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WE ARE THE FLOOD. Antropocene, transizione ecologica e arte

English text below “WE ARE THE FLOOD | Noi siamo il diluvio, piattaforma liquida su crisi climatica, interazioni antropoceniche e transizione ecologica” è un progetto di MUSE Museo delle Scienze di Trento, ideato e curato da Stefano Cagol in collaborazione...

Shaarbek Amankul, The Flight of the Blind Eagle (2019) – WE ARE THE FLOOD
Shaarbek Amankul, The Flight of the Blind Eagle (2019) – WE ARE THE FLOOD Trento
Giulia Nelli, La vita sotto (2022) – WE ARE THE FLOOD

English text below

WE ARE THE FLOOD | Noi siamo il diluvio, piattaforma liquida su crisi climatica, interazioni antropoceniche e transizione ecologica” è un progetto di MUSE Museo delle Scienze di Trento, ideato e curato da Stefano Cagol in collaborazione con un team composto di esperti di varie discipline: Carlo Maiolini del programma MUSE ‘Science & Humanism’, Massimo Bernardi del think tank MUSE ‘Antropocene’ e curatori come Blanca de la Torre, Alessandro Castiglioni, Elisa Carollo, Rachel Rits-Volloch e Khaled Ramadan. 
L’idea fondamentale che sta alla base di questo programma è la necessità di far conoscere, discutere e riflettere i temi dell’Antropocene attraverso i linguaggi dell’arte contemporanea come strumenti di interpretazione e mobilitazione di pensiero, intorno alle più stringenti questioni ecologiche, ambientali e climatiche. 
In occasione della seconda “mostra liquida” di questo progetto – che si arricchisce nel tempo di conversazioni, masterclass, residenze d’artista e laboratori – inaugurata il 10 giugno e visitabile fino al 28 agosto 2022 negli spazi del S.A.S.S Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas di Trento (Sas è il quartiere cittadino che negli anni 30 è stato in parte raso al suolo per dare spazio a Piazza Cesare Battisti) – Atpdiary ha visitato l’esposizione con il curatore Stefano Cagol e le due artiste visive Barbara De Ponti – che presenta il lavoro Alpina con Fabio Marullo – e Micol Grazioli, con il progetto Topografie immaginarie

La mostra si articola attraverso una Trento sotterranea, costituita da 1700 mq di percorso archeologico e museale, testimone del passato romano della città.
Lo spazio è un’area scavata tra gli anni Novanta e i Duemila che ha permesso di portare alla luce, tra gli altri, un segmento di strada pavimentata, una complessa rete fognaria, alcune parti di abitazioni, pavimenti decorati a mosaico, un pozzo e la bottega di un vetraio, tutti di epoca romana.
Un ambiente che dialoga con i lavori video, installativi e scultorei della mostra, creando un interessante cortocircuito tra le tracce della civiltà antica e le tracce del presente, spingendoci a una domanda radicale: quale mondo vogliamo lasciare in eredità alle popolazioni del futuro? 
We are the flood nasce intorno a una serie di presupposti teorici: anzitutto, il principio di universalità del linguaggio dell’arte come ideale tramite per la comprensione e la decodificazione di istanze scientifiche complesse; l’interdisciplinarietà come modo intelligente per raccontare il presente; la comunicabilità delle conoscenze scientifiche intorno ai fatti ecologici del mondo in cui viviamo e alle interferenze antropoceniche sull’ambiente. 
Insomma, l’arte soccorre la scienza per aprire a una nuova co-scienza (etica). 
Il titolo della mostra, infatti, richiama alla mente l’immagine del diluvio come evento catastrofico che spazza via la tracotanza umana ma, allo stesso tempo, ribadisce una soggettività condivisa dove quel “noi” che è l’essere umano, diventa causa e inizio della catastrofe. 

