L’interpretazione emotiva dell’antico di Francesco Vezzoli

“L’arte contemporanea, negli ultimi decenni, vuoi per le inevitabili oscillazioni critiche, vuoi perché è diventata territorio di grandi speculazioni, ha perso un po’ della sua carica erotica e io ho cercato di restituirgliela”.
2 Febbraio 2016

  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, veduta della mostra, Museion Passage, 2016. Foto Luca Meneghel
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, exhibition view, Museion, 2016. Foto: Luca Meneghel
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, exhibition view, Museion, 2016. Foto: Luca Meneghel
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, visioni delle mostra, Museion, Bolzano 2016
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, visioni delle mostra, Museion, Bolzano 2016
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, visioni delle mostra, Museion, Bolzano 2016
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, visioni delle mostra, Museion, Bolzano 2016
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, visioni delle mostra, Museion, Bolzano 2016
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, 2016. Foto: Luca Meneghel Albert Stolz, Porträt Frieda Stolz. Collezione Museion Cornice: Michelangelo, Tondo Doni., 1504-6, Galleria degli Uffizi, Firenze
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, exhibition view, Museion, 2016. Foto: Luca Meneghel
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, visioni delle mostra, Museion, Bolzano 2016
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, 2016. Foto: Luca Meneghel Michelangelo Pistoletto, Maria che cuce (cucitrice), 1981. Collezione/Sammlung Museion Rahmen/Cornice: Raffaello Sanzio, Lo sposalizio della Vergine, 1504, Pinacoteca di Brera, Milano
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, exhibition view, Museion, 2016. Foto: Luca Meneghel
  • Francesco Vezzoli, Museo Museion, installation view, Museion, 2016. Foto: Luca Meneghel Front / In primo piano / Im VG: Unique forms of continuity in high heels (after Umberto Boccioni), 2012 Courtesy of the artist and Gagosian Gallery, Roma

Siamo ancora freschi freschi delle migliaia di agenzie e notizie che ci hanno avvisati e informati sul fatto avvenuto lo scorso 25 gennaio ai Musei Capitolini romani, in cui le varie statue di nudo sono state coperte per non offendere la “sensibilita?” del presidente dell’Iran Hassan Rouhani, di passaggio per i Musei nel transitare verso il Campidoglio, dove doveva tenersi e si e? tenuto l’incontro istituzionale con Matteo Renzi. Tante le chiacchiere, le opinioni e i giudizi – si pensi Michele Serra che su Repubblica ha descritto la vicenda come un’“occultare noi stessi” —, resta la netta constatazione che le opere d’arte classica hanno ancora un potere seducente ed epidermico, percepibilissimo.

E’ lo stesso Francesco Vezzoli a mettere l’accento su questo fatto, quasi fosse un buon punto di partenza per vedere la mostra che lui — in qualita? di guest curator e di artista — ha realizzato nei tre piani espositivi del Museion di Bolzano, intitolata Museo Museion. Si tratta di due diverse esposizioni: l’una — disposta sui primi due piani — e? il risultato della curatela di Vezzoli realizzata attorno alle opere della collezione del museo (fino al 6 novembre); l’altra e? una retrospettiva della produzione scultoria dell’artista, con opere realizzate tra il 2011 e il 2016 (fino al 16 maggio). Quest’ultima riflette bene la sua volonta? di resuscitare e di dar vita nuova all’arte classica greca e romana — donandole ancora la policromia con cui e? stata concepita e con cui ha vissuto nei primi decenni o secoli della sua vita —, nonche? di mettere ben in evidenza l’afflato emotivo e di presa diretta che un’opera classica aveva ai suoi tempi, ma che ha conservato e conserva tutt’oggi.

