicamente e culturalmente strutturata e mette in discussione la nostra visione antropocentrica, pretenziosamente superiore e falsamente oggettiva.
Non più dominatore, lo sguardo si confronta con l’alterità che si dà come pura presenza, instabile nella sua ontologica precarietà resa da parti fuori fuoco. È l’incontro iniziale con il mondo – quello del bambino, appunto, privo di abitudini pregresse – restituito come rappresentazione mentale immediata, precedente all’elaborazione e al linguaggio. È l’esperienza inedita dell’ambiente che ci circonda, come i marciapiedi o le aiuole a bordo strada della serie Con la coda dell’occhio, oppure i muri e le case viste dal basso di Rumore di fondo, o l’incontro con le figure familiari di Primo campo: Marina Ballo Charmet traduce il processo interno, preconscio, prerazionale ed empatico della relazione tra sé e il mondo. È evidente un forte interesse analitico (l’artista è anche una psicoterapeuta) evidente nella ricerca della neutralità e nel lasciare spazio all’imprevisto e al caso che entrano prepotentemente nel lavoro e nella scelta di procedere serialmente.
Ma lo scarto non è solo percettivo, assume anche una valenza sociale in lavori quali Il Parco, visto come eterotopia urbana, o più dichiaratamente in Agente apri (con Walter Niedermayr sui bambini che vivono in carcere) e in Frammenti di una notte, sull’istituzione ospedaliera e la condizione marginale della malattia e dell’infermità. Quest’ultimo, girato nel passaggio dalla notte al giorno, inteso come momento marginale di temporanea calma e assopimento, ricorre in altri video come L’Alba e il recente Giudecca. Le ore blu, presentato qui per la prima volta.
Marina Ballo Charmet
Au bord de la vue – Linee biografiche
Silvio Zanella
Diari
Fino al 13 gennaio al MA*GA di Gallarate