La co-scienza cui allude la mostra è da valutare, inoltre, secondo un altro punto di vista più etimologico, cioè il “fare scienza insieme” ma anche il “sentire insieme, tastare insieme, assaporare insieme”: come spiega il giornalista scientifico Pietro Greco, vivere in una società pienamente democratica significa dover affrontare il problema della comunicazione e dei filtri attraverso cui i contenuti inerenti la scienza e la vita pubblica passano, come i canali web e il linguaggio della rete. L’arte contemporanea, che spesso sfrutta i dati e i diagrammi scientifici come alfabeti da rielaborare, vuole in questo caso rendere comprensibili le scoperte, le teorie e i contenuti scientifici. 
Gli artisti in mostra, selezionati dal team curatoriale, sono sia autori e autrici di importanza internazionale (Hans Op de Beeck, il collettivo spagnolo PSJM, Janet Laurence, Shaarbek Amankul, Sacha Kanah, Fabio Marullo e Barbara De Ponti) che under 35, meno noti, chiamati tramite open call alla partecipazione: Micol Grazioli, Silvia Listorti, Giulia Nelli, Giacomo Segantin, g. olmo stuppia

Micol Grazioli Topografie immaginarie (2022) WE ARE THE FLOOD
Janet Laurence Requiem (2021) WE ARE THE FLOOD
Janet Laurence Requiem (2021) WE ARE THE FLOOD

Il percorso parte con il lavoro video Staging Silence (3) del belga Hans Op de Beeck in cui, all’interno di uno scenario tutto costruito non digitalmente sui toni del bianco e nero e dei grigi, si vedono delle mani che operano nell’ambiente posizionando, rimuovendo, spostando e aggiungendo elementi nei paesaggi mutevoli. Il silenzio domina la scena e le mani, simili a quelle di un demiurgo onnipotente, costruiscono e distruggono a proprio piacimento gli ambienti, alludendo alla prepotenza antropocentrica con cui crediamo di poter manipolare il mondo che ci circonda. 
Dalla poesia metaforica di questo lavoro si passa all’approccio documentario di Requiem dell’australiana Janet Lawrence: un video attualissimo, nato in risposta agli incendi che tra dicembre 2019 e gennaio 2020 hanno incenerito milioni di animali autoctoni nella parte sud e sudest dell’Australia. 
Il progetto del collettivo PSJM (Cynthia Viera e Pablo San José) La Isla de Hidrógeno è costituito da una scultura prodotta con una stampante 3D, un’animazione video, alcuni disegni ispirati ai francobolli giapponesi, e un romanzo scritto dagli artisti, dove si mescolano istanze di critica sociale e previsioni futuribili intorno alla società contemporanea. In mostra si vedono alcune immagini del progetto, somiglianti a manifesti pubblicitari, che ritraggono un monumento pubblico utopico, ispirato alle “architetture radicali” degli anni Sessanta e Settanta, con tanto di “cabine di consumo” per gli utenti, nelle quali ascoltare musica, assorbire informazioni e abbronzarsi. 
