ATP DIARY

Walter Swennen in Triennale | Intervista con Edoardo Bonaspetti

A distanza di anni torna in Italia il pittore belga Walter Swennen con una monografica che indaga le fondamenta della pratica pittorica. Abbiamo incontrato Edoardo Bonaspetti curatore de La pittura farà da sé (Triennale di Milano, 21 giugno – 26 agosto), per comprendere meglio alcuni aspetti della pittura ermetica e misteriosa di Swennen. ATP Diary: Questa […]

Walter Swennen, La pittura farà da sé - Installation view  © La Triennale di Milano - Foto Gianluca Di Ioia
Walter Swennen, La pittura farà da sé – Installation view © La Triennale di Milano – Foto Gianluca Di Ioia

A distanza di anni torna in Italia il pittore belga Walter Swennen con una monografica che indaga le fondamenta della pratica pittorica. Abbiamo incontrato Edoardo Bonaspetti curatore de La pittura farà da sé (Triennale di Milano, 21 giugno – 26 agosto), per comprendere meglio alcuni aspetti della pittura ermetica e misteriosa di Swennen.

ATP Diary: Questa che s’inaugura in Triennale è la prima mostra di Walter Swennen in un’ istituzione pubblica in Italia, ma non solo, è anche un’esposizione che segna il suo ritorno sulla scena italiana dopo alcuni decenni. Con quale criterio sono state selezionate le opere che vedremo in mostra?

Edoardo Bonaspetti: La mostra raccoglie più di 40 lavori che testimoniano circa 35 anni di intensa attività dai primi anni Ottanta a oggi. Le opere arrivano da diverse collezioni e dal suo studio, accompagnate da nuove produzioni. Il progetto segue la volontà di raccontare e dar forma a un ambiente espositivo unico che rendesse immediatamente chiara la ricchezza espressiva e l’instancabile sperimentazione della pittura di Walter Swennen. In questo senso abbiamo evitato nell’allestimento di adottare un criterio cronologico, formale o tematico, per valorizzare, al contrario, una pratica estremante articolata e viva, che specialmente in quest’ultimi anni è di ispirazione per molti giovani artisti e oggetto di grande interesse. 

ATP: La pratica pittorica di Swennen ha a che fare eminentemente con l’enigma capitale della pittura: come dipingere e cosa dipingere? Quali risposte è possibile desumere dalla sua opera?

EB: Swennen ha definito la pittura come un nonsense che si fa enigma. Ogni giorno quando si pone di fronte a una tela, o altri supporti, non è consapevole di quello che sarà il risultato. Non c’è all’origine l’intenzione di trasmettere uno specifico contenuto o idea, e tanto meno la volontà di rappresentare un particolare soggetto. È una pittura totalmente libera. Se durante la realizzazione di un lavoro un passaggio o una composizione diviene familiare o sollecitata da esperienze precedenti, sarà probabile che Swennen decida di sperimentare un nuovo percorso. In questo senso è la pittura che si manifesta e che si rivela come linguaggio proprio, nelle sue infinite espressioni. Rispetto ai soggetti, sono apparentemente semplici, possono nascere da vari materiali e annotazioni che l’artista raccoglie in studio o da eventi familiari, ma poi è il rapporto con lo spettatore e il quadro, attraverso un processo imprevedibile, che rende unica ed enigmatica la relazione tra la persona e l’opera. Nella mostra questa ricchezza emerge chiaramente: la pittura come linguaggio a sé, la pittura che “farà da sé”.

Walter Swennen, La pittura farà da sé - Installation view  © La Triennale di Milano - Foto Gianluca Di Ioia
Walter Swennen, La pittura farà da sé – Installation view © La Triennale di Milano – Foto Gianluca Di Ioia
Walter Swennen, La pittura farà da sé - Installation view  © La Triennale di Milano - Foto Gianluca Di Ioia
Walter Swennen, La pittura farà da sé – Installation view © La Triennale di Milano – Foto Gianluca Di Ioia

ATP: Incoerenza, nonsense, mistero e ironia sono alcuni delle caratteristiche dalla pittura di Swennen. È possibile tracciare delle traiettorie tematiche dentro la sua pratica? Delle linee d’indagine e dei percorsi che si dipanano dai quadri lungo la sua carriera?

