ATP DIARY

You were kept awake all through the night | British School at Rome

Rifugio di dropout e figure marginalizzate, il topos della mostruosità viene ripreso e rivitalizzato all’interno della mostra collettiva You were kept awake all through the night, a cura di Marta Pellerini presso la British School at Rome.
You were kept awake all through the night – Installation view – BSR British School at Rome di Roma – Photo Roberto Apa

Dead Blondes and Bad Mothers, Monstrosity, Patriarchy and the Fear of Female Power (tradotto in italiano con il titolo Il mostruoso femminile, il patriarcato e la paura delle donne) è il saggio attraverso cui Jude Ellison Sady Doyle mette insieme bizzarri fatti di cronaca, omicidi realmente accaduti, esecuzioni, morti atroci, in uno squisito assemblaggio di sarcasmo e critica transfemminista. Tra fatti di cronaca, miti e personaggi dimenticati, il testo di Jude Ellison Sady Doyle è un perfetto esempio della difficile convivenza con quel freudiano perturbante che, ancora oggi, fa del mostruoso una categoria depotenziata. Rifugio di dropout e figure marginalizzate – le donne, la comunità LGBTQIA+, lə diseredatə, e tutte quelle soggettività che hanno forzatamente perso la loro voce nei meandri della storia, recente e passata – il topos della mostruosità viene ripreso e rivitalizzato all’interno della mostra collettiva You were kept awake all through the night, con opere di Dario Carratta, Ginevra Collini, Aaron Ford, Eloise Fornieles, Kerstin Kartscher, Tura Oliveira, a cura di Marta Pellerini presso la British School at Rome di Roma.

Lɜ artistɜ di You were kept awake all through the night esplorano il tema del mostruoso da prospettive diverse, concentrandosi sulle atmosfere che, concettualmente, lo irradiano, senza per questo interpellare direttamente il mostro, quanto piuttosto evocandolo attraverso una serie di suggestioni che passano dalla dimensione spirituale e inconscia a quella più dichiaratamente collettiva, indagando spazi intimi e soggettivi, così come lo spazio sociale e il margine.

Dario Carratta traspone sulla tela, e attraverso una selezione di acquerelli su carta, una realtà distorta che si inserisce in uno stato di veglia, o in quella fase preliminare all’addormentarsi in cui realtà e inconscio si abbracciano definendo una sovra-realtà che nei quadri di Carratta corrisponde alle ombre portate, decise e taglienti, alle atmosfere rarefatte in cui è possibile odorare la notte e i suoi incubi, al chiaroscuro intenso e allo scontrarsi di figure indefinite e ipnotiche.  

You were kept awake all through the night – Installation view – BSR British School at Rome di Roma – Photo Roberto Apa

Nella Maria Maddalena Penitente di Tura Oliveira [Maddalena Penitente (after Baglione)] è racchiuso un universo mistico che abbraccia il margine; la figura, sapientemente tratteggiata su tessuti di recupero e seta tinta a mano, con dettagli in perle di vetro e pietra, è avvolta da una folta chioma riccioluta che ne ricopre il corpo dalla testa ai piedi, proteggendolo all’interno di un bozzolo. Oliveira si appropria della figura evangelica identificata dalla tradizione cristiana come peccatrice, rea di prostituzione, e la risignifica. Più simile alla Penitente lignea di Donatello, tragica nella sua fisicità emaciata e nel volto scavato, la figura ripresa e dipinta da Oliveira sembra guadagnare un nuovo spazio e una propria iconica dignità. Allo stesso modo, la grande installazione intitolata Haruspex (2024), che si avviluppa intorno a uno dei pilastri dello spazio espositivo, reca, al centro, il volto di una figura mostruosa – memore forse delle teste di Medusa poste a protezione dei templi antichi – che ci osserva, minacciosa, come fosse una Medea multispecie pronta a inghiottirci nel suo mondo immaginifico. L’aruspicina era una forma di comunicazione con gli dèi. Piuttosto che prevedere gli eventi futuri, questa forma di divinazione permetteva agli esseri umani di discernere gli atteggiamenti degli dèi e reagire in un modo che mantenesse l’armonia tra il mondo umano e quello divino: una nuova pax sembra trasparire da questa imponente installazione di Tura Oliveira ottenuta cucendo insieme tessuti trovati, una riconciliazione organica con ciò che ci circonda, persino con ciò che ci spaventa. 

