Sono state da poco presentate alla Fonderia Battaglia di Milano le opere realizzate dall’artista Marco Ceroni durante il periodo di residenza.
Gioielli per giganti, tre pezzi in bronzo satinato: un anello, un ciondolo con collana e un grillz con incisi il logo GMG (Gioielli Mostri Giganti).
L’artista suggestionato dalla fascinazione della mitologia e narrativa sui giganti aggiunge ad essa dei nuovi miti: quello ormai globale legato all’ossessivo uso della brandizzazione di ogni oggetto e capo di abbigliamento; ma soprattutto quella della cultura e della scena RAP e TRAP, dove il gioiello è un ornamento eccessivo e necessario che rappresenta il codice di un preciso status symbol. Come ad esempio il grillz che nella cultura underground e nella mala vita è un fashion statement iconico, ormai consacrato dalla cultura hip hop e dalla gangsta-rap.
Simona Squadrito: Perché non mi racconti quella che è stata la tua esperienza formativa durante il periodo di residenza? A livello pratico e tecnico cosa ha aggiunto questa esperienza alla tua ricerca?
Marco Ceroni: L’esperienza OPEN/STUDIO in Fonderia Battaglia è stata molto intensa. Sono stato catapultato in un mondo totalmente nuovo e sconosciuto, ma grazie a questa avventura ho preso confidenza con questo materiale magico: il bronzo. Ogni passaggio che compone il processo per me è stato un salto nel vuoto, ma i salti nel vuoto mi sono sempre piaciuti. La vita all’interno della Fonderia è piena di odori e rumori che ti si appiccicano addosso. I materiali con cui sono venuto a contatto mi hanno fatto crescere, poiché ogni materia nuova con cui vengo a contatto mi regala un superpotere che mi fa passare ad un livello successivo. Non mi fa evolvere solo tecnicamente ma anche concettualmente.
S.S: Sei passato dalla realizzazione di sculture con elementi zoomorfici come ad esempio le corna del toro o la mascella del coccodrillo, fino ad arrivare a realizzare una collezione di gioielli per giganti. Da dove arriva questa fascinazione, perché i giganti?
M.C: La pratica della lavorazione dei metalli mi ha trasportato in un mondo mitico di giganti e leggende: nel “Libro dei Giganti” ci sono degli angeli ribelli che insegnano la lavorazione dei metalli agli uomini, mentre invece nella mitologia greca i giganti sono esseri mostruosi e violenti. La dismisura dei giganti è un indice negativo in relazione all’ordine costituito e per questo essi figurano sempre in azioni che minacciano quest’ordine, sia individualmente che collettivamente. Questo mondo si è unito al mondo dei gioielli, che da sempre apre ad un’infinita possibilità di immaginari. Nella scena RAP, ad esempio, i gioielli sono sovraesposti, sono giganti, simboli di fama e notorietà. Il gioiello evidenzia e sottolinea il successo ingigantendolo. Si è innescato così un cortocircuito perfetto tra materiale, idea, narrazione e immaginario.
S.S: Tre oggetti: un anello, un ciondolo e un grillz; qual è la logica che ti ha portato a questa ristretta selezione di oggetti?
M.C: Sono istintivamente le prime forme che ho voluto affrontare. Nella mia mente sono i gioielli più iconici e dall’altra parte mi hanno permesso di creare una collezione variegata, con punti di vista e forme differenti. Sono anche i gioielli che più rappresentano l’estetica HIP HOP; il grillz in particolar modo.
S.S: I metalli e la ceramica sono i nuovi materiali che stai da un po’ tempo sperimentando e che hanno sostituito quasi completamente l’uso della resina. Qual’è il tuo rapporto con questi materiali?
M.C: Nel 2020 ho realizzato una numerosa serie di opere in ceramica grazie alla mia residenza al Museo Carlo Zauli e quest’anno l’esperienza in Fonderia Battaglia mi ha dato modo di approcciarmi al bronzo. Sono materiali vivi e con un’infinità di possibilità. Sono entrambi mondi affascinanti e pericolosi allo stesso tempo: puoi perdertici dentro. Questi materiali mi hanno fatto crescere molto e sono grato a tutte le persone che mi hanno insegnato a lavorarli, a capire come domarli. Sono materiali che hanno anche una percentuale di sorpresa che rende il tutto più avvincente. Nei vari passaggi che compongono il processo l’imprevisto gioca un ruolo fondamentale: va accettato e vissuto come un dono.
S.S: Il settore della moda e dell’abbigliamento non è una novità nel tuo lavoro, infatti hai lanciato una collezione di t-shirt e hai anche intrapreso un progetto legato alla realizzazione di packaging “d’artista”, riallacciando in questo modo il rapporto centenario che vi è tra l’arte e i mestieri, in breve quelle belle arti applicate. Può raccontarmi qualcosa di questo tuo percorso lavorativo?
M.C: Come hai detto tu ho lanciato da poco una collezione di magliette in collaborazione con il brand MANETTE. Questa uscita era accompagnata anche da un gadget: una riproduzione in miniatura 3D di SLAG realizzata in collaborazione con BBQdesign. Oltre ad essere stato divertente e stimolante ragionare in un modo esterno al mondo dell’arte contemporanea, mi interessava creare qualcosa che avesse dei costi accessibili a tutti. L’operazione ha funzionato molto bene e sono contento. Sto anche realizzando un tappo in edizione limitata per la fragranza di un brand di profumi: la collaborazione verrà presentata a giugno Milano. Tante altre collaborazioni di questo tipo sono in cantiere e spero ne arrivino sempre di più. Sono dinamiche di lavoro che aprono la mente e mi fanno ragionare in modi differenti. In più, tramite queste collaborazioni, non limito la mia creatività tra delle mura prestabilite ma la espando e cerco così di raggiungere più gente possibile. Uscire dai ristretti confini dell’arte contemporanea lo sento come una bisogno primario per riuscire a parlare a più persone e soprattutto alla mia gente.
S.S: Hai pensato di riproporre questa collezione di gioielli anche per gli esseri umani?
M.C: Spero di riuscire prossimamente a fare uscire una Human Capsule Collection di GMG. State sul pezzo!
S.S: L’estetica del mondo della musica e cultura TRAP e RAP è una cifra stilistica della tua produzione, perché questa fascinazione?
M.C: Più che una fascinazione è quello che vivo. Il RAP è la musica che da sempre ascolto con i miei amici. Quella che ci parla e racconta situazioni vicine al mio vissuto. Ora parla a moltissime persone perché si è riuscita a ritagliare la sua fetta di pubblico anche nella sfera POP (cosa che apprezzo molto), ma nella sua essenza è una musica esplicita e reale rappresentata da un linguaggio esagerato ed iperbolico. Questa attitudine mi prende visceralmente. Nel mio lavoro e nella mia pratica artistica trovo delle figure retoriche comuni con questo genere. Nella realizzazione di un’opera parto sempre dalla realtà che mi circonda e che attraverso. Il passo dopo è fare esplodere il potenziale che si nasconde all’interno di quel frammento di realtà che scelgo di raccontare.