Il video collage dell’artista Giacomo Segantin crea invece un effetto spaesante e, come il fumo protagonista dell’opera, confonde l’osservatore generando una sorta di nebbia cognitiva: cosa stiamo vedendo? Da dove nasce il flusso fumogeno che si sussegue sullo schermo? 
Frutto di una ricerca nel web di immagini di fumo causato da varie fonti (dalle catastrofi ambientali, alle manifestazioni pubbliche, alle “challenge” dei youtuber), i fenomeni naturali catastrofici del video si confondono con i fenomeni causati dall’essere umano, senza soluzione di continuità. Looking through the clouds si interroga sulla capacità umana di trattenere e ricordare le immagini che i nostri dispositivi ci offrono, sul discernimento e sulla capacità di “vederci chiaro” nel mare magnum delle fonti e sulla rincorsa alla notizia spettacolare che caratterizza la nostra infosfera. 
La scultura in vetro fuso a cera persa inciso e molato di Silvia Listorti intitolata Ora sembra un frammento naturale staccatosi dai ghiacciai che popolano le cronache di questa estate 2022 e si pone in relazione ideale con l’ultimo progetto in mostra di Fabio Marullo e Barbara De Ponti, Alpina, realizzato sul Ghiaccio dei Forni. 
L’opera di Listorti, nella sua chiarezza formale e nel suo minimalismo, fa pensare ancora una volta all’idea di modellazione come forza che domina il mondo naturale, in contrasto con la fluidità della natura che cerca di sfuggire al controllo umano.  
I lavori di Giulia Nelli e Micol Grazioli si avvicinano nell’aspetto concettuale: entrambe tematizzano l’interdipendenza, l’interazione e l’integrazione di forme viventi che coesistono nell’ambiente naturale e umano.
La prima, con La vita sotto – un’installazione realizzata con collant neri – lavora sulla metafora del viaggio nel sottosuolo alludendo a tunnel abitati da esseri animali che immaginiamo cooperare tra loro, mentre Topografie immaginarie di Micol Grazioli – un disegno collettivo di grande formato su carta frutto di un workshop realizzato al MUSE di Trento – si interroga sugli esseri umani, la loro capacità di interrelazione e sulla loro dipendenza reciproca. I partecipanti al laboratorio hanno disegnato tutti contemporaneamente, partendo da una piccola forma chiusa, e via via creando altre forme concentriche simili agli anelli di un albero. Ognuno finiva il disegno dove iniziava l’altro: la topografia così conclusa richiama l’idea di rilievi montuosi e diverse altitudini.
Il lavoro domanda: quanto la mia traccia influenza le tracce lasciate dagli altri? Quindi: quanto la mia impronta (ecologica) determina dei cambiamenti nell’ambiente in cui vivo? 