La pratica di Aaron Ford suggerisce che la pittura può essere impiegata per ricostruire sequenze temporali e ricorrenze che celano, al loro interno, una storia ulteriore, e contraddittoria. Esaminando la figura di Annibale Barca come esempio di iconografia migrante, Ford ne ripercorre il viaggio mitico di attraversamento del paesaggio alpino, cercando così di restituire una prospettiva storica ulteriore, attraverso la pittura su tela e su vetro. Personaggio ambivalente, amato e diffamato, Annibale incarna per Ford “a migrating cultural signifier”, un significante nomade che ha, nel corso dei secoli, assorbito valori simbolici ed estetiche molteplici e disparate. 

You were kept awake all through the night – Installation view – BSR British School at Rome di Roma – Photo Roberto Apa

Ginevra Collini combina la dimensione onirica con elementi desunti dall’archeologia, sovrapponendo temporalità diverse e solo in apparenza inconciliabili. Nell scultura in cera intitolata Oh, you might sleep but you will never dream – ispirata alla sua performance Gabiru – il referente è quello delle urne funerarie etrusche. Il bianco opalescente della cera, così come la consistenza vischiosa e tattile del materiale, la disposizione dei vari elementi a disegnare un piccolo emiciclo, sono i tratti caratterizzanti chiamati a restituire un aspetto ambiguo, di dimora ma anche di sepoltura, consentendoci, allo stesso tempo, di immaginare la scultura come un corpo allungato e situato. 

In UTTER MONSTER Eloise Fornieles impiega la voce per risignificare spazio e narrazioni, analizzando il ruolo da essa detenuto nella costruzione di spazi queer e narrazioni di genere alternative; nel video monocanale in mostra è proprio una voce smarrita fuoricampo a raccontare una storia rivolta a conferire nuovo significato al proprio corpo, al linguaggio e all’ambiente circostante.

Kerstin Kartscher lavora combinando disegno, collage e installazione, con l’inclusione di oggetti trovati. In mostra due nuove installazioni realizzate durante la sua residenza romana, ispirate ai CSOA (Centri Sociali Occupati Autogestiti) di Roma. Don’t care combina due tende da sole con disegni e abiti appesi a un lungo filo da bucato. Go deeper with friends, mostra, nascosto dietro una tenda da sole, il disegno a inchiostro su muro con la mappa degli spazi occupati che l’artista ha esplorato. Kartscher conduce così un’indagine sugli spazi di cura, di diffusione alternativa del sapere e di aggregazione sociale, concentrandosi sulla possibilità di ridisegnare nuove mappe urbane partendo da esperienze dal basso di ri-significazione della città e dei suoi luoghi.  

Il rifiuto di obbedire a Adamo che Lilith rivendica è un atto di ribellione che sconfina nelle narrazioni odierne per restituire nuova vitalità a figure misconosciute; questo mito, rimosso dalle Sacre Scritture ma vivo nelle incongruenze della Genesi, continua a riecheggiare, soprattutto nella figura di Eva, nel suo istinto di curiosità e trasgressione. Queste due storie, oltrepassando i limiti di spazio e tempo, assumono un valore archetipico rintracciabile nei contenuti multiformi racchiusi da You were kept awake all through the night: una danza, lunga una notte, per riscoprire insieme il potere immaginifico e straniante del linguaggio visivo e della ricerca. 

You were kept awake all through the night – Installation view – BSR British School at Rome di Roma – Photo Roberto Apa