Lo stesso Francesco Vezzoli ci ha presentato, durante l’anteprima del 29 gennaio, la mostra assieme alla direttrice di Museion Letizia Ragaglia — curatrice della retrospettiva al terzo piano —, soffermandosi, in presenza delle opere True Colors realizzate per la mostra Teatro Romano tenutasi lo scorso anno al MOMA PS1, su questi aspetti: “Insieme all’archeologo Clemente Marconi della New York University mi sono permesso di dare un’ interpretazione emotiva allo studio scientifico che da decenni sta mostrando come e quanto le statue antiche fossero colorate. Cosa aggiunge il colore? Il desiderio. Se tolgo il colore, tolgo l’umanita? e il desiderio di queste statue. Bisogna anche notare quanto preziose sono le sculture di bronzo, in primo luogo perche?, in quanto fragilissime, ne sono sopravvissute pochissime, e poi perche?, sia che siano state dipinte e sia che non lo siano state, avevano occhi di pasta vitrea, talora ancora conservati. Quindi, come nella recente mostra al Getty Museum di Firenze, tutti gli spettatori guardavano le sculture di bronzo ed avevano una reazione fortissima, perche? c’era l’ eye contact, che e? una forma di comunicazione. Le sculture antiche avevano ed hanno un potenziale che col colore o senza colore puo? creare desiderio e io lavoro da molti anni su questo tema. L’arte contemporanea, negli ultimi decenni, vuoi per le inevitabili oscillazioni critiche, vuoi perche? e? diventata territorio di grandi speculazioni, ha perso un po’ della sua carica erotica e io ho cercato di restituirgliela, non dimenticando una storiografia che parte dagli anni ’50 con Bianchi Bandinelli, che scrive ‘Antico e non antico’, ecc.”. E ancora: “ L’archeologia contiene germi di grande contemporaneita?: non solo perche? se non si conosce il proprio passato non si ha alcuna idea del proprio futuro, non solo perche? se non si studia la storia non si puo? capire la politica del presente, ma anche perche?, al di la? di qualunque nostra intenzione intellettuale, queste sculture hanno una carica emotiva ed erotica oggettiva e io quindi gioco con questo aspetto”.

Questo discorso si e? tenuto all’ultimo piano espositivo di Museion, in cui e? stata realizzata una pedana dove le sculture di Vezzoli hanno preso posto in cima a plinti di varie dimensioni ed altezze. Le vetrate del museo in tutte le parti della mostra, quindi anche laddove l’artista ha curato la disposizione e l’allestimento della collezione museale, sono state alienate dallo spazio espositivo, grazie alla costruzione di pareti bianche di cartongesso che hanno evitato alla luce naturale di predominare. Tra le 19 sculture qui esposte, si ricordino: Portrait of Sophia Loren as The Muse of Antiquity (aftero Giorgio de Chirico) (2011) e Portrait of Sophia Loren as The Muse of Antiquity (after Giorgio De Chirico) (2016) — che, rispettivamente, aprono e chiudono la sequenza di opere —; Self-portrait as Emperor Hadrian Loving Antinous (2012); True colors (2014); Exotic & Erotic (after Consantin Brancusi) (2015); Metamorfosi (Self-Portrait as Apollo killing the Satyr Marsyas) (2015).

Bastano questi esempi per capire in quale territorio della sua pratica siamo: quello degli espedienti retorici, delle antitesi temporali e concettuali, delle iperboli semantiche, degli slittamenti di significato, dei contrasti di valore. E’ il ricorso alla Storia per capire e far propria la storia del nostro presente, come una sorta di mise en abyme in cui cogliere passo dopo passo — o passo dentro passo — noi stessi. E’ il ricordo del Satyricon (60 ca.) di Petronio, con le sue descrizioni dissacranti del ceto incolto ma reale, realissimo dei liberti romani, rapaci conquistatori della pecunia e svelti scialacquatori del bene materiale, vispi amanti della bella vita e non del benessere, quasi un antecedente, e qui cito Vezzoli, “Degli scandali e degli eccessi che, senza fare nomi, ci rimandano ai sultani e sultanati degli Emirati Arabi”. Siamo nell’orbita di un atteggiamento che vuole scartavetrare gli strati pesanti di una cultura che ha coperto e insabbiato la realta? antica, ri-visitabile grazie a studi scientifici accorti ed attenti e non con tesi o ipotesi intellettuali, quali quelle avanzate dal Rinascimento, da Winckelmann, dal Neoclassicismo, che facevano — e volevano fare — dell’arte classica una perfetta realta? bianca, candida, immutabile; priva di ombre e di soggettivismo, di passione; di sentimenti banali, mondani, comuni. L’arte classica era anche un’estensione della personalita? di chi la commissionava, un’immagine faceta del suo essere nel mondo, quale la foto pubblicata oggi su Instagram o Facebook.

Francesco Vezzoli,   Museo Museion,   veduta della mostra,   Museion 2016. Foto Luca Meneghel

Francesco Vezzoli, Museo Museion, veduta della mostra, Museion 2016. Foto Luca Meneghel