Silvia Listorti, ORA (2019) – WE ARE THE FLOOD

Siamo lucciole di g. olmo stuppia è un insieme di fotografie che documenta le ecowalks dell’artista in ambienti aperti in diversi luoghi della provincia italiana. In mostra, si vede il cammino alla Sacca San Mattia, isola artificiale-immondezzaio avvelenato della laguna veneziana. 
Proseguendo il percorso, si incontra Buchi nell’acqua di Sacha Kanah, una scultura fatta di un’alga molto particolare chiamata kelp e ritenuta uno degli organismi che cresce più in fretta al mondo. In un contenitore trasparente di plastica, posto a contrasto su un frammento di antica pavimentazione romana, si vede dell’acqua e un’alga bruna immersa. “L’acqua viene usata come contenitore e come principio di forma”.Sacha Kanah fa crescere questi organismi all’interno dell’acqua e li accudisce in tutto il loro ciclo di crescita come forme di vita, come sculture viventi. 
L’ambientazione del video The Flight of the Blind Eagle di Shaarbek Amankul è il lago Issyk-Kul e la catena montuosa del Tian Shan in Kirghizistan: due video paralleli mostrano un uomo e una donna in gabbia con un’aquila che li sovrasta, in una bizzarra inversione di potere; recuperando l’antico rapporto di simbiosi tra esseri, si vede un animale indispensabile per la sopravvivenza dell’uomo che lo domina ma che è al contempo bloccato e bendato sopra di esso.
La mostra si conclude con Alpina, un lavoro di ricerca transdisciplinare portato avanti da Fabio Marullo e Barbara De Ponti con il biologo Roberto Ambrosini, docente di Ecologia del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali della Statale di Milano il quale, da più di vent’anni, lavora sul Ghiacciaio dei Forni in Valfurva (So). I due artisti, un anno fa, hanno partecipato a un campo glaciologico con i ricercatori osservando e seguendo i prelievi e l’analisi dei dati. 
Il ghiacciaio è diventato così uno spunto simbolico perché considerato nell’immaginario comune come un luogo intonso e incontaminato, immune dai cambiamenti: gli scienziati invece mostrano che è un elemento che si modifica costantemente, non solo a causa del cambiamento climatico ma anche per il suo naturale movimento verso il mare. 
Inoltre, il Ghiacciaio dei Forni è stato studiato grandemente da Ardito Desio, naturalista e geologo, che all’inizio del XX secolo ha cominciato a monitorarlo in modo scientifico. Questo luogo, da quel momento in avanti, è stato consacrato come spazio privilegiato della ricerca glaciologica mondiale. 
L’archivio storico-scientifico di Ardito Desio è ora in comodato d’uso al Museo Friulano di Storia Naturale e costituisce un patrimonio immenso di studi e di conoscenze: Marullo e De Ponti hanno quindi deciso di studiare i documenti, estrapolare alcuni brani di un famoso testo sul ghiacciaio di Desio uscito nel 1926, farli leggere da un addetto ai lavori e montarli in un audio che è parte dell’installazione, assieme a una fotografia aerea della spedizione scientifica a cui hanno preso parte. 
Il testo di Desio è però solo la base di partenza, cioè una delle diverse voci che costituiscono la parte sonora del lavoro: a Desio si aggiungono infatti letture contemporanee di testi scientifici scritti da ricercatori internazionali, in primis della Statale di Milano e del MUSE di Trento. 
Parlando con Barbara De Ponti emerge infine un altro interessante aspetto della questione, piuttosto paradossale: il cambiamento climatico globale ormai inarrestabile che stiamo vivendo non è solamente un momento catastrofico della storia ma anche una fase propizia, clamorosamente importante e vitale per gli studi e le ricerche scientifiche sui ghiacciai di oggi. 
Il percorso espositivo “We are the flood mostra liquida #2” sottolinea e rimarca le parole semplici ma forti della studiosa Mareike Dittmer nel saggio “Radicale tenerezza” (The Time of the Flood di Stefano Cagol a cura di Alessandro Castiglioni, Postmedia Books): “gli artisti possono offrire nuovi modi di porsi e quindi introdurre diversi modi di pensare. Non accusando ognuno di noi dicendo ‘tu sei la causa’, ma costruendo un ‘noi’, una comunità che ha cura”. Riuscire a coltivare queste nuove posture nel mondo è la necessità, la sfida che tocca la comunità umana e che questo progetto vuole rendere visibile.