EB: Certamente il nonsense come l’ironia sono elementi che lo affascinano molto. Il dadaismo e la figura di Tristan Tzara, ad esempio, rappresentano riferimenti importanti: la libertà e le contraddizioni che contraddistinguono il movimento suscitano evidenti simpatie e convergenze. Tuttavia, in questo senso, viene difficile ragionare in termini di traiettorie rispetto alla sua pratica. Esistono fasi, ricerche o sperimentazioni, tecniche o soggetti che riemergono, ma il rapporto con il dipinto, e più in generale con la pittura, è sempre stata una relazione aperta e “presente”. È una concezione che fa del quadro un’essenza atemporale di infinite e imprevedibili associazioni che si compiono sempre “ora”.

ATP: In seguito a una repentina decisione, l’intera famiglia di Swennen, originaria della parte fiamminga del Belgio, ha deciso di utilizzare come lingua madre il francese quando l’artista aveva solo 5 anni. Questo cambiamento, unito all’eclettica formazione di Swennen, studente di filosofia prima, di psicologia dopo, poeta e incisore prima che pittore, ha in qualche modo influenzato il suo approccio alla pratica artistica?

EB: L’interruzione di cui parli è stata una vicenda traumatica che lo ha segnato profondamente. Il mondo gli è apparso di colpo in tutta la sua relatività, sottoposto a convenzioni transitorie. Questa esperienza l’ha spinto negli anni a interessarsi alla filosofia, alla psicologia e al linguaggio. La pittura e l’arte sono state un’evoluzione, un prolungamento di questo percorso. 

ATP: In un’intervista Swennen ha affermato: “Semiotics sank like the Titanic… If you look closely, you no longer see the image, but the way it’s made.” Swennen rifiuta di manifestare un contenuto nei suoi quadri, dipinge cose che aspettano di essere nominate, e parla spesso di una scissione, o una contrapposizione fra, da un lato, parola e immagine, e, dall’altro, della pittura. Puoi spiegarci meglio questa posizione?

EB: La pittura non è un linguaggio e le immagini si liberano da ogni tentativo di rappresentazione del reale. È la pittura nel suo divenire e svelarsi, a essere centrale. Il valore delle opere di Mallarmé, un poeta caro a Sweenen, non sta nel significato specifico dell’opera ma nella qualità della sintassi, delle associazioni, dei giochi di parole e i suoi effetti. Anche la pittura di Swennen si libera dalla necessità di dimostrare o condividere qualcosa. Al contrario, le parole e le frasi vengono utilizzate in maniera sovversiva, a volte funzionali a un’apparente illusione di contatto o familiarità con lo spettatore. Riconosciamo una lettera che poi si rivela una forma geometrica, una parola o un semplice suono. Swennen contraddice per svelare una realtà che non può mai essere ridotta ai suoi minimi termini. Per anni non ha voluto titolare i suoi lavori per poi iniziare a utilizzarli con la stessa logica, o assenza di logica.

Walter Swennen, La pittura farà da sé - Installation view  © La Triennale di Milano - Foto Gianluca Di Ioia
Walter Swennen, La pittura farà da sé – Installation view © La Triennale di Milano – Foto Gianluca Di Ioia
Walter Swennen, La pittura farà da sé - Installation view  © La Triennale di Milano - Foto Gianluca Di Ioia
Walter Swennen, La pittura farà da sé – Installation view © La Triennale di Milano – Foto Gianluca Di Ioia
Walter Swennen, La pittura farà da sé - Installation view  © La Triennale di Milano - Foto Gianluca Di Ioia
Walter Swennen, La pittura farà da sé – Installation view © La Triennale di Milano – Foto Gianluca Di Ioia
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