Per quanto riguarda, invece, le scelte di Vezzoli in quanto guest curator, le sue azioni sono visitabili in tre piani diversi del Museion. Al piano terra lo spettatore e? accolto da un enorme wall paper — con ai lati due drappi di velluto rosso — che riprende una quadreria dipinta nella prima meta? del ‘700 dal vedutista Giovanni Paolo Pannini, in cui Francesco e? intervenuto sostituendo un ritratto con una foto di Nicki Minaj ed aggiungendo la sua sigla nella zona bassa del dipinto. Al primo e secondo piano espositivo, invece, Vezzoli ha curato la collezione del museo. A proposito di cio?, aggiunge: “La cosa di cui vado molto fiero e? la dialettica tra i due progetti: io ho curato i quadri di Letizia e lei ha curato le mie sculture. Lei ha ricontestuallizato le mie opere, le ha rese leggibili, ha dato loro una opportunita? narrativa che non avevo mai visto, proprio perche? non le avevo mai viste tutte insieme, e io per ricambiarle il favore le ho riarredato il salotto”. La sua curatela ha voluto creare un dialogo tra le opere meno note o poco esposte del Museion con le cornici, invece, di alcuni dei principali capolavori dell’arte occidentale, da Michelangelo, a Raffaello, sino a Caravaggio, Ingres, ecc. Le opere di artisti contemporanei — Andy Warhol, Nan Goldin, Michelangelo Pistoletto, Albert Stolz, Ernst Nempo, Karl Plattner, ecc. — sono state circondate da cornici “virtuali” dipinte su foglia d’oro a trompe-l’oeil. “Devo ringraziare il mio assistente Filippo Bisagni che ha ricercato, selezionato e studiato queste cornici antiche e le ragazze che ho chiamato a realizzarle, esperte assolute del trompe-l’oeil: il risultato e? abbastanza esilarante nel senso piu? accademico del termine”. Le cornici sono state prese dai seguenti musei: Musée du Louvre; Pinacoteca di Brera; Uffizi; Galleria Borghese; Museo nazionale di Capodimonte; Princeton University Art Museum; Gema?ldegalerie (Berlino); Koninklijk Museum voor Schone Kunsten (Anversa); National Gallery of Victoria; Museo Jacquemart-Andre? (Parigi); Museum Boijmans Van Beuningen: Welkom (Rotterdam).

Per citare degli esempi, abbiamo l’opera Volumi (1958) della Dadamaino con la cornice de Les de?buts du mode?le (ca. 1770) di Jean-Honore? Fragonard; un Achrome (1961) di Piero Manzoni con la cornice de La Primavera (1573) di Giuseppe Arcimboldo; il Labirinto (1957) di Carla Accardi con la cornice del Concerto campestre (1510-11) di Tiziano Vecellio; il collage Raumillusion (1950-60) di Hans Staudacher con la cornice della Madame Re?camier (1800) di Jacques-Louis David; i profili-cornice di Couple aux tetes pleines de nuages (1936) di Salvador Dali? che inquadrano due fotolitografie (1991 e 1992) di Roni Horn; ecc. Le 27 opere selezionate sono disposte nei due piani secondo una logica precisa, che le suddivide a seconda dei generi classici di appartenenza: ritratto, autoritratto, natura morta, paesaggio, astrazione, grafica.

Anche la rivalutazione delle opere del territorio per me e? stata abbastanza naturale. Peraltro avevo appena visto la mostra di inaugurazione al Whitney Museum, che mi sembrava quasi peccasse di eccesso ecumenico. Forse a volte noi italiani siamo preoccupati di mettere in mostra la nostra storia e ci facciamo complessi di provincialismo, mentre il Whitney inaugura la nuova sede mettendo in mostra il panamericanismo. Quindi, se si lavora al Museion perche? non tirare fuori le radici di questa cultura. Cosa c’e? di male? Queste sono esattamente come le sculture che ci sono al terzo piano: e? lo stesso tipo di gioco, solo che le parti si sono invertite. Insisto a dire che non e? facile creare questo tipo di giochi. Ci sono tante istituzioni vincolate dal peso che la stessa identita? comporta. Il Museion e? una dimensione piu? rapida, sinuosa e veloce e quindi si possono fare cose piu? divertenti. Kosuthianamente parlando per me l’opera d’arte finale di tutto questo progetto e? la didascalia. Uno se la porta a casa, la guarda e si pone delle domande… e noi non abbiamo una risposta, semmai poniamo delle domande”.

Francesco Vezzoli,   Museo Museion,   exhibition view,    Museion,   2016. Foto: Luca Meneghel

Francesco Vezzoli, Museo Museion, exhibition view, Museion, 2016. Foto: Luca Meneghel

Francesco Vezzoli,   Museo Museion,   exhibition view,    Museion,   2016. Foto: Luca Meneghel Front / In primo piano / Im VG: Unique forms of continuity in high heels (after Umberto Boccioni),   2012 Courtesy of the artist and Gagosian Gallery,   Roma

Francesco Vezzoli, Museo Museion, exhibition view, Museion, 2016. Foto: Luca Meneghel Front / In primo piano / Im VG: Unique forms of continuity in high heels (after Umberto Boccioni), 2012 Courtesy of the artist and Gagosian Gallery, Roma

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