Fabio Marullo – Barbara De Ponti, Alpina (2021) WE ARE THE FLOOD
Fabio Marullo – Barbara De Ponti, Alpina (2021) WE ARE THE FLOOD

WE ARE THE FLOOD. 
Anthropocene, ecological transition and contemporary art

Curated by Stefano Cagol 
from June 10 giugno to August 28, 2022
S.A.S.S Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas Trento

“WE ARE THE FLOOD | We are the Flood, a liquid platform on the climate crisis, anthropocenic interactions and ecological transition” is a project by MUSE Science Museum in Trento, conceived and curated by Stefano Cagol in collaboration with a team of experts from various disciplines: Carlo Maiolini from the MUSE ‘Science & Humanism’ programme, Massimo Bernardi from the MUSE ‘Anthropocene’ think tank and curators such as Blanca de la Torre, Alessandro Castiglioni, Elisa Carollo, Rachel Rits-Volloch and Khaled Ramadan. 

The fundamental idea behind this programme is the need to raise awareness, discuss and reflect on the themes of the Anthropocene through the languages of contemporary art as a means of interpreting and mobilising thought around the most pressing ecological, environmental and climate issues. 
On the occasion of the second “liquid exhibition” of this project – which is enriched over time by conversations, master classes, artist residencies and workshops – inaugurated on 10 June and open until 28 August 2022 in the S.A.S.S Underground Archaeological Space of the Sas in Trento (Sas is the city district that was partly razed to the ground in the 1930s to make way for Piazza Cesare Battisti) – Atpdiary visited the exhibition with its curator Stefano Cagol and the two artists Barbara De Ponti – who is presenting the work Alpina with Fabio Marullo – and Micol Grazioli, with the project Topografie immaginarie (imaginary topographies). 
The exhibition is articulated through an underground city of Trento, consisting of 1700 square metres of archaeological space, bearing witness to the city’s Roman past.
The space is an area excavated between the 1990s and 2000s that brought to light, among others, a segment of paved road, a complex sewer network, some parts of dwellings, mosaic-decorated floors, a well and a glassmaker’s workshop, all dating back to Roman times.
An environment that dialogues with the video, installation and sculptural works composing the exhibition, creating an interesting short-circuit between the traces of ancient civilisation and the traces of the present, prompting a radical question: which world do we want to bequeath to the people of the future? 
We are the flood was born around a series of theoretical assumptions: first of all, the principle of universality of the language of art as an ideal medium for understanding and decoding complex scientific issues; interdisciplinarity as an intelligent way of narrating the present; the communicability of scientific knowledge about the ecological facts of the world we live in and the Anthropocene interferences on the environment. 
In short, art helps science to open up a new co-science (ethics). 
The title of the exhibition brings to mind the image of the Flood as a catastrophic event that sweeps away human hubris but, at the same time, reaffirms a shared subjectivity where that ‘we’ that is the human being, becomes the cause and beginning of the catastrophe. 
The co-science alluded to in the exhibition is also to be assessed from another, more etymological point of view, i.e. “doing science together” but also “feeling together, tasting together”: as science journalist Pietro Greco explains, living in a fully democratic society means having to deal with the problem of communication and the filters through which the contents concerning science and public life pass, such as web channels and the language of the web. Contemporary art, which often uses scientific data and diagrams as alphabets to be reworked, wants in this case to make scientific discoveries, theories and content comprehensible. 
The artists in the exhibition are both internationally reknown (Hans Op de Beeck, the Spanish collective PSJM, Janet Laurence, Shaarbek Amankul, Sacha Kanah, Fabio Marullo and Barbara De Ponti) and lesser-known under-35s, called through an open call: Micol Grazioli, Silvia Listorti, Giulia Nelli, Giacomo Segantin, g. olmo stuppia. 
The exhibition tour starts with the video work Staging Silence (3) by the Belgian Hans Op de Beeck, in which, within a scenery, all built non-digitally on the tones of black and white and greys, we see hands operating, placing, removing, moving and adding elements in a changing landscape. Silence dominates the scene, and the hands, similar to those of an all-powerful demiurge, build and destroy environments at will, alluding to the anthropocentric arrogance with which we believe we can manipulate the world around us. 
From the metaphorical poetry of this work, we move on to the documentary approach of Requiem by Australian Janet Lawrence: a highly topical video, created in response to the fires that incinerated millions of native animals in the south and southeast of Australia between December 2019 and January 2020. 
The project La Isla de Hidrógeno by the PSJM collective (Cynthia Viera and Pablo San José) consists of a sculpture produced with a 3D printer, a video animation, some drawings inspired by Japanese postage stamps, and a novel written by the artists, where instances of social criticism and futuristic predictions about contemporary society are mixed. On show are some images of the project, like ad posters depicting a utopian public monument, inspired by the “radical architecture” of the 1960s and 1970s, complete with “consumption booths” for users where you can listen to music, absorb information and get a tan. 
The video collage by artist Giacomo Segantin, on the other hand, creates a disorienting effect and, like the smoke protagonist of the work, confuses the observer by generating a sort of cognitive fog: what are we seeing? Where does the smoky flow on the screen come from? 
The result of a web search for images of smoke caused by various sources (from environmental catastrophes, to public demonstrations, to youtuber “challenges”), the catastrophic natural phenomena in the video mingle with the phenomena caused by human beings, seamlessly. Looking through the clouds questions the human capacity to retain and remember images our devices offer us, the discernment and ability to “see clearly” in the mare magnum of sources, and the chase for spectacular news that characterises our infosphere. 

PSJM, La Isla de Hidrógeno (2011) WE ARE THE FLOOD
Giacomo Segantin, Looking through the clouds (2021) WE ARE THE FLOOD

Silvia Listorti’s etched and ground lost-wax cast glass sculpture entitled Ora (now) looks like a natural fragment detached from the glaciers that populate the chronicles of this summer of 2022 and is ideally related to the latest project in the exhibition by Fabio Marullo and Barbara De Ponti, Alpina, created on the Forni Glacier. 
Listorti’s work, in its formal clarity and minimalism, once again brings to mind the idea of modelling as a force that dominates the natural world, in contrast to the fluidity of nature that seeks to escape human control.  
The works of Giulia Nelli and Micol Grazioli are similar in conceptual aspect: both thematise the interdependence, interaction and integration of living forms that coexist in the natural and human environment.
The former, with La vita sotto  (Life below) – an installation made of black tights – works on the metaphor of travelling underground, alluding to tunnels inhabited by animal beings that we imagine cooperating with each other, while Topografie immaginarie (imaginary topographies) by Micol Grazioli – a large-format collective drawing on paper resulting from a workshop held at the MUSE museum in Trento – questions human beings, their capacity for interrelation and their mutual dependence. The workshop participants all drew simultaneously, starting with a small closed shape and gradually creating other ones, concentric and similar to the rings of a tree. Each finished the drawing where the other began: the resulting topography recalls the idea of mountainous reliefs and different altitudes.
The work asks: how much does my trace influence the traces left by others? So: how much does my (ecological) footprint determine changes in the environment in which I live? 
Siamo lucciole (we are fireflies) by g. olmo stuppia is a collection of photographs documenting the artist’s ecowalks in open environments in various places of the Italian peripheries. In the exhibition, one can see the walk at Sacca San Mattia, an artificial poisoned island in the Venetian lagoon. 
Continuing along the path, you find Buchi nell’acqua (holes in the water) by Sacha Kanah, a sculpture made of a very special seaweed called kelp and believed to be one of the fastest growing organisms in the world. In a transparent plastic container, contrastingly placed on a fragment of an ancient Roman mosaic floor, one can see water and a brown seaweed immersed in it. “Water is used as a container and as a principle of form.” Sacha Kanah makes these organisms grow inside the water and looks after them throughout their growth cycle as life forms, as living sculptures. 
The background of the video The Flight of the Blind Eagle by Shaarbek Amankul is Lake Issyk-Kul and the Tian Shan mountains in Kyrgyzstan. Two parallel videos show a man and a woman in a cage with an eagle towering over them, in a bizarre inversion of power; recovering the ancient relationship of symbiosis between beings, we see an animal indispensable for the survival of the man who dominates it but is at the same time stuck and blindfolded above it.
The exhibition concludes with Alpina, a transdisciplinary research work carried out by Fabio Marullo and Barbara De Ponti with Roberto Ambrosini, professor of Ecology at the Department of Environmental Sciences and Policies of the Università Statale of Milan, and the Department of Glaciology at the Università Statale of Milan, which has been working on the Forni Glacier in Valfurva for more than twenty years. Last year the two artists participated in a glaciological camp with the researchers, observing and following the sampling and data analysis. 
The glacier is a common symbol of an untouched and uncontaminated place, immune to change, while scientists, on the other hand, show that it is an element that is constantly changing, not only due to climate change but also due to its natural movement towards the sea. 
Furthermore, the Forni Glacier was studied extensively by Ardito Desio, a naturalist and geologist, who began monitoring it scientifically at the beginning of the 20th century. From then on, this place became a privileged area of glaciological research worldwide. 
Ardito Desio’s historical-scientific archive is now on loan to the Museum of Natural History in Udine and constitutes an immense heritage of studies and knowledge: Marullo and De Ponti therefore decided to study the documents, extrapolate some passages from a famous Desio’s text on the glacier that came out in 1926, have them read by an insider and edit them into an audio that is part of the installation, together with an aerial photograph of the scientific expedition they took part in. 
Desio’s text, however, is only the starting point and one of the various voices that compose the double traces of the audio part of the work: Desio intertwins with contemporary scientific texts written by international researchers, first and foremost from the Università Statle of Milan and MUSE museum in Trento. 
Finally, speaking with Barbara De Ponti, another interesting and rather paradoxical aspect of the issue emerges: the now unstoppable global climate change we are experiencing is not only a catastrophic moment in history, but also an auspicious, resoundingly important and vital phase for scientific studies and research on glaciers today. 
The exhibition “We are the flood liquid exhibition #2” underlines and emphasises the simple but strong words of Mareike Dittmer in her essay “Radical Tenderness” (in The Time of the Flood by Stefano Cagol edited by Alessandro Castiglioni, Postmedia Books): “artists can offer new ways of looking and thus introduce different ways of thinking. Not by accusing everyone and saying ‘you are the cause’, but constructing a ‘we,’ a community of care.” Cultivating these new postures in the world is the need, the challenge that touches the human community and that this project wants to make visible.

g.olmo stuppia, Siamo lucciole (2022) WE ARE THE FLOOD
Hans Op de Beeck, Staging Silence, (2019) WE ARE THE FLOOD